LE CONSEGUENZE POLITICHE DELL’OPERAZIONE LAVA-JATO IN BRASILE

LE CONSEGUENZE POLITICHE DELL’OPERAZIONE LAVA-JATO IN BRASILE

L’Operação Lava-Jato (“Operazione Autolavaggio”) è un’inchiesta della polizia federale brasiliana che ha avuto inizio il 17 marzo 2014 e si configura come il più grande scandalo legato alla corruzione della storia democratica del Brasile. L’inchiesta, infatti, ha portato alla luce un giro di tangenti di proporzioni enormi, che ha visto il coinvolgimento di centinaia di uomini politici – comprese figure di spicco come l’ex Presidente Dilma Rousseff, il suo predecessore Lula, il suo successore Michel Temer, l’ex presidente della camera dei deputati Eduardo Cunha e il presidente del senato Renan Calheiros – oltre che la compagnia petrolifera nazionale, la Petrobras, e le principali aziende brasiliane per le costruzioni e i lavori pubblici, tra cui la Odebrecht. L’indagine è inizialmente partita da Brasilia, incentrata sul riciclaggio di denaro, per poi estendersi a tutto il territorio nazionale, fino a includere la maggior parte degli stati dell’America del Sud e ha toccato addirittura l’Angola e il Mozambico. L’accusa principale è che la Petrobras abbia gonfiato i contratti per la costruzione di infrastrutture per l’estrazione di petrolio al fine di guadagnare cospicue somme di denaro, in parte da utilizzare per finanziare le campagne elettorali del Partido dos Trabalhadores (PT), movimento al governo dal 2003. In realtà, l’intera coalizione di governo, che comprende anche il Partido do Movimento Democrático Brasileiro (PMDB) e il Partido Progressista (PP), avrebbe beneficiato di tali finanziamenti. Conseguenze politicheIl caso Lava-Jato ha raggiunto grande notorietà internazionale certamente per la sua mastodontica portata, ma anche per il protagonismo di tre leggi attorno alle quali continuano a sorgere polemiche, sia tra i cittadini comuni che tra le alte cariche politiche e della giustizia, in Brasile e al di fuori. La prima, è in realtà un beneficio legale previsto da diverse leggi del paese: la colaboração premiada, meglio nota come Delação premiada, è contemplata da almeno otto norme del codice penale brasiliano. Si tratta di concessioni, principalmente una riduzione della pena o gli arresti domiciliari, offerte agli imputati in cambio di informazioni che possano aiutare il proseguimento dell’inchiesta. Qualcosa di molto simile ai collaboratori di giustizia nostrani. Nel caso della Lava-Jato, buona parte dell’inchiesta si basa sulle testimonianze dei collaboratori, le quali hanno portato a molti arresti e hanno fruttato ai suddetti, in gran parte dei casi, gli arresti domiciliari . Il funzionamento è molto semplice: basta indicare il nome di un presunto corrotto, che viene immediatamente accusato dai giornali, e la giustizia popolare fa il resto . Da qui le molteplici polemiche sorte negli ultimi anni. In secondo luogo, il Foro especial por prerrogativa de função, o foro privilegiado, trova il suo fondamento negli articoli 102 e 105 della Costituzione federale e consta nella prerogativa esclusiva del Supremo Tribunale Federale e del Supremo Tribunale della Giustizia sul giudizio di determinate autorità, tra cui il capo e i ministri dell’esecutivo federale e i capi dei poteri esecutivi statali, tutti i membri del legislativo, i membri del potere giudiziario e tutti i membri del Ministério Público .Infine c’è la Ficha Limpa, ufficialmente Lei Complementar n.135 del 2010, che è una norma la quale regola le restrizioni alla candidabilità dei cittadini. In breve, prevede che i candidati al Planalto non siano stati precedentemente condannati in seconda istanza . Questi tre aspetti del panorama giuridico brasiliano possono essere molto utili per l’analisi dell’attuale situazione del paese alla luce della grande lotta alla corruzione in atto da oltre quattro anni. La situazione politica del Brasile, al momento, è abbastanza tragica.Dilma Rousseff, la presidente sotto la quale è scoppiato lo scandalo, ha subito un processo di deposizione, il quinto nella storia recente del Brasile dopo quelli di Getúlio Vargas nel 1954, Café Filho nel 1955, Carlos Luz nello stesso anno e Fernando Collor nel 1992. L’attuale presidente, Michel Temer, ha rischiato a sua volta di andare incontro ad un processo simile, ma è stato apparentemente salvato da una possibile inversione di rotta della recente ripresa economica che si sarebbe potuta verificare in caso di terço presidente. La sinistra brasiliana, disintegrata, ha perso quasi ogni forma di credibilità e sostegno da parte del popolo. Il Partido dos Trabalhadores, in carica dal 2003 al 2016, è stato il più colpito dalla Lava-Jato. Questo ha fatto scaturire l’ipotesi del complotto in una parte della cittadinanza brasiliana, appoggiato anche da diversi politici e intellettuali stranieri, per cui si sarebbe forzatamente voluto mettere fine alla supremazia della sinistra. Altreconomia, in un articolo del 21 gennaio 2018 , porta a sostegno della tesi il fatto che effettivamente i tempi processuali nel caso di Lula sono stati molto più veloci rispetto alla media dei processi dell’intera operazione; tra la condanna in primo grado e l’inizio del procedimento del secondo grado, infatti, sono passati appena 42 giorni contro la media dei 96 giorni degli altri ricorsi. Inoltre, sono stati solo 52 i giorni a dividere la decisione dalla data del processo, la metà rispetto ai tempi medi. L’accanimento contro Lula sarebbe dato dalla sua sempre più crescente popolarità nei sondaggi sulle intenzioni di voto, in cui figurava primo al 36%. Il secondo favorito, che acquisirebbe sicuramente voti senza Lula, è Jair Bolsonaro, o Bolsomito, come viene chiamato per la sua schiettezza spesso fuori luogo e le sue posizioni razziste, omofobe e sessiste – basti pensare a quando, nel 2003, davanti ai giornalisti e alla stessa insinuò che l’allora Segretaria dei Diritti Umani non meritasse di essere stuprata perché brutta o, più recentemente, a quando dedicò le sue posizioni circa il processo di impeachment della Rousseff ai “militari del 64”, citando il colonnello Brilhante Ustra, capo del distaccamento responsabile delle torture nel periodo della dittatura militare , lo stesso che torturò l’ex presidente quando era una guerrigliera. L’ascesa di Bolsonaro si configura con l’ascesa dell’estrema destra, un cambio di scenario estremo nel panorama politico brasiliano, che si sta polarizzando sempre di più. L’ipotesi del complotto è plausibile, dal momento che ad oggi non è chiarissimo il motivo per cui Lula sia stato arrestato: è stato indicato dai pentiti un attico che l’ex presidente avrebbe ricevuto come tangente in cambio di appalti, ma non è mai stato trovato un atto di proprietà che indicasse il suo nome o qualcos’altro che riconducesse a lui. La sua condanna, di fatto, è basata solo su indizi e sulla convinzione che egli sia colpevole . Questo processo lampo e ambiguo, così a ridosso delle elezioni, instilla parecchi dubbi anche sull’uso spropositato della colaboração premiada. Inoltre, stando ai tempi processuali, se la durata si fosse attenuta ai tempi medi, il processo si sarebbe concluso ben oltre il limite di presentazione della candidatura, e la ficha limpa non avrebbe potuto bloccare Lula dal presentarsi alle elezioni di ottobre. Ora c’è invece da attendere l’esito del ricorso, che in ogni caso potrebbe arrivare oltre il limite ultimo posto in agosto. Occorre, però, tenere da conto del fatto che, man mano, l’attenzione si sta spostando verso molti altri partiti. Infatti, seppure è vero che il PT è, ad oggi, il partito più colpito, è importante notare come anche i partiti non di sinistra della coalizione di governo abbiano subito delle perdite a causa dell’operação e, secondo le dichiarazioni di Moro, il giudice a capo del processo contro i crimini identificati nella stessa, la lotta sarebbe una lotta non alla sinistra ma alla corruzione, che sarebbe stata per anni parte integrante della cultura politica brasiliana. Sérgio Moro è uno dei protagonisti assoluti di questo scandalo politico: la sua linea durissima l’ha reso una specie di eroe nazionale per buona parte della cittadinanza brasiliana, che ha tendenze populiste – prima in piazza chiedendo la destituzione della Rousseff e pochi mesi gridando invece “fora Temer” – e che probabilmente ha solo bisogno di sfogarsi dopo la fine dell’illusione luliana di un Brasile in slancio economico e quasi al pari con le grandi potenze mondiali. Il gradimento popolare di Moro è in continua ascesa e ci sarebbero persino sondaggi che lo vorrebbero come l’unico in grado di battere Lula alle elezioni .A primo impatto potrebbe sembrare folle pensare ad una possibile carriera politica di Moro; in fondo si tratta di un giudice. Avendo però citato lui stesso più volte Mani Pulite e il suo pool, dicendo di averne tratto ispirazione per l’inchiesta brasiliana, e in particolar modo Di Pietro, l’ipotesi acquisisce plausibilità. Difatti, una volta dimessosi dalla magistratura e chiuse le indagini di Mani Pulite, Di Pietro ha intrapreso la strada politica. Nulla impedirebbe a Moro, una volta chiusa la Lava-Jato, di darsi alla politica a sua volta; non solo, avrebbe anche la strada spianata in vista di una possibile corsa futura alle alte cariche. Ovviamente ciò non potrebbe accadere questo ottobre, ma nulla fa pensare che non possa in alcun modo accadere in futuro. In fondo, fa parte della natura dell’essere umano cercare di cambiare le cose quando non gli stanno bene. Il vero quesito è se una tale mossa sia lecita e leale nei confronti di un popolo che nella sua storia ha avuto ben poca lealtà da chi l’ha governato. Un ex-magistrato della sua portata avrebbe indubbiamente una capacità di manipolazione dell’opinione pubblica che risulta preoccupante e l’aver tolto di mezzo il più temibile avversario politico – non solo Lula, ma la sinistra del PT che ha contribuito a rovesciare la dittatura e che ha sollevato il paese, con politiche di welfare che hanno migliorato le condizioni di vita di tutti i cittadini, particolari che oggi sembrano essere stati rimossi dai populisti brasiliani – potrebbe portarlo ad essere tacciato di dittatura, termine già utilizzato in questo periodo per indicare l’attuale supremazia dei giudici nel panorama politico brasiliano. A questo proposito è curioso – e allo stesso tempo preoccupante – notare come, in passato, diversi processi di impeachment siano stati preludio dell’instaurarsi di una forma di autocrazia. Che sia in agguato un nuovo modello di regime autoritario in questa ennesima pagina oscura della storia del Brasile?