“L’HOBBIT BAR” DI VENTIMIGLIA APRE AGLI IMMIGRATI, PER MOLTI CLIENTI UNA SCELTA INACCETTABILE

Chissà se Delia Buonuomo quando ha “battezzato” con il nome di Hobbit, il suo bar aveva immaginato che in qualche modo questo fantasioso personaggio, nato dalla penna di Tolkien, fosse così simile a lei ed alla sua sensibilità.La signora Delia ha 60 anni e da 15 è titolare di un bar a via Hanbury a Ventimiglia, fino a qui nulla di speciale se non fosse che da circa tre anni la sua città, come molte altre, è diventata il centro di un ingente flusso di migranti. Oltre mille donne, uomini, bambini provenienti da differenti paesi come Somalia, Libia, ogni giorno transitano per la città nella disperata speranza di raggiungere la Francia.Per questa “pacifica” invasione, il paese si è diviso a metà, c’è chi teme di perdere le proprie “incerte” certezze e chi invece crede nel principio della condivisione, dell’aiuto prima di tutto, della pace, un po’ come gli Hobbit, personaggi fantastici che dimostrano quanto l’uomo sia piccolo non per struttura ma nella relazione con il mondo. Piccoli esseri semplici ed assolutamente comuni in grado di risolvere situazioni anche complesse sfruttando solo le proprie capacità. Così quando Delia Buonuomo si è trovata a dover scegliere se continuare il suo lavoro al bar, socchiudendo la porta agli immigrati, tutelando la sua sospettosa clientela o se prendersi un attimo per ascoltare le loro storie, guardare quegli infradito indossati anche nelle sere d’inverno, leggere nei loro occhi la fame, la solitudine, la paura, ha scelto di essere mamma e nonna di tutti loro.Certo adesso il suo bar è molto meno frequentato. Gli “incidenti” nel suo locale sono diventati talmente frequenti da averla costretta ad installare delle telecamere di sorveglianza, le offese anche quando cammina per strada sono un prezzo ingiusto da pagare ma, Delia ha fatto la sua scelta ed oggi non troverete nel suo bar solo cappuccini e cornetti ma anche pacchi di biscotti ad un euro, carica batterie per i telefonini, un aiuto per compilare gli “arzigogolati” moduli per i permessi di soggiorno e tanta, tanta dolcezza per rinfrancare quei corpi e quelle anime così tanto ferite. “Ho visto uomini e donne piangere perché hanno perso la moglie o il marito in mare. Una donna nigeriana è entrata con una bimba piccola, non mangiavano da due giorni. Tutto questo dolore lo subisci indirettamente, mi sento provata e stanca ma quando ricevo una chiamata da chi ce l’ha fatta ad arrivare a destinazione e a ricongiungersi con la propria famiglia e vuole ringraziarti per l’ospitalità, tutta la stanchezza sparisce”.Il suo bar dunque è diventata un’accogliente e caldo rifugio, dove è sempre possibile ricevere un piatto caldo, delle caramelle per i più piccoli, una parola di conforto. Perché come lei stessa ricorda “Un bar è un pubblico esercizio, dove ha diritto ad entrare chiunque”.Il prezzo da pagare è stato molto alto “L’assistenza che viene data dalla Caritas noi qui la diamo privatamente. Ventimiglia si è spaccata tra chi vuole aiutare i migranti e chi come Salvini vorrebbe affogarli, da quando abbiamo aperto le porte ai migranti gli abitanti di Ventimiglia nel mio bar non ci hanno messo più piede. Ho ricevuto minacce, mi hanno sputato addosso…”.Fino ad oggi i giovani volontari delle associazioni Penelope e 20K hanno aiutato Delia, ma in autunno andranno via per riprendere le attività universitarie, la crisi per il bar Hobbit è dunque alle porte ma, Delia non si scoraggia da brava mamma e nonna ha imparato a rimboccarsi le maniche a tener stretto il suo grembiule, a confidare nel buon Dio e chissà forse anche nell’aiuto di Hobbit di passaggio!