MIRACOLO, PEDAGGI IN CALO  SULLE AUTOSTRADE ABRUZZESI

MIRACOLO, PEDAGGI IN CALO  SULLE AUTOSTRADE ABRUZZESI

È successa una specie di miracolo. Un’autostrada ha abbassato i pedaggi a partire dal 1° ottobre. Anzi due autostrade. La A24, ossia la Roma-L’Aquila-Teramo, e la A25, Roma-Torano Pescara, entrambe gestite dal gruppo concessionario Strade dei Parchi del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Dal primo gennaio scorso i pedaggi in quelle due autostrade avevano subìto il maggiore aumento tra tutte le autostrade italiane, il 12,89%, col beneplacito del governo d’allora, s’intende, portando la tariffa per la tratta Roma-Teramo da € 17,50 a 19,60, e per il tragitto Roma-Pescara da € 18,10 a 20,20. Era stato un incremento circa quadruplo rispetto ai contemporanei aumenti della gran parte delle autostrade del nord Italia. Senza contare che i pedaggi in Italia sono ed erano, a prescindere dagli aumenti, tra i più cari d’Europa e quindi del mondo. Ebbene, dal 1° ottobre e “provvisoriamente fino alla fine dell’anno”, come è scritto sui cartelli affissi alle colonnine di pagamento, l’aumento delle tariffe sulla A24 e sulla A25 è stato congelato e i pedaggi sono miracolosamente tornati quelli che erano l’anno scorso. Motivo? Venire incontro alle richieste dei sindaci e dei pendolari dei paesi laziali e abruzzesi interessati dal percorso autostradale, dice la società Strade dei parchi. Non lo metto in dubbio. Ma credo che ci sia un motivo inconfessato e ben più potente: il terrore della concessionaria di perdere, nel nuovo clima anti-privatizzazioni, una parte degli enormi vantaggi goduti fino a oggi. Dopo il crollo del ponte Morandi e Genova e dopo la dura reazione del governo giallo-verde, per la prima volta si respira un’aria diversa nel Paese sul tema delle privatizzazioni (delle autostrade ma non solo). Si è creata una forte insofferenza verso gli oligopoli che negli ultimi 20 anni hanno goduto di vantaggi spropositati: guadagni tanti e investimenti pochi, grazie soprattutto a clausole contrattuali fortemente favorevoli alle aziende private e, al contrario, fortemente penalizzanti ai danni dello Stato e in definitiva dei cittadini. Ora gli oligopoli temono che questo bengodi possa essere arrivato al capolinea. I governi amici – quelli di destra e di sinistra che hanno firmato pessimi contratti a favore delle società private – sono caduti, e nel Paese, come dicevo, si è levata un’onda di forte ostilità nei confronti delle concessionarie private, che vengono dette impropriamente oligopoli ma che in realtà, ciascuna in sé, sono monopoli. Perché non ci sono, in concorrenza tra loro, due autostrade Roma-L’Aquila o Bologna-Bari o Milano-Napoli. Ogni tratta è unica: ed è una miniera d’oro. Le concessioni, oltre tutto, permettono alle società concessionarie di sfruttare a proprio vantaggio non solo il bene demaniale, ossia il suolo pubblico, ma anche strutture costruite con investimenti ai quali le società concessionarie non hanno partecipato finanziariamente. Le autostrade sono state costruite dallo Stato, a partire dagli anni ’50 (l’Autostrada del Sole fu inaugurata dal governo Moro nel 1964), interamente con i soldi dei cittadini, che quindi le hanno pagate con le tasse e ripagate di nuovo ad abundantiam attraverso i pedaggi in 30 e passa anni, fino al 1999, data di inizio delle privatizzazioni. Le spese di manutenzione e ammodernamento sostenute dalle concessionarie sono frazioni quasi trascurabili dei giganteschi ricavi dei pedaggi. Il rischio, per le concessionarie, è che le loro galline dalle uova d’oro vengano presto decapitate da questo governo. Se l’incidente di Genova fosse accaduto un anno prima, con il precedente governo, è più che probabile che gli esiti sull’opinione pubblica sarebbero stati molto diversi. Oso immaginare che il clima di insofferenza sociale verso le concessionarie sarebbe strato attutito, smorzato. Ma non è andata così: il diavolo fa le pentole e non i coperchi. E i primi risultati si vedono. Però non basta questo: non basta qualche “temporanea” riduzione unilaterale dei pedaggi, alla ricerca di indulgenza, perdono e captatio benevolentiae a basso costo. L’intero sistema delle concessioni – autostradali e non solo – va rivisto drasticamente e, se non abolito (considerate le difficoltà e gli enormi costi di una eventuale rinazionalizzazione), va almeno reimpostato su equilibri fortemente diversi, che salvaguardino in primis gli interessi dello Stato, dell’erario e dei cittadini.