OGGI (FORSE) INIZIA IL PROCESSO A EL CHAPO, IL RE DELLA DROGA

OGGI (FORSE) INIZIA IL PROCESSO A EL CHAPO, IL RE DELLA DROGA

E’ un processo «speciale» che potrebbe diventare uno show. Sempre che tutto vada come previsto, a partire dalla prima udienza convocata per lunedì al tribunale di Brooklyn. E’ giusto aspettare. La cautela è legata al profilo dell’imputato, Joaquin Guzman, alias El Chapo, il re della droga e non solo, capo di Sinaloa. Evaso due volte, con mani sporche di sangue, deve rispondere di 17 capi d’accusa: dall’omicidio al riciclaggio. Misure rigideIl leader di un’organizzazione ramificata ben oltre i confini del Messico, ancora potente nonostante il suo arresto e le faide, potrà respirare un’aria diversa da quella della minuscola cella dove è rinchiuso al Metropolitan Correctional Center di Manhattant, noto come Little Guantanamo o «10 South», prigione di massima sicurezza. Il criminale si è lamentato delle condizioni severe, della luce che gli impedisce di dormire, del calo della vista, di quella ora scarsa durante la quale può entrare in un altro piccolo spazio, dei contatti impossibili con la moglie, la ex reginetta Emma Coronel. Le battaglie dei suoi legali non hanno impietosito gli americani. E come potrebbero. El Chapo è in isolamento per impedirgli di continuare a delinquere ma anche per evitare che qualcuno gli faccia la pelle. Le misure di protezione sono assolute. I giurati sono schermati dall’anonimato, i testimoni – compresi diversi banditi – sono sotto tutela. Attentamente esaminati gli accrediti per i media in quanto nei mesi scorsi si è ipotizzato che i cartelli possano infiltrarsi tra i giornalisti o ricattarli costringendoli a diventare complici. I trasferimentiLe autorità, inoltre, non hanno voluto rivelare come trasferiranno ogni giorno il prigioniero dal cuore di New York: via elicottero – è stato detto, oppure su un motoscafo. Ai problemi di sicurezza si aggiungono quelli del traffico, ma non di droga. Spostare il detenuto a bordo di un furgone blindato, cosa già avvenuta, ha comportato la chiusura del ponte di Brooklyn, con conseguenze non da poco su una circolazione per nulla fluida. Possibile che i Marshall del Dipartimento della Giustizia decidano di sistemarlo nei sotterranei del tribunale o in un posto comunque vicino. Tutto è avvolto nel segreto, pur sapendo che i gangster messicani hanno orecchie ovunque e denaro capace di sciogliere il riserbo. Oltre 30 omicidiLa procura ha deciso di contestargli almeno 33 omicidi, una piccola parte del massacro che continua a consumarsi a sud del Rio Grande, con migliaia di vittime e desaparecidos nella lotta quotidiana tra gruppi rivali. Il severo giudice Brian Cogan, però, ha avvisato l’accusa: questo è un procedimento legato agli affari dei narcos, non dilungatevi troppo sui dettagli macabri degli omicidi, perché in questo caso «tronco tutto». Articoli, film, libri e documentari hanno svelato – a volte con i toni dello «spettacolo»- il mondo nero attorno a Joaquin. I killer, l’impero di 3500 società sparse per il mondo, le torture, la flotta di 500 aerei confiscati, le dozzine di piste clandestine, le decine di semisommergibili impiegati per portare la droga – l’ultimo scovato il 3 novembre in Guatemala – e i tunnel clandestini inventati dagli ingegneri de El Chapo, mandati a studiare anche in Germania. Prima per beffare i doganieri americani a guardia del muro, poi per far scappare il «corto». Chissà se Joaquin, alla fine, accetterà di collaborare svelando dove si trova parte del suo tesoro immenso, sempre che lo sappia. C’è chi, lasciando da parte alcune valutazione, ipotizza che Guzman sia stato solo un esecutore ed abbia condiviso il potere con altri. E’ una realtà dove, nonostante la mole di informazioni, spesso sfugge qualcosa e la prima spiegazione può essere sbagliata.