PACCHI BOMBA: LA VITA COMPLICATA DI CESAR

(Corriere.it)#L’uomo che ha tenuto in apprensione l’America con i pacchi-bomba ha avuto una vita disordinata, un’esistenza tumultuosa tra arresti, spogliarelli e colpi di testa. Questo dice la storia di Cesar Altieri Sayoc arrestato venerdì in Florida con l’accusa di aver spedito oltre una dozzina di plichi potenzialmente esplosivi. Un individuo che probabilmente cercava di attirare l’attenzione. Mille lavoriCon il passare delle ore escono nuovi dettagli sul sospettato numero uno. Originario di New York, è stato abbandonato dal padre filippino ed è rimasto con la mamma d’origine italiana, ma ha trascorso molto tempo della sua infanzia con i nonni. Un ragazzo che – spiegava la madre – aveva bisogno di cure psichiatriche. Dopo aver girato dal New Jersey al Michigan, Cesar si è stabilito nella zona di Plantation (Florida) trovando mille occupazioni. Manie di grandezza, narciso, si presentava come manager, sosteneva di aver giocato a calcio “da professionista” a Milano, però più spesso faceva lo strip tease, il buttafuori, metteva i dischi – anche se a volte dimenticava di cambiarli -, era ossessionato dall’età e dell’aspetto fisico, curava in modo maniacale i suoi muscoli messi in mostra in tante foto rilanciate sul web. Lottatore di wrestling, grande frequentatore di palestre, aveva abusato a lungo degli steroidi. “Sono stati questi a bruciargli il cervello”, ha ipotizzato un parente ricordando anche come lo avessero spinto fuori di casa quando aveva 22 anni. Affermava di appartenere alla tribù dei Seminole, ma questo vincolo – come altre delle sue sparate – non hanno trovate conferme. Per certi aspetti il profilo di Sayoc ricorda quello di Mohammed Bouhlel, autore della strage di Nizza. Guai con la Legge.Insieme alle avventure familiari c’erano quelle con la Legge. Un primo arresto negli anni ’90, seguito da altri per furto, truffe, piccoli imbrogli. Poi una segnalazione per aver minacciato di usare delle bombe. Un’idea che, evidentemente, gli è rimasta. Un suo vecchio avvocato lo descrive così: “Ha il cervello di un quattordicenne chiuso nel corpo di un adulto…Con poche rotelle a posto”. E sempre secondo il legale, ad un certo punto, ha identificato Donald Trump come una figura guida, quasi un padre a cui ispirarsi. Infatti sulle sue posizioni politiche non ci sono dubbi. Repubblicano dichiarato, estremista, duro contro la Clinton, Soros e i media. Fino a gennaio portava le pizze, il suo principale lo stimava perché preciso e veloce, solo che c’era un problema: esibiva sul suo furgone poster razzisti, slogan dal contenuto xenofobo e anti-gay. Allora quando consegnava il cibo parcheggiava in punti meno visibili per non offendere i clienti. Negli ultimi tempi aveva accentuato i toni, era “arrabbiato”, guai a parlargli dei democratici: almeno questi sono le testimonianze di qualche collega, nel locale-discoteca dove si esibiscono anche delle spogliarelliste. In passato disponeva di molto denaro, poi ha fatto bancarotta e dormiva sul suo furgone tappezzato di adesivi pro-Trump. Lo stesso mezzo dove lo hanno fermato. Gli interrogativiQuesto cammino tortuoso lo ha portato a lanciare la clamorosa sfida. E in parte c’è riuscito anche se ha commesso molti errori. Ha lasciato DNA e un’impronta su alcuni dei pacchi, così – avendo dei precedenti – ha svelato la sua identità. L’FBI sapeva della sua presenza in Florida, ma poiché non aveva un indirizzo preciso ha dovuto faticare un paio di giorni in più. Gli agenti hanno incrociato i dati delle celle telefoniche nelle vicinanze di alcuni uffici postali, quindi sono arrivati al parcheggio di un centro commerciale dove Cesar aveva piazzato il suo mezzo. Gli investigatori devono risolvere un primo interrogativo: dove ha costruito i “tubi”? All’interno del veicolo o in garage? La seconda domanda è come abbia imparato a costruirli. Ha avuto dei complici? Ha studiato sul web? Dubbi accresciuti dall’affermazione, fatta dalle autorità, che le sue trappole erano delle bombe vere e non dei falsi. Precisazione che contraddice precedenti valutazioni. Il moventeL’arrestato ha sostenuto che non era sua intenzione fare danni. Dunque il suo obiettivo era solo quello di spaventare i “nemici”, personalità progressiste avversarie di Trump? Voleva diventare famoso con un gesto clamoroso? Certamente Cesar aveva manifestato le sue posizioni “radicali”, usava toni forti, però la polizia federale dovrà capire come si sia tramutato in un “bombarolo” fai-da-te e se esista un complice. Sayoc non è stato incriminato per terrorismo in quanto questa accusa è applicabile solo se esistono legami con fazioni straniere e l’uomo è protetto dal Primo Emendamento. Cavillo legale/formale che non lo mette al riparo da una condanna severa, infatti rischia fino a 48 anni di prigione.