ROBERTO PAPPADA’

ROBERTO PAPPADA’

MAURIZIO PATRICIELLOUn uomo normalissimo fino al giorno prima, Roberto Pappadà. Un uomo che non ha saputo, però, impedire all’odio di accumularsi nel suo cuore fino a farlo scoppiare. Un uomo che si è trasformato in un feroce pluri assassino. Destinato a finire i suoi giorni in galera, lontano da quella macchina che avrebbe voluto parcheggiare e dalla sorella invalida che avrebbe voluto continuare ad accudire. Questa strage – come tutte le altre – rimane avvolta in un mistero assurdo che non ci è dato di indagare fino in fondo, ma che a tutti i costi dobbiamo cercare di capire. Una brutta storia di cattivo vicinato finita nel sangue. «Meglio avere per amica un vicina che la regina» recita un vecchio adagio. Certo, perché il vicino vive accanto a te, nel momento del bisogno può offrirti il primo, a volte indispensabile, aiuto. Tante volte tra vicini di casa sono nate delle vere e proprie amicizie. Altre volte, purtroppo, incomprensioni, screzi, dispetti, piccole scaramucce, a lungo andare, si sono trasformati in veri e propri sentimenti di odio. Pericolosissimo odio. Sai dove inizia non sai mai dove ti conduce. «Non tramonti il sole sulla vostra ira e non date occasioni al diavolo. Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira» ci esorta san Paolo. Cioè, non andate a letto gonfi di rabbia, non lasciate che si accumuli nel vostro cuore. Togliete l’acqua alle sue radici. Controllate che sia stato spento in voi qualsiasi sentimento negativo che potrebbe degenerare. Roberto ha quasi 60 anni, l’età in cui un uomo dovrebbe diventare più sapiente, più paziente, più tollerante. Più ragionevole. Nel vangelo di domenica scorsa, Gesù ci invitava a tagliare la nostra mano, il nostro piede se ci fossero di scandalo. Che cosa voleva dirci con questi consigli a prima vista assurdi? Credo che volesse metterci al riparo da noi stessi, dalle nostre follie, dalle oscure passioni che si fanno guerra nelle nostre membra. Taglia, cioè evita. Corri ai ripari, fatti furbo, cambia strada, fuggi, non lasciarti imprigionare dal male. Non permettere alle passioni di schiacciarti. È vero, ci sono persone con le quali è difficile dialogare. Un prepotente, un presentuoso, un camorrista, un mafioso non è facile da tenere a bada. Che faccio? « E’ meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani essere gettato nella Geenna, nel fuoco inestinguibile». Meglio accettare di rinunciare anche a un piccolo “diritto” che essere risucchiato in una spirale di violenza dalla quale nessuno mai potrà dire come ne uscirà. Occorre ritornare alla visione biblica per comprendere qualcosa dell’uomo. Viceversa ci muoviamo a vuoto. La Bibbia ci mette in guardia da noi stessi, dal nostro orgoglio, dalla vanità, dall’odio, dall’invidia, dalla gelosia. Certo, ci promette la vittoria, ma solo se siamo disposti a convertirci, a cambiare atteggiamento, a fare spazio allo Spirito Santo. A essere umili. Lasciato a se stesso, l’uomo tende a peggiorare non a migliorare. La bestia che è in lui prende il sopravvento. E lo abbatte. Non bisogna permetterlo. Per farlo occorre essere vigili, presenti, intelligenti. Amare l’altro non è solo obbedire alla volontà di Dio, ma qualcosa di incredibilmente conveniente. Trasformare un anonimo vicino in un amico vuol dire avere un amico vicino a qualsiasi ora. Un amico al quale puoi bussare la sera per chiedergli un pane o fare una chiacchierata. L’amicizia, però, si costruisce. Lentamente. A volte faticosamente. La fiducia nell’altro rende la vita gradevole, meno faticosa, meno tormentata; al contrario del sospetto che l’appesantisce. Impariamo ad evitare le piccole, inutili, pericolosissime scaramucce. Anche quando sappiamo di avere la vittoria in tasca, cerchiamo a farne a meno. Umiliare l’altro non è mai cosa buona. Impariamo a ragionare con calma, con senno, con garbo. Abbassando la voce, chiedendo “per favore”, non dimenticando di dire “grazie”. Le piccole cortesie non costano niente ma ottengono tanto. Salutiamo per primi, magari accompagnando le parole con un sorriso. Non dico di non far valere i nostri diritti, ma facciamolo con educazione, cercando di capire la psicologia dell’altro, i suoi modi di fare e di pensare. E se proprio dovessimo incontrare sul nostro cammino un vicino ottuso e prepotente, la ragione ci dice che è sempre un bene evitare di scendere in guerra. Fermiamoci e, anche se a malincuore, diciamo a noi stessi che è meglio perdere la comodità di un parcheggio sotto casa piuttosto che essere coinvolti in una lite dove rischi di essere ucciso o trasformarti in un assassino. L’assurda, dolorosissima strage di Cursi ci insegni a instaurare buoni rapporti con i nostri vicini. Per il bene di tutti. Padre Maurizio Patriciello.