TOTO-LEONE? NO, GRAZIE

TOTO-LEONE? NO, GRAZIE

Il giorno è arrivato. Dopo critiche, stroncature, commenti estasiati, polemiche, anche Venezia 75 volge al termine. È fissata per stasera alle 19 la cerimonia di consegna dei premi, durante la quale si saprà finalmente a chi andrà l’ambita statuetta. Ieri abbiamo chiuso il ciclo dei film in concorso con un interessante “Zen-uccidere”, che parla di tutto fuorché di morte. Ambientato nell’Ottocento, all’epoca dei samurai a Edo (l’attuale Tokyo), narra di Tsuzuki, un ronin (samurai senza padrone) bravissimo a combattere con la spada in ciliegio, ma incapace di prendere in mano una katana e ferire qualcuno. La pellicola è stata apprezzata da gran parte della critica, che l’ha considerata breve ma intensa.E ovviamente, cosa resta da fare dopo aver commentato tutti i film in gara? Il toto-leone ovviamente! Ma noi non vogliamo essere banali, vi basterà aprire una qualunque pagina di giornale online e non per vedere che tutti ripetono le stesse cose (spesso proprio copiandosi l’un l’altro interi pezzi): “Roma” di Cuarón pare essere il super favorito, ma no, aspetta, c’è anche Audiard con i fratelli Sisters… be’, e che mi dici di “First man”? Un filmone!Insomma, righe e righe spese per dire tutto e niente. Lo risparmieremo ai nostri venticinque lettori, per dirla manzonianamente. Ci piacerebbe invece ripercorrere con voi ciò che ha segnato questo festival.Abbiamo iniziato con problemi tecnici fin dai primi minuti di presentazione in Sala Grande (proseguiti poi nelle conferenze stampa). Un appunto che ci sentiamo di fare a questo festival (chi ha letto i nostri articoli in questi giorni probabilmente avrà capito che è un tema che ci sta a cuore) è la scelta degli interpreti che si occupano delle traduzioni simultanee: non si può nel 2018, nell’era in cui puoi avere il meglio del meglio solo con un clic, affidarsi a interpreti mediocri ad una kermesse di tale livello. Balbettamenti, frasi sintatticamente scorrette, parole inventate, non sono concessi ad un professionista che viene pagato per fare ciò che sta facendo e dovrebbe farlo in modo eccellente. Speriamo in un miglioramento per Venezia 76.Abbiamo visto sfilare sul tappeto rosso personalità attesissime, come Lady Gaga: per un paio di giorni non si è parlato d’altro, pareva che ci fosse solo lei a fluttuare in rosa sul rosso del carpet. Poi è svanito anche il suo ricordo, e sono arrivati gli Amici di Maria, le fan di Jude Law (ah no, Jude Law non c’era, scusate), quelle di Jake Gyllenhaal (cavolo, no! Un altro grande assente)… insomma, i fan degli attori (presenti).In generale si dice sia stato un festival di qualità medio-alta, non si sa se perché va detto o perché è vero. Di film-ciofeche ce ne sono stati, come sempre: uno fra tutti il post-mortem di Orson Welles, diretto da Bob Murawski. Un’altra grande novità di questa edizione è stata l’inserimento di pellicole targate Netflix e Amazon: a differenza dei colleghi un po’ puzzoni di Cannes, il nostro Barbera li ha accettati. E i favoriti sono proprio loro.Ultimo ma non ultimo il discorso sessismo, di cui si è già parlato a lungo e su cui non vorremmo soffermarci oltre: le quote rosa non sono un’opzione, dovrebbe esserci meritocrazia e basta. E non bisognerebbe stare ancora a parlarne nel ventunesimo secolo!Non ci resta ora che aspettare qualche ora e vedere cosa succederà. A tra poco!