L’ABITO NON FA IL MONACO, MA IL CAMICE FA IL MEDICO

Erano i primi giorni di settembre del ’79.Mi ero appena trasferita a Nettuno e tanti erano i cambiamenti coi quali avrei dovuto fare i conti. La famiglia d’origine lontana, gli amici pure. Una nuova avventura tutta da vivere,ero giovane e la cosa mi intrigava non poco. Adoro le città di mare, danno un senso di libertà e di leggerezza che altrove puoi solo sognare. Ricordo la prima volta che mi recai allo studio del medico assegnatomi dalla Asl. I pazienti in attesa del proprio turno sembravano arrivare direttamente dalla spiaggia: infradito, canottiera, gonne-pareo.Contai, compresa me, quattro persone con abiti ‘normali’. La cosa mi stupì e la annoverai tra quei cambiamenti coi quali avrei dovuto fare l’abitudine.A shoccarmi fu la figura del medico quando disse ‘avanti’ e me lo trovai seduto dietro la scrivania. Non avendomi mai vista si alzò e mi venne incontro. Orrore. Mi strinse la mano (sudata) e questo mi fece già senso, qualche centimetro più alto di me, quindi piccoletto, poco male, in famiglia siamo tutti puffi, ai piedi zoccoli di legno che avevo notato subito per via del rumore sul parquet, la camicia sbottonata di 5/6 bottoni che lasciava intravedere un petto villoso e, dulcis in fundo, un paio di pantaloncini corti che lasciavano scoperte due gambe piuttosto in carne.‘Non fa per me’pensai subito.‘E questo sarebbe un medico’?Dov’era quel camice che ha il potere di farti star bene anche se sei in preda ai dolori più atroci?Quel senso di fastidio non mi abbandonòneppure quando finì la stagione estiva ed il dottore fu costretto a coprirsi di tutto punto.Lo lasciai qualche dopo anno dopo optando per la sua associata, ancora oggi il mio medico di fiducia.Gentile premurosa preparata. Un filo di trucco, abbigliamento adeguato in ogni stagione. Immancabile il camice, candido come il suo sorriso col quale mi accoglie da diversi decenni.A riportarmi indietro nel tempo lapolemica sul nuovo provvedimento approvato a Novara dalla giunta comunale leghista che vieta, tra le altre cose, l’uso di abiti succinti in luoghi pubblici. “E’ solo questione di decoro. Perché si può stare in costume da bagno in piscina ma non entrare in teatro: se una si presenta così, viene allontanata. Ogni luogo prevede un suo modo di porsi”, precisa un assessore comunale, prontamente etichettato via social “moralista bacchettone”. Tralasciando la norma leghista, spudoratamente rivolta al solo genere femminile, pertanto sessista,quante volte, dinanzi a certe scene indecorose, di ragazze e ragazzi, al limite del volgare,non abbiamo pensato“ci vorrebbe una legge a impedire questo schifo”.Beh, io quella volta, dinanzi al mio medico l’ho pensato.