FACCO: IL MISTER, MILANESE DI ROMA

FACCO: IL MISTER, MILANESE DI ROMA

Era nato nella Milano del dopoguerra, del lavoro duro e della serietà. La Milano di Celentano (e della Via Gluck), lontana anni luce da quella di J-Ax il rapper. Ha perso presto il padre, conducente di camion, che però ha fatto in tempo ad insegnargli disciplina, fatica, onestà. A 16 anni fuori casa, a inseguire il sogno più bello del mondo: giocare a calcio. Aveva cominciato all’oratorio Santa Croce, poi era passato alla Scarioni ed era arrivato, infine, alla grandissima Inter di Herrera, Facchetti, Picchi, Mazzola, Suarez e Corso. Allora i giovani pulivano gli scarpini dei grandi e lui – mi raccontava – era onorato di farlo. Venuto a Roma, con la Lazio di Chinaglia, Re Cecconi, Wilson, Oddi, Pulici e Garlaschelli ha vinto uno scudetto ed ha vissuto una stagione irripetibile. Ma soprattutto è diventato romano, assorbendo ,di questa città, ritmi, ironia, distacco, gusto della vita. Ha allenato sul serio ma anche per scherzo. E con questo intendo la squadra dei giornalisti. Di partite non ne abbiamo vinte molte ed è vedendoci in azione che cominciò a dire che “il calcio è morto”. Ma eravamo una squadra imbattibile a cena, nelle prese in giro, nel piacere di stare insieme.Spesso lo chiamavo, discutevo con lui il menù, lo raggiungevamo a Fregene a casa sua. Bravissimo a fare le cotolette alla milanese (ne mangiava anche quindici) non si cimentava col pesce. Ci scambiavamo i Tex, che Simonetta non sapeva più dove mettere. E in un paio di occasioni, con la complicità di Guidone De Angelis, l’ho chiamato alla radio fingendomi un ascoltatore che lo criticava. Ma mi ha riconosciuto subito. Memorabili le partite a scopetta, che vinceva grazie ad un culo (sì, aveva una gran fortuna) da non credersi. Ma insomma: se parli di un amico che è appena morto corri il rischio di esagerare, di santificarlo. Non voglio fare questo. Mario era Mario, un Mister, un Signore nel vero senso della parola. Un vero milanese ed allo stesso tempo un vero romano. Impossibile, dite? No, lui ci era riuscito. E per questo era Mario Facco.