CHAMPIONS LEAGUE, KLOPP, UN VINCENTE NATO
A nessuno importerà molto, ma me lo scrivo per me. Il Tottenham è partito con l’handicap, ovvio. Un rigore neanche così netto, dopo 25 secondi, Sissoko cercavadi fare il vigile urbano in mezzo all’area: stava indicando a un compagno dove mettersi, e si è ritrovato il pallone addosso, 1-0, palla al centro, Tottenham che al primo minuto si vede sfuggire la Coppa dalle mani. Ma c’erano 89 minuti più recupero per riprendersela. Il problema è stato tutto il dopo. Ovvio che vincessero il possesso palla (Ferrari dixit! “Ma il Tottenham domina il possesso palla”), ma chissenefrega. Era ovvio, invece, che dal secondo minuto del primo tempo dovessero attaccare, creare pericoli, rischiare. E invece, niente di tutto questo. Non hanno mai, dico mai dato l’impressione di creare pericoli al Liverpool, non l’hanno messa messo alle corde, non hanno mai fatto una manovra degna di questo nome: lenti, impacciati, contratti. Avevano il fantasma di Kane in mezzo all’attacco, è vero, ma Dele Alli o come caspita si chiama doveva e poteva far di più. Il coreano elettrico, Son, uscito da un film di marines nel Pacifico, stesso taglio di capelli che nel 1942, ci ha provato, ma non lo ha seguito nessuno, lì nel bailamme in mezzo all’area. Tanti passaggi sbagliati, Sissoko che prova a rimediare il rigore provocato con un tiraccio indegno, il nulla. Nell’intervallo pensavo che Pochettino prendesse Kane da una parte e gli dicesse: “Fra’, sient’a mmé, t’aggi’ a togl’, mi dispiace assai, te vogl’ bbuon’, ma mo’ amm’a vinc!”. E mettesse o quello stambecco spesso inutile ma a volte fortunato di Llorente o Lamela, il desaparecido. Invece niente. Ricomincia il secondo tempo e il Tottenham tricche-tracche, tricche-tracche, palla persa, lancione lungo, passaggio all’indietro… Ma, dico, si fa così? Gli unici a provarci erano i due terzini, Rose e Trippier, il quale si è anche accicciolato una coscia nel tentare di correre troppo. Ma era già smobilitazione. Nel secondo goal subìto, non ci hanno capito niente, un giocatore libero in mezzo all’area così non si vedeva in una finale Champions da dieci anni. Magari pensavano fosse il giardiniere. Ma la partita era finita prima, a meno di miracoli sempre possibili. Vertonghen e Alderweireld, centrali di difesa, spesso in ritardo, scoordinati fra loro. Ma non sarà mica perché chiamavano gli schemi e si chiamavano per cognome? “Ehi, Vertonghen!” “Sì, Alderweireld?”, e l’attaccante era già passato alle loro spalle. Dovevano chiamarsi Ugo, o massimo Ciro, come insegna Troisi. E tutto questo, contro un Liverpool non trascendentale, ma solido, con un difensore immenso (“Il 75% della superficie terrestre è coperta dall’acqua, il restante 25% da Van Dijk”), due terzini bravi assai (Alexander-Arnold e Robertson), sia a difendere che ad attaccare, e poi Salah, che è l’ultimo giocatore ad aver dato delle gioie vere, momenti di esaltazione, al piccolo bimbo viola che abita in me, quando correva sulla fascia e la Fiorentina rischiava di vincere le partite in Europa League. Ah, dimenticavo. Con un portiere magnifico, Alisson, che è il vero valore aggiunto di questa squadra rispetto all’anno scorso e al biondone Karius. Pare che Karius combini guai anche in Turchia, al Besiktas, dove è stato mandato in prestito con obbligo di riscatto: il suo personale, s’intende. Ma non gli sta riuscendo benissimo. Tutto il resto l’hanno già detto. Kloppete kloppete Klopp, tutti a parlare di Klopp, se avesse perso ora sarebbe un “perdente nato”, e giù a dire il perché, a spiegare che era inevitabile, mentre adesso sono così bravi a spiegare perché era ovvio che vincesse lui. Intanto, è stato bravo ad arrivarci, a sette finali: c’è chi manco le ha sfiorate. E poi Klopp è stato bravo non tanto adesso, quanto prima della partita di ritorno col Barcellona: lì era spacciato, aveva perso 3-0 a Barcellona, sapeva di non avere speranze. Ma in conferenza, prima della partita, è stato sereno, forte, persino allegro. La grande impresa l’ha compiuta lì. Onore al Liverpool, e al suo dodicesimo giocatore. Il pubblico, sì, certo, You’ll Never Walk Alone. E una del pubblico ha proprio preso in parola il motto, e ha deciso di non lasciarli soli: invasione di campo, vestita come sulla spiaggia di Saint Tropez. Domanda: ma una biondona visibile in quel modo come ha fatto a sfuggire a tutti gli sguardi e finire indisturbata al centro del campo? Insomma, grazie calcio. Che mi fai vivere e amare anche una partita mediocre, e il sorriso arruffato di un ragazzo egiziano che per qualche tempo è passato anche da queste strade.
