NUOVO ESPOSTO PER CRIMINI UMANI AL TRIBUNALE INTERNAZIONALE PER I DIRITTI

NUOVO ESPOSTO PER CRIMINI UMANI AL TRIBUNALE INTERNAZIONALE PER I DIRITTI

È una pagina buia per tutta l’Europa e per il nostro Paese.Oggi è arrivato un nuovo esposto all’Aja, al tribunale per i diritti umani, contro l’Italia e l’Ue per la gravissima accusa di crimini contro il genere umano. La denuncia è giunta al tribunale internazionale da parte di dall’esperto di diritto internazionale dell’Istituto di studi politici di Parigi, l’israeliano Omer Shatz, e dal giornalista franco-spagnolo Juan Branco, consigliere di WikiLeaks. Per quanto riguarda il nostro Paese i fatti contestati coinvolgerebbero un periodo che arriva ai nostri giorni partendo dal 2014 mettendo così in discussione soprattutto i provvedimenti presi oltre che dal ministro Salvini anche quelli del suo predecessore Minniti.Nella copiosa documentazione che mette sotto accusa la politica del nostro tempo è stata allegata la testimonianza di un migrante, proveniente dal Darfur settentrionale che proverebbe la collusione della Guardia costiera libica con i trafficanti. «Eravamo 86 migranti, tutti sudanesi. La barca era troppo pesante. Abdelbasit (uno dei trafficanti) si è messo alla guida del barcone mentre un piccolo scafo guidato da Fakri (l’altro trafficante) faceva ricognizione», racconta l’uomo. Una volta che i trafficanti se vanno, il barcone viene avvicinato da un’altra imbarcazione. «C’erano otto uomini in uniforme, con un mitragliatrice, che hanno speronato la nostra barca», spiega ancora il migrante. Secondo il testimone, i militari dopo essersi fatti dare il numero di telefono dai migranti avrebbero telefonato uno dei trafficanti, Abdelbasit. «”Are you Ammo?”, hanno detto. Ma poi lui ha spento il telefono». A quel punto il barcone viene riportato indietro verso la Libia. «Sulla via del ritorno, hanno intercettato altre 4 barche. Al mattino presto, quando abbiamo raggiunto Zawiya, ne erano rimaste solo tre. Le altre due barche erano state rilasciate perché avevano raggiunto un accordo con la guardia costiera libica». Una volta riportati a terra, i migranti vengono trasferiti in una prigione. «Le guardie ci hanno detto: “Ognuno di voi deve pagare 2000 dinari, e noi poi vi riporteremo al punto in cui sarete salvati. Paga o se non hai soldi telefona, chiama la tua famiglia in modo che ci mandino dei soldi. Un agente può riscuotere denaro a Tripoli. Chiunque non riesca a pagare, lo trasferiremo nella prigione di Osama (noto anche come Al-Nasr detention center, )”».Il racconto del migrante poi prosegue. «Siamo stati detenuti per 15 giorni, io e mia moglie eravamo separati. Non voglio parlare di cosa è successo a lei. Alla fine, mia moglie è riuscita a chiamare i suoi fratelli che hanno mandato i soldi per tirarci fuori. Sono stati giorni molto difficili. Abbiamo bevuto una tazza d’acqua al giorno. Anche il cibo era disgustoso». Dopo 15 giorni «ci hanno rimesso in mare, siamo stati mandati sulla stessa barca di legno, con altri due gommoni. La barca che ci ha scortato era la stessa barca della guardia costiera libica che ci ha intercettato la prima volta. Gli uomini armati che erano sulla barca delle Guardie costiere libiche erano gli stessi uomini armati che erano sulla barca quando siamo stati intercettati la prima volta. Ci hanno scortato per due o tre ore, finché la luce della città non è diventata sbiadita». Superata la piattaforma petrolifera di fronte Sabratha gli uomini se ne vanno. «Le onde erano così alte e la gente ha iniziato a farsi prendere dal panico. Eravamo 87 sulla nostra barca – gli stessi passeggeri che erano con noi quando siamo stati intercettati per la prima volta, tranne quattro persone che non potevano pagare. Al mattino abbiamo scoperto che erano stati sostituiti da cinque libici che erano sulla barca. Poi siamo stati avvistati e salvati da una barca che ci ha portato a Trapani».L’ufficio della procura dell’Aja in base a questa documentazione, ad altre testimonianze dovrà decidere se acquisire la denuncia. Ciò non garantisce l’avvio automatico di un’inchiesta, ma è comunque il primo doveroso passaggio che può portare ad essa. A gennaio è stata acquisita un’altra denuncia di razzismo fatta contro il governo italiano da parte del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo.È dunque tempo di aprire gli occhi, è tempo di cancellare le ipocrisie sembrano dire gli occhi di quanti facciamo fatica a guardare. Occhi che senza proferir parola raccontano di quanta barbarie umana è passata davanti a loro.