SÌ, MA COME MAI BERGMAN È COSÌ GRANDE?

Potrei dirlo con una parola semplice: perché i suoi film sono belli. Prima di tutto, sono intrisi di bellezza. La bellezza della luce, la bellezza dei volti. E questa bellezza ci porta a desiderare quei volti, ad amare quei corpi. Il suo non è un cinema punitivo. Le donne dei film di Bergman sono tra le più belle mai viste al cinema. La fotografia dei suoi film è densa di bellezza. Negli esterni, l’orizzonte infinito dei paesaggi svedesi. Negli interni, la plasticità teatrale delle luci, i giochi di ombre che derivano dall’Espressionismo tedesco. E poi, il paesaggio tutto da esplorare dei suoi volti. Bergman è il poeta del primo piano. Poi, i film di Bergman sono belli perché non sono freddi. L’inquietudine dei suoi personaggi non è – come è stato spesso detto – cerebrale, ma al contrario: è profondamente viscerale. Gli affetti contano più della ragione. Bergman fa film d’amore. Ci sono i temi più sottili che Bergman esplora. La dualità, per esempio. In “Persona” – la parola, in latino, significa la maschera del teatro – Liv Ullmann e Bibi Andersson, che interpretano un’attrice mentalmente disturbata e la sua infermiera, si confondono, visivamente e metaforicamente, come due metà della stessa persona. I sogni e la memoria. Spesso i sogni vengono raccontati verbalmente nei suoi film. A volte vengono visualizzati, con immagini non estreme, ma dissonanti dal reale quel tanto che basta a suggerire un’altra dimensione. Nel “Posto delle fragole”, il protagonista, interpretato dal regista Victor Sjostrom, sogna immagini che citano il film più famoso diretto da Sjostrom, “Il carretto fantasma”, del 1921. I primi piani. I primi piani di “Persona” sono dei veri e propri paesaggi emotivi. Liv Ullmann non parla praticamente per tutto il film; eppure raramente un’attrice è stata così espressiva. In un altro film, “Come in uno specchio”, c’è un suo primo piano di ascolto che dura minuti interi. Ecco, una cosa così non l’ho vista mai in nessun altro film.