SPAGNA, DOPO LA BOCCIATURA DELLA FINANZIARIA SOCIALISTA, PREOCCUPANTI SCENARI DI CRISI

Finanziaria bocciata nella Spagna socialista. Quale futuro? Solo 158 no a un emendamento proposto dalle opposizioni, 191 i voti favorevoli. Nemici giurati come centro destra e indipendentisti, che votano congiunti, salvo poi dire che mai si alleeranno in una coalizione. Per il momento è però quanto basta per seppellire la “finanziaria più a sinistra della storia” spagnola e per aprire una crisi politica che, secondo molti, condurrà alle ennesime elezioni anticipate. In quale contesto si verifica tutto ciò? Da un lato una imponente manifestazione di piazza indetta dai democristiani (Ppe) cui si sono aggregati non solo i populisti di centrodestra come Ciudadanos, ma anche forze di estrema destra come Vox e altre che si richiamano al nazismo. D’altro canto la prossima apertura del processo contro gli indipendentisti catalani incarcerati, per i quali gli indipendentisti avrebbero gradito una soluzione preventiva e indolore. Niente da fare, la mediazione si è rivelata una missione impossibile per i populisti di sinistra (Podemos) ed è svanita così la possibilità di vedere realizzata una finanziaria nel segno del riformismo ed oltre. A ben vedere i punti più sbandierati non suonavano proprio come ispirati da un governo dei soviet. Una così detta “patrimoniale” nella quale, almeno sulla stampa italiana, si trova traccia solo di misure riguardanti i redditi (che sono cosa diversa dai patrimoni) superiori ai 10 milioni. Altrettanto dicasi per una forma soft di Tobin tax (su capitali oltre il miliardo). Per uscire da un ambito puramente simbolico bisogna fare riferimento a un innalzamento delle aliquote fiscali sui super ricchi (si parla di una Irpef del 47% per i redditi sopra i 130mila e del 49% per quelli over 300mila). Poi un salario minimo di 900 €, da vedere nelle sue articolazioni, l’affermazione di un diritto alla casa e una equiparazione al permesso di paternità con quello di maternità. Insomma come dicono i cinesi, i grandi viaggi spesso cominciano coi piccoli passi. Solo che, con la bocciatura della finanziaria di piccoli passi non se ne vede nemmeno uno. Irremovibili gli indipendentisti. Senza garanzie per il processo dei loro leader niente voto favorevole. Qualche dubbio sulla possibilità di trovare escamotage leciti che permettessero garanzie a livello processuale senza interferenze anticostituzionali dell’esecutivo, ma ormai si tratta di domande prive di significato. Giochi fatti e sguardo rivolto al futuro. Primo passo, scioglimento del governo, che tocca a Sanchez: possibile una melina a centro campo che mantenga in vita un esecutivo di minoranza, magari fino alla assoluzione degli imputati indipendentisti? Gli esperti sembrano propendere maggiormente per nuove elezioni. Si accettano scommesse: 14 aprile, 18 aprile, 28 aprile, 26 maggio, quest’ultima data in coincidenza con le europee. Unanimi i sondaggisti. Socialisti che rimangono primo partito, ma possibilità che Popolari, Ciudadanos ed estrema destra, possano confluire in una alleanza maggioritaria grazie al sistema proporzionale. Scenario da brividi, ma realistico. Quelli che paiono non accusare sussulti sono i mercati finanziari. Scivolatina dello spread per i Bonos spagnoli (i nostri Btp) ma roba da ridere rispetto alle altalene made in Italy. Sostanziale calma piatta che ribadisce un differenziale di 150 punti rispetto a noi, quando solo due anni fa eravamo in un testa a testa. Come mai? Ricordiamoci che la Spagna ha visto succedersi due tornate elettorali in tre annni e con questa farebbero tre, nell’indifferenza generalizzata dei mercati. Evidentemente per il capitale finanziario in Spagna, basta che si abbassi il rapporto debito/pil e tutto viene ritenuto sotto controllo. Anche se i dati sull’occupazione non sono certo incoraggianti.