STUPRO A CATANIA, GLI SMS DELLA RAGAZZA: “NON VOGLIO”, “AIUTAMI”

STUPRO A CATANIA, GLI SMS DELLA RAGAZZA: “NON VOGLIO”, “AIUTAMI”

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, a proposito del caso di violenza di gruppo contro una donna americana, verificatosi ieri a Catania, ha dichiarato: “per i vermi violentatori di Catania, che hanno stuprato una turista, nessuno sconto: certezza della pena e castrazione chimica!”.Il racconto della ragazza è preciso:«quando mi hanno spinta in macchina con forza, sono riuscita a mandare un messaggio vocale a un amico, gli ho sussurrato: “Per favore aiutami, ci sono dei ragazzi, non voglio”. E lui, prima mi ha risposto che non capiva, poi che non aveva l’auto e non poteva aiutarmi. Una cosa assurda».Il giorno dopo lo stupro, la diciottenne  denuncia i suoi tre aggressori e riferisce anche il nome dell’amico: «scrivete pure di Salvo, sono riuscita a mandargli cinque messaggi vocali mentre mi violentavano, l’ho chiamato due volte. Ma continuava a dire che non capiva. E quando quella notte da incubo è finita, gli ho scritto un ultimo sms: Ti odio davvero».Eccoli, i Whatsapp rimasti senza risposta. Un dramma che si poteva evitare.Ore 23,12: «Io sto male, aiuto me». Ore 23,14, si sente la voce di uno degli stupratori: «Compare, te la posso dire una cosa? A chidda ma isu iu». A quella me la alzo io. Ore 23,17: «Aiuto, aiuto, sono nell’auto».A mezzanotte e 3 minuti, la ragazza riesce a inviare anche la sua posizione esatta, il lungomare di Catania, all’altezza del “Caito”. A mezzanotte e 12 minuti, la violenza in diretta: «vieni qua», dice uno dei ragazzi. «Non voglio», urla lei. «Sì che vuoi», dice un altro. «No, basta. Non voglio, non voglio». L’amico continuava a non preoccuparsi.Lei riferisce: «quando si sono accorti che avevo il cellulare in mano, hanno provato a togliermelo, ma sono riuscito a tenerlo». La giovane ha provato più volte a chiamare il 112.Undici volte ha chiamato fra mezzanotte e 13 e l’una ma veniva sempre bloccata. L’operatore del 112 ha provato a richiamare, ma niente. L’ultima telefonata è al 911, il numero di emergenza americano. Il giudice delle indagini preliminari, Simona Ragazzi ha dichiarato: «i richiami d’aiuto si sono susseguiti in un arco di ben un’ora e 45 minuti»,La ragazza deposita presso i carabinieri anche le sue calze nere strappate, una gonna blu, un foulard e un paio di slip. Ai militari della Compagnia di Piazza Verga afferma: «qui ci sono le prove di quello che hanno fatto. Venerdì mi trovavo con un’amica al Lupo bar di via teatro Massimo. Si sono avvicinati tre giovani, hanno poggiato i loro bicchieri sul nostro tavolo e hanno iniziato a parlare. Erano gentili». Chiede ad una sua amica informazioni sugli sconosciuti per via sms. Questa le risponde: «Roberto lo conosco, ha frequentato la mia stessa scuola, stai tranquilla, è un ragazzo per bene». Poco dopo la invitano a salire sulla loro auto. «Mi hanno afferrata per un braccio, mi dicevano: stai zitta. E mi hanno spinta sul sedile posteriore. Hanno cercato di farmi fumare della marijuana, ma ho rifiutato. E a quel punto hanno iniziato a mettermi le mani addosso».Sabato scorso, ha deciso di tornare in America e prima di salire sull’aereo, ha scritto un sms al maresciallo che l’aveva accompagnata a denunciare, Claudio Rapisarda: «vi ringrazio di tutto, ma ora devo andare via, non ce la faccio, sono un fascio di emozioni. Troppo per me».