VICIDOMINI: ANATOMIA DI UN GENIO

Il 28 Aprile, 11 Maggio e 26 Maggiotorna in scenaNicola Vicidominicon l’inedito e attesissimoFauno. Partirà dalTeatro VascellodiRoma, da qualche anno sede abituale dei suoi show, che registrano puntualmentetutto esaurito. Il teatro di Vicidomini – oggetto, non solo in Italia, di studi e saggi – è declinazione corporea, ritmica, musicale di unavisionarietà fuori dal mondo, ai confini di ogni immaginazione. Muove dalla dirompente necessità di sintonizzarsi con l’essenza primigenia della vita, con un mistero avulso dalle categorizzazioni del senso collettivo.Un teatro incondivisibile, intestimoniabile, fuori dal genere,risonanza materica e metrica di unascrittura comica decisamente avveniristicache non ha storicamente eguali, scherzo della natura, sberleffo dell’uomo, irrisione dell’”io, di ogni ipotesi narrativa. Nel suo “mondo” il problema tutto novecentesco dell’assalto al potere neppure si pone, piuttosto, l’unica preoccupazione dell’artista sarebbe quella dideturpare, sabotare, “schifare” solo sé stesso, un“versaccio”profondo all’antropocentrismo illuministico.Stare dalla parte della natura con tutto il suo caos meraviglioso e remare contro l’uomo. Se la più alta letteratura diVillaggioe il suo cinema manifestano miserabile inadeguatezza, proiettando una maschera che come un incudine ricade sull’essere umano, calato in una dimensione borghese senza via d’uscita, Vicidomini è in grado, oltre una condizione specifica e un preciso contesto storico, di riazzerare ogni contemporanea certezza, connotazione cronologica e banale immaginazione condivisa. Sbaglia chi superficialmente intravede nella sua maniera di stare in scena e in certi apparenti eccessi una provocazione – o non ne ha gli strumenti per coglierne la solidità filosofica – ma anche chi accosta semplicisticamente i suoi“attentati”alle opere diAntonio Rezza e Flavia Mastrella(i cui unici elementi in comune sarebbero lacentralità del corpo, ricerca di una musicalità e ritmi serratissimi, qualche secolo fa peculiarità comuni a tutti i comici degni di questo appellativo;è evidente quanto i rispettivi linguaggi, immaginari ed estetiche risultino molto diversi).“Più che comico, hylare”– così come ha amato definirlo il drammaturgo e criticoEnrico Bernard(Università di Zurigo) – realizza un affresco osceno, paradossale,Kafkiano– nella sua accezione più amorale – che potrebbe tranquillamente essere rivolto a un pubblico di soli indigeni, mai entrati in contatto con la civiltà occidentale: ne riderebbero ugualmente. Sempre più prossimo a una visione postatomica o preistorica, l’umorismo di Vicidomini è permeato da quell’onnipotenza bambina tanto invocata daCarmelo Benee magnificamente sintetizzata daWerner Herzogin pellicole comeAnche i nani hanno cominciato da piccoli. Se in Europa esiste ancora una veraCommedia dell’Artenella sua più profonda, contemporanea urgenza, è pienamente riscontrabile solo nel suo teatro, la cuimaschera,Scapezzo, è manifestazione di una dirompenteneccessità animale, espressione di un nettocompiacimento verso l’elemento triviale, sospensione morale, disperata insofferenza verso la condizione borghese, frantumazione e dissoluzione volontaria dell’uomo e della storia. Scompaginando forme, e giocandoci, al contempo, in una sottesa, ilare irrisione, così come un folle mangiafuoco muove lo scheletro grottesco di una modernità, trapassata da tempo, Vicidomini, profeticamente, manifesta una rigenerazione di là da venire, nel ricongiungersi su un carro accidentato, con lospirito dei comici dell’arte dei primordi. Chi scrive ha avuto il piacere di incontrarlo in un curioso bar in via della Magliana in Roma per porgli qualche domanda Faunoè tutto quanto nessuno riuscirebbe a riconoscere in sé stesso, quanto non sappiamo, quanto non siamo. Il mistero della respirazione. Una capra che risiede dentro di te e bela, e canta. Lecca le pietre senza motivo. E’ molto simpatica. Ha gli zoccoli ai piedi. Lalenguaun po’ sporca. Racconta strane storie. Interpreta canzoni caprine. Enumera tipi di pelo: grigio, nero, cuoio, beige, giallo, verde, a chiazze… Spuorco o pulito. Una bella capra. Fa ridere. Fa rumore. E’ onnipotente e sincera. No, non potrei ancora permettermelo. Io non posso fare altro che risuonare del Fauno o sperare nel suo avvento. In scena c’è mia sorella Miriam che è un simil-Fauno, con una maschera meravigliosa realizzata daDEM, una capra-vitello. Mi osserva tutto il tempo, determina e innesca ilfluire dell’azione. All’inizio sono solouna specie di uccello egocentrico con la mania del successo e dell’affermazione sociale secondo i crismi.Poi divento altro. In Fauno per la prima volta interagisci con un flusso di suoni e di musica o habitat acustico. Si. Tutto lo spettacolo è stato costruito su alcuni inediti diPiero Umiliani, mai utilizzati, lasciati in uno scaffale da anni. E’ stato lui, in tutta la sua assenza, a mostrarci la strada da seguire operando una regia a distanza. Anche quei momenti dello spettacolo in cui il flusso di suoni e musica, che sto curando conNdriu Marziano, si interrompe sono stati originariamente definiti sulle sperimentazioni elettroniche e pioneristiche di questo grande artista. Se esiste un regista di Fauno è Piero, non io. Credo di non meritarla neppure io. Come posso preoccuparmi del paese? Quale paese poi?… Non c’è paese che mi riguardi.La mia patria è il deserto.Tornando al discorso che facevi, credo che se a monte non ci sia un universo unico da dichiarare, delle visioni davvero incomunicabili, si rimane necessariamente agiti dal linguaggio del reale ed è inutile e stucchevole salire su un palco solo per dimostrare a casa di aver vinto qualcosa. Una cosa è la realtà, comunitariamente condivisa, menzognera, altra cosa è la verità, quella non si potrà mai comunicare, ma solo proiettare. Un comico non dovrebbe avere nulla da comunicare ma tutto da manifestare. E, lo ripeto per l’ennesima volta, solo nel caso in cui remi realmente contro sé stesso, solo se canta necessariamente il proprio fallimento con senso di onnipotenza, esplosiva o implosiva. Il numero uno. Il più grande umorista che abbiamo avuto. Oltre chiunque. OltreWoody Allen. Ho rubato più da lui che da mio padre e mia padre. Mi ha insegnato la sintesi nella scrittura umoristica. Da Mario ho appreso direttamente alcune dinamiche e segreti alla base della mia scrittura. Ci siamo esibiti in coppia spesso. L’ultima volta a Roma nel 2015. Oltre 16 anni di frequentazione continua, di viaggi insieme (a volte col nostro amato Nuccio), lavoro delirante… Le ultime cose in radio e in tv le ha fatte con me eNino Frassica, aProgrammone, daFabio Fazio, aStracult.Deborah Farinaed io lo abbiamo riportato in teatro conA Rotta di Collo, summa di tutto il suo percorso umoristico (lo spettacolo fu fortemente voluto dal mio amicoLorenzo Procacci Leonee prodotto dalCircolo Del Cinema Dino RisidiTrani).Potevamo rimanere ore al telefono e giorni in macchina a gridare dal finestrino. Credo di aver perso fisicamente una delle persone più importanti per me. Fauno è dedicato a lui. Una volta rimanemmo in un camerino di Via Teulada soli conPaolo Villaggioe unfenomenodi cui non faccio il nome. Gli abbiamo rivolto insulti irripetibili: Paolo gli faceva notare quanto fosse malato, Mario gli ripeteva“ricchione”ed io gli consigliavo i modi migliori per suicidarsi. Il malcapitato ne fu felice. Fu un bel momento, sopratutto per lui. Le tue apparizioni in Tv, quelle a Colorado ad esempio, ma anche le ultime aStracultdi Marco Giusti eUno Mattina, sembrano alzare in pochi attimi il livello di qualsiasi programma, e si ha la sensazione di ritrovarsi magicamente di fronte a una televisione che pare nessuno riesca più a realizzare. C’è speranza di vedere presto un tuo programma? Stefano Disegnied io ne abbiamo scritto uno recentemente. Proprio in questi giorni stiamo attendendo delle risposte. Siamo molto fiduciosi a riguardo. Con noi ci sarebbe ancheCochi Ponzoni, altro grande maestro da cui ho imparato molto. E’ stato importante per me avere dei maestri, mangiarli e digerirli.La tradizione è il climax dell’oblio.Da nulla non nasce nulla. Siamo tutti al servizio di un’opera che è prima e dopo noi stessi. Un artista o addetto ai lavori che stimi particolarmente? Te li dico entrambi. L’artista che su tutti maggiormente amo è mio fratelloRosario Vicidomini, pittore immenso. Il mio lavoro è robetta rispetto alla potenza delle sue tele. Un addetto ai lavori che stimo moltissimo èStefano Raffaele, autore televisivo, profondo conoscitore di cinema e nefandezze, mio caro amico. Cosa c’è da aspettarsi da questa nuova fatica teatrale? Nulla che possa essere spiegato o raccontato agli amici, i quali delusi accenderanno la televisione, si collegheranno a internet e, guardando una foto di Giucas Casella, creperanno per autocombustione immediata.