ADAM E RAHMI INDEGNI DI ESSERE CITTADINI ITALIANI, MA SFRUTTATI PER QUALCHE VOTO IN PIU’
Sono nati in Italia, hanno sempre vissuto in Italia, parlano italiano, hanno sempre e solo studiato inItalia, i loro amici sono tutti in Italia, i loro genitori, la loro vita, ogni giorno passato sulla terra lo hanno passato in Italia. Come qualunque altro bambino italiano. E mettendo in pericolo la loro vita, hanno salvato quella di tutti i loro compagni. Ma per la legge italiana Adam e Rahmi non sono cittadini italiani. Perché milioni di italiani non vogliono che siano cittadini italiani. Farebbero le barricate se Adam e Rahmi e tutti i bimbi nati e vissuti in Italia fossero cittadini italiani. Perché per milioni di italiani, nel 2019 dopo Gesù Cristo, nell’era degli smartphone e delle auto che guidano da sole, è la provenienza dei fluidi organici che ti mettono al mondo a fare di te un cittadino italiano o un cittadino straniero. Non la tua vita, non la tua storia, non la tua nascita, non dove tu abbia vissuto e dove tu sia venuto al mondo. Ma lo sperma. Il sangue. L’utero. Come nelle tribù. E forse nemmeno in quelle. E Adam e Rahmi, nati in Italia, non hanno il sangue puro. Il sangue italiano. Fatto poi del sangue di migliaia di popoli di e epoche. “Raccoglieremo le firme casa per casa, spiaggia per spiaggia e ci faremo tirare fuori dal parlamento con la forza se necessario” diceva un attuale vicepremier contro il diritto di cittadinanza italiana ai tanti Adam e Rahmi che oggi vivono da bimbi italiani nelle scuole italiane. Sempre che non possano in questi giorni essere sfruttati per qualche voto in più. E poi trattarli di nuovo da stranieri. Nella casa che amano. Ma stranieri. “Rahmi – racconta Ricky – aveva nascosto il cellulare e ha fatto le prime chiamate al 112. A un certo punto gli è caduto per terra, senza farmi vedere sono andato a raccoglierlo e l’ho passato ad Adam, dietro di me”. E Adam è riuscito a chiamare i propri genitori e la polizia. Quello scuolabus era il mondo. L’autista il male e la follia che può annidarsi nella mente di chiunque. E che a volte guida un autobus. A volte guida il mondo. Quei bambini: l’umanità che collabora, che coopera, che si parla, si aiuta, senza farsi domanda sulle origini di ognuno. Che rischia, che si sacrifica. Che si ribella. E che salva lo scuolabus e i suoi abitanti dalla follia dell’autista. Che salva il mondo dall’odio e dalle fiamme in cui l’autista, che a volte guida un autobus, a volte guida il mondo, vorrebbe farlo bruciare.
