BISOGNA UNIRE. QUESTO IL COMPITO DELLA SINISTRA

BISOGNA UNIRE. QUESTO IL COMPITO DELLA SINISTRA

Come sa chi ha la bontà di seguire qui i miei pensierini e i miei post, considero con molta preoccupazione e ripulsa gli innumerevoli episodi sintomo di razzismo esplicito o camuffato, di xenofobia, di fascistume variegato e quanti con le parole e gli atti alimentano un clima di paure, di disprezzo del disagio, della diversità, della sofferenza illudendosi così di colpire la causa vera dei nostri guai. Non posso quindi che guardare con molta simpatia e vicinanza a un corteo come quello di ieri a Milano, alla spinta civile che ha portato una massa enorme di persone, ciascuna con la sua storia, a spezzare l’indifferenza e la pigrizia, la sfiducia soprattutto, e a manifestare per affermare un’idea dell’Italia opposta alla visione cupa, rabbiosa, lacerata che purtroppo viene alimentata dall’alto. Ma per favore non cadiamo nell’errore politico che vedo emergere dai resoconti giornalistici, dalle dichiarazioni raccolte tra personalità che hanno aderito e sfilato e tra gli stessi promotori. Per me è sbagliato, è controproducente, è un difetto grave di impostazione il presentarsi, l’autodefinirsi, come “il Paese migliore” o “la parte migliore del Paese”… Perché non si tratta di mettersi etichette o coccarde sul petto ma di testimoniare, proporre, dare credibilità a un progetto alternativo, a programmi efficaci e coerenti. Guai a pensare in termini autoreferenziali, come se le contraddizioni non attraversassero orizzontalmente tutti gli strati sociali, ogni corrente di pensiero. Quando Pasolini, che ci manca così tanto, esprimeva la sua indignazione attribuendo al Pci, in cui molti di noi militavano, la qualifica di “Paese pulito” in un Paese opaco o sporco, i più avveduti tra i dirigenti comunisti alzavano il sopracciglio, perché sapevano che la costruzione di un consenso in basso e tra i partiti e i movimenti organizzati era un cimento da affrontare senza spocchia, senza alibi politici o ideologici, senza chiusure mentali. Oggi è lo stesso: se qualcosa si ridesta “a sinistra”, tanto più quando si tratta di ricostruire e non di fare un restauro, non ci si può fermare all’autocompiacimento, alla rivolta morale. Non c’è alcun bisogno di vedersi e dirsi come “la parte migliore del Paese”, c’è bisogno di denunciare gli strappi alla Costituzione, di affermare diritti e libertà soffocati, e non di fare la lezione da cattedre che non esistono più da tempo. Per fare migliore il Paese servono umiltà, coerenza, apertura e fermezza sui valori fondamentali. Non serve un grande selfie collettivo per autocelebrarsi e dividere. Bisogna unire, tendere la mano, correggere, convincere, non offrire spazi ai fomentatori di odio. Spero di essermi fatto comprendere, nell’esprimere il senso di questa mia critica.