LE SORELLE DI PIETRO MASO “PERDONANO” IL COMPLICE DEL FRATELLO

Carbognin, complice nel delitto di Rosa e Antonio, genitori di Pietro Maso , adesso cerca di ricominciare con una vita nuova. Nadia e Laura sono le sorelle maggiori a cui ha chiesto clemenza e una firma in calce a un documento nel quale avrebbero dichiarato, come parti offese, di non aver più nulla da pretendere. Si tratta di un atto notorio necessario per ottenere la «riabilitazione penale». A Carbognin serve per non avere problemi di lavoro, soprattutto all’estero. Nadia e Laura, non lo vedevano dal 1992, ossia dal processo concluso per lui con una condanna a 26 anni. Le due donne non hanno avuto dubbi e hanno dato il loro nulla osta. L’atto è stato sottoscritto davanti a un ufficiale dello Stato civile del Comune di San Bonifacio, dove vivono. L’avvocato Agostino Rigoli, legale della famiglia ha dichiarato: «le sorelle hanno consentito a Carbognin anche il cambio di cognome. Le mie clienti non hanno mai detto nulla perché sperano che sulla vicenda cali il silenzio, per il rispetto di tutti». Però la notte del 17 aprile 1991, non si può dimenticare, quando Pietro Maso con l’aiuto del fidato Giorgio e di altri due amici uccisero sua madre e suo padre, 48 e 56 anni, nella loro casa di Montecchia di Crosara per questioni legate all’eredità. Dopo il processo Carbognin ha conseguito il diploma di ragioniere nel carcere di Bergamo, dal quale è uscito dopo 7 anni per buona condotta. Oggi ha 46 anni vorrebbe vivere a Londra con la sua famiglia. Nadia, afferma: «si faccia la sua vita, quel che potevamo fare noi l’abbiamo fatto. Non vorrei dire altro e mi spiace molto per lui che si pubblichi questa vicenda. Non avrei mai voluto». La fede ci ha aiutato a perdonare tutto e con grande naturalezza. Vorrei ricordare che potevano chiedere il risarcimento del danno subito ma non l’hanno mai fatto, pensando anche alle conseguenze che poteva avere un’azione del genere per i due ragazzi minorenni del gruppo, cioè la rovina economica delle loro famiglie». Nadia e Laura hanno cercato di stare vicino al fratello nel corso dei 22 anni di detenzione, «di lui non sappiamo più nulla, dove sia, cosa faccia. Speriamo ritrovi la serenità».