PAPA FRANCESCO: NESSUNA DEPORTAZIONE PER GLI ULTIMI, PER I NOSTRI FRATELLI MIGRANTI
Già a Roma, prima di partire per il Marocco, Francesco ha voluto far capire che il focus più importante di questo suo viaggio in Africa continua ad essere quello dei migranti. A Casa Santa Marta, aveva voluto ricevere un gruppo di marocchini ospitati dalla Comunità di Sant’Egidio. Due famiglie con bambini hanno dialogato con lui accompagnate dall’elemosiniere apostolico Konrad Krajewski. Quelle due famiglie ce l’hanno fatta ad approdare in Europa sono state un esempio.Ma altrettanto non è stato possibile per tante altre persone provenienti dall’Africa sub-sahariana.Per molti di loro nessuna pietà umana, per loro sono entrati in azione i “per i mercanti di carne umana“.Una consapevolezza condivisa dalla stessa Chiesa cattolica e cristiana del Marocco. Una Chiesa che ha accolto il Successore di Pietro in visita apostolico in Marocco e che “condivide come tratto proprio della sua spiritualità quello del Buon Samaritano, di San Francesco e di Charles de Foucauld”, come ha spiegato all’Agenzia Fides il salesiano Cristóbal López Romero, Arcivescovo cattolico di Rabat. Ed ecco, al centro di questo suo viaggio apostolico, l’incontro parlando alla Caritas di Rabat, aldilà della folla che lo ha sommerso di attenzione, l’incontro con 60 migranti scelti per rappresentare i circa 100mila che si stima vivano oggi nel Paese.Un incontro che ha consentito a Papa Francesco di affrontare i temi legati ai flussi migratori. Ricordando il Patto mondiale per una migrazione sicura, il Global Compact for migration, ratificato a Marrakech, Bergoglio ha detto che “l’ampliamento dei canali migratori regolari è di fatto uno degli obiettivi principali del Patto. Questo impegno comune è necessario per non accordare nuovi spazi ai ‘mercanti di carne umana’ che speculano sui sogni e sui bisogni dei migranti. Finché questo impegno non sarà pienamente realizzato, si dovrà affrontare la pressante realtà dei flussi irregolari con giustizia, solidarietà e misericordia. Le forme di espulsione collettiva, che non permettono una corretta gestione dei casi particolari, non devono essere accettate“, ha detto il pontefice a tre giorni dal caso del cargo El Hiblu I, quella nave, dirottata da alcuni migranti soccorsi in mare, mentre stava facendo rotta verso la Libia. “D’altra parte – ha aggiunto la massima autorità della Chiesa – i percorsi di regolarizzazione straordinari, soprattutto nei casi di famiglie e di minori, devono essere incoraggiati e semplificati”. Si chiuso così il cerchio di una visita, di un viaggio che si è fatto pellegrinaggio e che poi è stato riassunto in un vero e proprio dialogo con i giornalisti sul volo di ritorno dal Marocco con i quali Francesco ha parlato del dialogo fra religioni.Non poteva non toccare il tema di Gerusalemme, capitale delle grandi religioni più che di nazioni, più che luogo di muri e confini e sul fatto che su questa visione, a Rabat, è stato fatto un passo avanti fatto da fratelli. Ma è sul tema dei migranti che ha voluto ribadire la sua posizione ai giornalisti presenti, è su di loro che ha ricordato l’appello agli uomini ed all’Europa. «Chi costruisce muri ne resta prigioniero. I costruttori di ponti vanno avanti» ha ribadito Francesco.Ed ancora: “Io dirò che adesso ci sono i fiori, i frutti verranno dopo. Ma i fiori sono promettenti. Sono contento, perché in questi due viaggi ho potuto parlare di questo che mi tocca tanto nel cuore, tanto: la pace, l’unità, la fraternità. Con i fratelli musulmani e musulmane abbiamo sigillato questa fraternità nel documento di Abu Dhabi e qui in Marocco tutti abbiamo visto una libertà, una fraternità, un’accoglienza di tutti i fratelli con un rispetto tanto grande. Questo è un bel fiore di coesistenza che promette di dare frutti. Non dobbiamo mollare! È vero che ci saranno ancora difficoltà, tante difficoltà perché purtroppo, ci sono gruppi intransigenti. Ma questo vorrei dirlo chiaramente: in ogni religione c’è sempre un gruppo integralista che non vuole andare avanti e vive dei ricordi amari, delle lotte del passato, cerca di più la guerra e anche semina la paura. Noi abbiamo visto che è più bello seminare la speranza, andare per mano, sempre avanti. Abbiamo visto, anche nel dialogo con voi qui in Marocco, che ci vogliono dei ponti e sentiamo dolore quando vediamo le persone che preferiscono costruire dei muri. Perché abbiamo dolore? Perché coloro che costruiscono i muri finiranno prigionieri dei muri che hanno costruito”.È stato importante, da parte del Pontefice, far emergere un dilemma nel dover evidenziare: “Li lascio entrare, o li lascio affogare lì, o li mando via sapendo che tanti di loro cadranno nelle mani di questi trafficanti che venderanno le donne e i bambini, uccideranno o tortureranno per fare schiavi gli uomini?“Una volta ho parlato con un governante”, ha detto Francesco, “un uomo che io rispetto e dirò il nome, con Alexis Tsipras.E parlando di questo e degli accordi di non lasciare entrare, lui mi ha spiegato le difficoltà, ma alla fine mi ha parlato col cuore e ha detto questa frase: “i diritti umani sono prima degli accordi”: questa frase merita il premio Nobel”.
