EUROPA INVERTEBRATA. I NOSTRI VICINI (DISTANTI) CI GUARDANO E NOI LI IGNORIAMO
Se non sei europeo votare è un’impresa. In Turchia Erdogan il suo partito Akp, sconfitti alle municipali di Istanbul, costringono gli elettori, grazie a una magistratura compiacente ad andare di nuovo a votare annullando la vittoria dell’opposizione. In Algeria dopo l’abbandono dalla scena politica dell’eterno presidente Bouteflika, ormai neppure più in grado di parlare, la gente è scesa in piazza a milioni ma all’orizzonte non si vede ancora quando potranno esprimere alle urne il loro dissenso dal sistema. In Libia quest’anno si sarebbe dovuto andare a votare ma il processo è stato bruscamente interrotto dalla guerra innescata dall’offensiva del generale Haftar. In Siria non si vede quando i cittadini di questo Paese, ancora in guerra e con profughi a milioni, potranno dire la loro opinione. In Sudan i militari sono al comando dopo l’estromissione del general Omar al Bashir ma di elezioni, per il momento, neppure l’ombra. Nessuno che in un dibattito abbia accennato alla crisi tra Usa e Iran: se ci sarà un conflitto come si comporterà l’Unione europea? Non lo sappiamo, come se la guerra o la pace fossero indifferenti. Sono soltanto alcuni esempi di quanto sia difficile essere un non europeo. Eppure anche questa è Europa o parte della sua sfera di influenza continentale e mediterranea. Istanbul lo è in gran parte anche geograficamente. La Libia è stata bombardata da noi europei nel 2011 per eliminare il dittatore Gheddafi ma poi abbiamo abbandonato il Paese al suo destino con le conseguenze devastanti che tutti conosciamo. L’Algeria è stata per 130 anni una colonia francese e un milione di algerini sono morti nella guerra di indipendenza contro Parigi. In Siria ogni tanto partono per i loro raid aerei americani, europei o israeliani per bombardare Assad ma in realtà ci interessa sapere ben poco della sorte dei siriani. E quanto ai curdi, dopo averli proclamati degli eroi per la lotta strenua contro il Califfato, adesso li abbiamo già relegati nel dimenticatoio. I nostri vicini di casa non europei ogni tanto si illudono che ci interessiamo a loro ma è un’attenzione assai intermittente. Nessun partito di nessuno stato dell’Unione europea ha citato una volta i Paesi del Mediterraneo se non per parlare dei flussi migratori. Cosa ci sia dall’altra parte e cosa avvenga non conta niente. Invece noi europei siamo andati alle urne tranquillamente e in maniera democratica. Nessuno ha rischiato la pelle, nessuno è morto. Anzi la metà di noi si permette il lusso di restare a casa in attesa dei risultati senza neppure andare a votare. Un diritto essenziale, formidabile, viene visto come una noiosa formalità che non vale neppure la pena di espletare. In Bulgaria, diceva un collega, un terzo degli elettori à andato al mare in Grecia. E non era una battuta. Persino nei Paesi dell’Est dove la democrazia è arrivata dopo decenni di regimi autocratici o dittatoriali la gente rinuncia a votare. Visto da fuori il cittadino europeo può apparire ai suoi vicini come un individuo viziato, forse anche un po’ annoiato. Sappiamo che non è così. Ma la democrazia diventa un’abitudine che quasi ci dimentichiamo che è stata una conquista. Le traversie e le sofferenze dei non europei, i nostri vicini distanti, ce lo ricordano tutti i giorni. Anche se facciamo finta che non esistano.
