GOLPE IN SUDAN. PROVIAMO A SCOPRIRNE LE CONSEGUENZE POSSIBILI

GOLPE IN SUDAN. PROVIAMO A SCOPRIRNE LE CONSEGUENZE POSSIBILI

Sudan, golpe riuscito. Ma l’ordine regna a Khartoum? Le prime immagini riguardano quello che sarebbe il sintomo della rivolta. Una donna che non porta il velo. Huffington post apre così il suo primo servizio che così si chiude. Nel mezzo l’importante riferimento al gruppo di professionisti e intellettuali che ha dato il via mesi fa alla protesta. Il resto rimane in larga parte da seguire. Governo di transizione dei militari (due anni), l’altra cosa data per certa. Ma altre cose ancora rimangono da scoprire e ce ne sono parecchie. Era da gennaio che gli scontri si susseguivano e vi erano stati anche alcuni morti. Oggi il leader è stato deposto e arrestato, lui Bashir, per 30 anni a capo del paese. Appare adesso come la vivente smentita del detto secondo cui il potere logora chi non ce l’ha. Altro argomento fondamentale su cui varrebbe la pena approfondire, il petrolio, soprattutto quello che si trova nel vicino e poco stabile Sud Sudan, lo stato secessionista la cui traballante realtà ha nuovamente conferito al vicino Sudan un posizionamento centrale, dal punto di vista geopolitico. A un tiro di schioppo dall’ancora meno affidabile quasi omonimo vicino. Un’area al centro degli interessi energetici di mezzo mondo. Quel mezzo mondo e oltre che va dalla Cina agli Stati Uniti passando per l’Europa, Russia compresa, senza contare chi il petrolio lo possiede già come Arabia Saudita e Iran e potrebbe nutrire qualche progetto volto a coinvolgere i nuovi venuti.. Non ultima va tenuta presente una componente di guerrieri, i così detti contractors, pronti a gettarsi nella mischia a gentile richiesta dei singoli governi alla ricerca di maggiore sicurezza. E qui il riferimento va al gruppo Wagner (Russia), ma anche, sul fronte opposto ai Blackwater, multietnici ma con casa madre negli Usa. In genere paesi senza quel passato coloniale intrigante che li renderebbe pregiudizialmente ospiti sgraditi nei contesti africani. Preso atto che Bashir è caduto rimane da stabilire in cosa possa consistere la svolta che ne seguirà. Il vecchio leader aveva cercato di non essere sbalzato di sella facendo le capriole per non scontentare nessuno. Non certo i russi, amici di sempre, e neppure la Cina, astro nascente, ma nemmeno gli Stati Uniti. Nonostante ciò, su quest’ultimo versante non aveva potuto esimersi da uno strappo. In sede Onu, infatti, il Sudan aveva assunto posizione contro le sanzioni all’Iran. Il che, oltre che a Tehran, poteva garbare a Mosca, ma non certo a Washington e a Riad, né tanto meno a Tel Aviv. A questo punto, stante alle informazioni raccolte, si può solamente dire che le imponenti manifestazioni contro la repressione da lui esercitata e il golpe che ne è seguito possono essere sfruttate in due direzioni. 1.Spostare l’asse delle alleanze del Sudan verso la sponda opposta a quella attuale (Mosca), con grande soddisfazione di Trump e compagnia. 2. Rafforzare le vecchie alleanze con un governo militare più stabile a livello interno e più affidabile su scala internazionale. Interrogata nel merito via facebook, una delle massime studiose di questioni africane come Anna Maria Gentili si è mostrata maggiormente propensa alla seconda che ho scritto, ma ha concluso prudentemente “La vedremo”. Appunto.