KIM E VLADIMIR: RICORDI PASSATI E PROGETTI PER UN FUTURO MULTIPOLARE APPENA INIZIATO

KIM E VLADIMIR: RICORDI PASSATI E PROGETTI PER UN FUTURO MULTIPOLARE APPENA INIZIATO

Kim Jong-un e Vladimir Putin a incontro concluso. Qualcosa di sostanzioso, dietro alle simbologie di un tempo. Incontro storico a Vladivostok tra il leader russo e quello nordcoreano. I media che corrono dietro ai simboli, non ci vedono gran che, al di là di qualche accordo bilaterale e di qualche sorriso. Significativo che Putin si renda garante di una soluzione pacifica sul nucleare, ma questo lo si poteva facilmente prevedere fin dall’inizio e forse non avrebbe richiesto un incontro. In effetti i simboli si sono sprecati, soprattutto di Kim, a conferma di un far politica all’orientale, a confine col teatro, che trova radici antichissime nei tempi passati. Nell’ordine: cappotto anni 50, cappello a larghe tese da leader del socialismo reale, regalo di una spada, treno tirato a lucido dai collaboratori più fedeli. Il tutto a rendere un’immagine di continuità col passato. Socialismo reale del nonno Kim il Sung interlocutore dei leader sovietici degli anni d’oro. Qualcosa dei rituali di quando il Cremlino stava a significare Unione Sovietica. Putin contraccambia con cena sotto un finto cielo stellato e contorno di danze. Alto gradimanto, ma finisce tutto lì? Tutto simbolico come il primo incontro di Kim con Trump dopo l’accordo? Semplice formalità a dimostrare che qualcosa rimane e che ci sono le premesse di una crescita anche se non si sono fatti significativi passi avanti? Un passo geopolitico forse c’è stato. I prossimi incontri sono evocati nella prospettiva di intese multipolari. Due Coree con un ringraziamento al leader di Seul (Moon) cui la pace deve sicuramente qualcosa, ma anche Cina, Usa, Giappone e Russia. Prospettiva a sei, come dire di un mondo multipolare non solo a parole Per Kim la possibilità di giocare su più tavoli e più partite senza vincoli gerarchici univoci con la super potenze. Per Vladimir una porta aperta, lungo il confine, piccolo e periferico che separa Russia da Corea del Nord, per dire la sua anche sulla sponda del Pacifico. Un’ambizione che dai tempi di Hiroshima è stata interdetta a Mosca. Non solo sorrisi, dunque, a Vladivostock.