LA POLITICA SI RIDUCE A GEOGRAFIA
Si va verso una maggiore chiarezza, che può essere intesa quale disastro o opportunità: i due concetti, nella scrittura ideogrammatica cinese, formano quello di “crisi”. La cosa, con lo sguardo corto, pare ridursi alla questione M5S-Lega e contorni della miserabile politicuzza italiana, arrivata con i nani (ma non siamo i soli: vedi la Gran Bretagna, per citarne solo una) alla sfida dei giganti. Più ci si dedica all’analisi di questi temi, più emerge l’enormità delle domande e la pochezza delle risposte. LO SGUARDO CORTO E LO SGUARDO LUNGO Con lo sguardo lungo, si capisce che si va nella direzione del dissolvimento di quel che c’è (come e per quali passi, è il tema de “L’Italia dei vinti”). Con lo sguardo lunghissimo, non si riescono a cogliere, se non confusamente, forma e dimensioni di quel che sarà, che forse già è e non riusciamo a vedere, perché ci siamo non troppo lontani, ma dentro, troppo vicini, come essere a mezzo metro dall’Everest e non poterne scorgere l’altezza (per questo, dovendo descrivere sentimenti, ho preferito ricorrere, cosa mai fatta prima, al romanzo). L’oggi appare una tappa verso la riduzione della politica italiana a geografia, quale è sempre stata, senza più finzioni “unitariste”, mentre lo sguardo corto porta alla strada senza uscite Lega-M5S, quali che siano le letture: 1 – il M5S è l’unico freno alla politica ferocemente nordista della Lega, che continua a sottrarre risorse al Sud, con la complicità di truppe cammellate terroniche. Senza l’alleanza (… il “contratto”) del M5S con la Lega, i razzisti farebbero il governo con gli altri partiti di destra (non è vero, non ci sono i numeri, ma il Pd ha già fatto ammucchiate con Forza Italia e persino leghisti riciclati, come Flavio Tosi); e il Sud sarebbe fregato. Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna otterrebbero subito il via alla Secessione dei ricchi, con saccheggio della cassa comune; 2 – L’obiezione ribalta l’assunto: il Sud ha reso il M5S primo partito italiano e si è ritrovato il suo peggior nemico al governo, nella condizione di raddoppiare i consensi (stando ai sondaggi: dal 17 per cento dei voti, a quasi il doppio, a spese dello stesso M5S e degli altri partiti di destra). Così, pur se la rapina da parte delle Regioni ricche per ora è stata frenata (dalla reazione popolare del Sud e da chi, nei cinquestelle, ha fatto capire al Movimento di quale follia si tratti) alla fine, “si dovrà cedere qualcosa” e sarà il buco nella diga che farà venire giù tutto: per cominciare, alle Regioni piagnone (più sono ricche, a spese della cassa comune, e più piangono miseria) il governo ha già regalato le centrali idroelettriche che, fatte con i soldi di tutti, adesso sono “cosa loro”. E lo stesso vorrebbero, questi elemosinanti a bocca piena, fare con le autostrade, le ferrovie…, insomma, appropriarsi di quello che è stato realizzato soltanto nei loro territori, ma con i soldi di tutti gli italiani, e farlo diventare patrimonio di pochi, invece che nazionale (come il fesso che ha pagato). Totale: in un modo o nell’altro, il Nord prende tutto e qualunque cosa faccia il M5S è sbagliata. Perché il M5S le sbaglia tutte? No, perché le circostanze non consentono altro. Il Movimento ha fatto a Sud il pieno di voti (che poi ha dilapidato fra Lega, Ilva, Tap…), ma è presente, sia pur con percentuali ridotte, pure al Nord, dove è concorrente della Lega: a scrivere il quesito del referendum lombardo per l’Autonomia differenziata (la differenza è che i privilegi del Nord sono diritti e i diritti del Sud privilegi inammissibili) è stato il M5S; a strappare platealmente il report del M5S sui trucchi “tutto-al-Nord-niente-al-Sud” dell’Autonomia differenziata è stato il parlamentare veneto dei cinquestelle Federico D’Incà, già rivelatosi la scorsa legislatura, nella Commissione per il Federalismo fiscale. Chi stesse per fare commenti, si fermi, perché D’Incà fa al Nord quello che fanno tutti gli altri: il centrodestra concorre con la Lega nella sottrazione di diritti e risorse al Sud; il Pd ha partorito un documento congiunto dei consiglieri regionali di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, per chiedere che il partito (teoricamente all’opposizione) appoggi Salvini per l’Autonomia. Perché, da destra a sinistra, fanno queste porcate? Un po’ perché molti la pensano come i leghisti: terroni ladri, sfaticati, siamo stanchi di mantenerli… (“in stato coloniale”, bisognerebbe aggiungere, ma questo, alcuni non lo sanno, altri non lo vogliono sapere, altri ancora lo sanno e lo vogliono); un po’, perché i partiti al tempo dei social non hanno principi forti, su cui fondare politiche e lungo termine, visioni del mondo e del futuro, ma interessi immediati, misurabili con i “like”. Quindi, per riassumere, quello che vale per il M5S, vale per tutti: se rappresentano i diritti negati del Sud, perdono il Nord; ma perdono il Sud, se continuano a essere strumento di potere pigliatutto del Nord (basta guardare la mappa delle “grandi opere” inutili e tangentizie, ma solo a Nord; dei collegamenti aerei, ferroviari, specie alta velocità, autostradali: quasi tutto al Nord, quasi niente, e talvolta proprio niente, al Sud; delle università più sovvenzionate dallo Stato, in proporzione alla loro ricchezza: più soldi hanno, più gliene danno; eccetera). La cosa è meno vera a Sud, per la situazione di sudditanza psicologica del vinto e di chi è costretto dal bisogno (e bacia, capendo poco e sperando molto, la mano di Salvini), ma dilaga ormai, a Sud, la consapevolezza delle vere ragioni dell’assenza di infrastrutture e di rispetto. E sono sempre di più quelli che non accettano più lo stato di cose che prevede il dogma “tu sei meno e devi avere meno”. TORNA “NAZIONALE” L’ALLEANZA FRA IL PEGGIO DEL NORD E IL PEGGIO DEL SUD Quello che è accaduto al M5S ne è prova lampante: la politica, spogliata di finzioni ideologiche, rivela, in Italia, la sua essenza: solo geografia. Il paradosso è che proprio la Lega, nata razzista e regionale, si fa forte a Sud, nell’alleanza affaristica fra il peggio del Nord e il peggio del Sud, e assume pure parvenza nazionale, quale partito nazi-fascista, ideologico, per cui il fascista di Matera sa che sarà fottuto (sperando che sappia almeno questo), come è successo per un secolo e mezzo, e resterà senza il treno, ma da fascista (mentre il materano di sinistra il treno non l’ha avuto lo stesso e non ha più manco la sinistra, se per tale si intende quella petrolifera). Nel mondo globalizzato delle regioni forti che cercano di scappare con la cassa (referendum per secessione, autonomia et similia, in Catalogna, Texas, Baviera, California, Lombardia, Veneto…), la politica italiana si denuda e si mostra com’è: Nord e Sud, il diritto al più, la condanna al meno. Mentre la storia si ripete e prende le sue vendette: in un Paese nato con razzisti venuti a Sud “a incivilire” selvaggi (che avevano il doppio degli studenti universitari e più addetti all’industria), perché “Qui è peggio che Affrica”, e si allearono con i delinquenti in Sicilia e a Napoli, generando la mafia come la conosciamo oggi, l’unico partito “nazionale” che rischia di rimanere è un branco di razzisti che vanno d’accordo con gli eredi di quei delinquenti di ieri, se hanno ragione nientemeno che Borghezio (appena trombato dalla sua Lega al parlamento europeo, ha scoperto “infiltrazioni”) e il procuratore Nino Di Matteo, sui possibili “segnali” della Lega alla mafia. E noi non possiamo fare niente? Qualcosa si può fare sempre. Intanto capire, e poi agire di conseguenza. Ne riparliamo a breve, ma sapendo che possiamo solo navigare a vista, perché si è in una fase di passaggio di civiltà. E il domani non è più la continuazione di ieri, migliorato se ci si riesce, ma altro, che non si sa bene ancora.
