ALLE OLIMPIADI IN COREA BRILLANO SOPRATTUTTO LE DONNE, MA… C’E’ UN MA

ALLE OLIMPIADI IN COREA BRILLANO SOPRATTUTTO LE DONNE, MA… C’E’ UN MA

Nella squadra italiana che gareggia alle Olimpiadi invernali di Pyeongchang, Corea del Sud, le atlete battono gli atleti 6 medaglie a 3 (almeno fino a oggi, 23 febbraio). Arianna Fontana nello short track ha conquistato un oro (500 metri) e due bronzi (1000 metri e staffetta con Martina Valcepina, Lucia Peretti e Cecilia Maffei); Michela Moioli un oro nello snowboard cross; Sofia Goggia (nella foto in alto) un oro nella discesa libera femminile;  Federica Brignone un bronzo nello slalom gigante. Tra gli uomini Federico Pellegrino ha vinto l’argento nello sprint nel fondo; Dominik Windisch il bronzo nella 10 km sprint di biathlon;  Nicola Tumolero  il bronzo nei 10.000 metri di pattinaggio. C’è poi la decima medaglia “condivisa”: quella di bronzo vinta della  staffetta mista del biathlon con Lisa Vittozzi, Dorothea Wierer, Lukas Hofer e Domink Windisch. Insomma, almeno per il momento, le atlete stanno facendo la parte del leone. Ma… C’è un ma di cui si torna a parlare, dolorosamente, a ogni grande successo nello sport femminile. Un’ingiustizia vera che riguarda tutte le donne che fanno sport. Siano esse Sofia Goggia, Arianna Fontana, Michela Moioli con i loro ori alle Olimpiadi di Pyeongchang, o tutte quelle su cui non si accendono mai i riflettori delle grandi gare internazionali. Per lo Stato italiano, infatti, le atlete donne possono essere soltanto “dilettanti”, a differenza di chi – maschio – pratica gli stessi sport. Essere dilettanti non è solo una definizione. Significa non avere un contratto, né un congedo di maternità, tanto meno il tfr o la pensione. Insomma, nessuna tutela. Tutto questo perché ancora oggi, anno 2018, in Italia le donne non hanno diritto d’accesso a una legge dello Stato, la numero 91 del 1981. Pensata per regolare i rapporti di lavoro in ambito sportivo, la legge lasciava alle federazioni la possibilità di scegliere se aprire le porte al professionismo in base alle direttive del Coni. Sono passati 37 anni e quelle direttive non sono ancora arrivate. Soltanto quattro discipline – calcio, golf, ciclismo e basket – hanno avuto una regolamentazione, riservando però lo status di professionisti unicamente agli uomini. Così, per tante ragazze impegnate nello sport, trovare un impiego è l’unica strada. I corpi militari, che garantiscono uno stipendio sicuro, ne accolgono molte. La maggior parte delle sciatrici fa parte degli Alpini o dei Forestali, mentre Sofia Goggia rientra nelle Fiamme Gialle. La campionessa di nuoto Federica Pellegrini è Guardia penitenziaria. Le schermiste Valentina Vezzali ed Elisa Di Francisca gareggiano rispettivamente per la Polizia e per la Finanza. La buona notizia è che nel dicembre scorso è stato approvato con voto definitivo in legge finanziaria alla Camera il provvedimento che consentirà alle atlete di avere un fondo a tutela della maternità. Un piccolo passo avanti verso la grande speranza. Che è quella della riforma della legge 91, per rendere legalmente professioniste le atlete, con tutti i doveri e soprattutto i diritti che ne conseguono.