RICORDARE AMATRICE

RICORDARE AMATRICE

A DUE ANNI DI DISTANZA DAL TERREMOTO NULLA E’ CAMBIATO PER GLI ABITANTI DELLA CITTADINA Agosto 2016. Alle ore 3:40 circa del mattino il centro Italia venne svegliato da una forte scossa di terremoto. Per la gente dei comuni colpiti dallo sciame sismico fu l’inizio di un incubo ad occhi aperti, e di una odissea nell’abbandono che dura ancora oggi. I comuni che riportarono danni, materiali e morali, furono diversi, dalle Marche al Lazio, ed ognuno di loro ha contato i propri morti. Ovviamente iniziarono anche le polemiche sulle strutture non anti sismiche, con relativa indignazione da parte degli abitanti di zone edificate in tempi lontani. Ma si sa, l’Italia è divenuta terra di operatori del web, e così mentre i volontari andavano ad aiutare ovunque ci fosse bisogno, in rete partiva la battaglia a suon di fake news e di incitamenti alla rivolta dalla sedia. Arquata del Tronto, Accumuli, Ussita, Norcia, e tante altre piccole realtà sparse sugli appennini. Tutte storie che da quel momento vennero riunite in una unica tragedia, di cui Amatrice divenne il simbolo, con quel campanile di Sant’Agostino crollato, le cui macerie sono rimaste a terra per lungo tempo.Secondo la Protezione Civile si contarono 299 vittime, contro le 238 persone salvate dopo essere state estratte da sotto il peso di cemento e mattoni. Alcuni rimasero schiacciati sotto il peso delle abitazioni crollate anche per più giorni, impossibilitati a chiedere aiuto, a muoversi, senza sapere cosa accadeva intorno. Negli ospedali delle zone interessate furono portate 388 persone, un dato che rende bene l’idea di quanto fu esteso il danno. Certo, era fine estate, pochi residenti ma molti turisti e molti ritornanti nei luoghi di famiglia, e ad Amatrice, per il 27 agosto, era prevista la Sagra dell’Amatriciana, orgoglio locale di diffusione internazionale. E poi le difficoltà per raggiungere i luoghi colpiti, con la via Salaria unica strada sempre percorribile, seppur con difficoltà, e non solamente i soccorsi cercavano di arrivare, ma anche i parenti delle vittime, i curiosi, i giornalisti. E gli sciacalli, tanti, che giravano per i paesi abbandonati in cerca di vite da rubare, di ricordi da sottrarre. Come già era avvenuto a L’Aquila, anche nei paesi del sisma del 2016 furono istituiti servizi di sorveglianza, che portarono a diversi arresti. Poi ci sono state diverse azioni di solidarietà, con la raccolta di oltre 34 milioni di euro tramite sms, gestiti da un comitato, in accordo con i presidenti delle regioni toccate dal sisma, ed ancora altri soldi, circa 10 milioni, sempre da utilizzare secondo il parere degli esperti. La costruzione di casette provvisorie, che in Italia spesso significa definitive, come insegna il caso del terremoto in Irpinia, e poi ancora i soliti furbi che hanno provato ad arraffare parte dei fondi destinati ai residenti colpiti, intestandosi residenze fittizie. Insomma, da una parte il popolo italiano ci ha messo il cuore, e le braccia dei volontari, mentre dall’altra parte lo stato si è limitato ad una gestione burocratica della vicenda, tanto è vero che, passati l’emergenza ed il dolore, le zone colpite si sono trasformate in una sorta di limbo in cui attendere la rinascita.Le abitazioni di emergenza sono divenute di fortuna, nel senso che è una fortuna che almeno quelle siano state allestite, ma poi non si procede oltre, e due inverni sono già transitati per la zona, abbattendo ogni volta il muro di speranza tirato su da chi in quelle zone ci vive. Norcia ha ripreso la sua vocazione alimentare, ed i prodotti tipici vengono prodotti e venduti, così come quelli di Amatrice, dove è ripresa pure la consueta e tradizionale saga dell’Amatriciana, però dentro un tendone al posto di un ristorante. E non si tratta solo di economia, per quanto necessaria, ma di ricreare quell’habitat dove le vita possano diventare storia, storie, un passato da ricordare e condividere. Quando un cataclisma colpisce non tira giù soltanto muri e tetti, ma investe la costruzione di noi stessi, dell’ambiente che ci circonda, specialmente nei piccoli centri, dove la piazza il bar e la chiesa sono importanti, centri nevralgici dell’esistere. Una serie di case prefabbricate invece è l’essenza del sopravvivere, ed è ciò che oggi rimarcano con rimpianti tutti coloro che sono stati costretti ad entrare in case che non profumano di passato, che non recano impronte di chi si è amato, un abbandono che, chi vive a distanza, non potrà mai comprendere. Gestire una emergenza del genere non può limitarsi ad una semplice compilazione di dati economici, ad una oculata quanto necessaria verifica delle situazioni attualmente in essere al fine di garantire etc etc. Perchè in certe situazioni la politica deve scendere dai palazzi non per fare passerella ma per ritrovare le radici del popolo, ed è in quei borghi, in quelle campagne, in quelle cittadine che sono nate le tradizioni, che si è mantenuto vivo quel calore familiare ormai disperso nelle grandi città. Gli abitanti di Amatrice, di Arquata, di Norcia, e di tutte le altre località, si sono rimboccati le maniche per ritrovarsi uniti, comunità, e non chiedono nulla, se non che gli venga restituito quanto è stato sottratto da quel ladro arrivato di notte, per caso, nell’agosto di due anni fa, e che portò via loro i ricordi di una vita.