CASA DOLCE CASA. MA IL MERCATO IMMOBILIARE E’ CROLLATO.

CASA DOLCE CASA. MA IL MERCATO IMMOBILIARE E’ CROLLATO.

Inesorabile giunge “Bussola Mutui”, il bollettino trimestrale di CRIF sul mercato dei mutui e dei finanziamenti. Innanzitutto occorre precisare bene chi è CRIF: sigla di Centrale RIschi Finanziari, è la banca dati centralizzata degli istituti di credito e delle finanziarie, un po’ come l’ Anagrafe Sinistri gestita dalle assicurazioni per monitorare i rimborsi erogati, al fine di prevenire azioni fraudolente. Questa banca dati è il Grande Fratello di Orwell, la struttura onnisciente che in ogni preciso momento tutto sa del portafoglio degli italiani: vale a dire, se dovessi ad esempio chiedere un finanziamento di qualsiasi tipo, anche comprare a rate il televisore nuovo, è la struttura che in tempo reale sa che ho già un mutuo per l’ acquisto della prima casa, le rate per l’ acquisto dell’ autovettura, che sono un buon pagatore o insolvente (anche parzialmente) e che nell’ ultimo quinquennio ho dichiarato un reddito (di lavoro dipendente o autonomo) pari a Xmila euro annui. E in questa maniera vengo dichiarato persona affidabile, e conseguentemente ottengo il finanziamento, o inaffidabile e lo stesso mi viene rifiutato; altro dato importante fornito da CRIF (ed elaborato dalle banche e dalle finanziarie) è il mio rating personale, ovvero con un certo reddito dimostrabile e con altri finanziamenti già in essere, sono affidabile solo per finanziamenti rimborsabili con un importo mensile fino a X euro e quindi per mutui solo fino ad un certo importo. Motivo per cui, quando questo grande oracolo di Delfi produce dati e statistiche, è forse la fonte più affidabile in quanto non solo monitorizza la quantità di case vendute (basterebbe contare i rogiti registrati dai notai) e i finanziamenti erogati, per i quali basterebbero i dati risultanti dai bollettini e dalle relazioni periodiche delle banche, ma soprattutto è utile per fotografare anche lo stato di salute del richiedente i finanziamenti. Per inciso, era la statistica che ai tempi del primo governo Prodi del 1997 dichiarava nuclei famigliari in buona salute, con stipendi con cui riuscivano a risparmiare soldi a fine mese (almeno i mesi in cui non c’ erano le spese grosse quali rate condominiali, assicurazione auto, tasse da pagare) e con una forte propensione all’ acquisto dell’ alloggio piuttosto che rivolgersi al mercato delle locazioni e degli affitti, propensione che spesso si concretizzava anche nell’ acquisto di una casa più grande di quella già posseduta (nel caso la famiglia crescesse di numero) o di una piccola seconda casa per le vacanze, anche se smezzata con i nonni o altri parenti. E il bollettino della CRIF tuona come un bollettino di guerra: nel primo trimestre dell’ anno 2013 i finanziamenti e i mutui per l’ acquisto delle abitazioni si sono ridotti dell’ 11% rispetto al pari periodo dell’ anno 2012; anno 2012 che è stato già di per sé un anno catastrofico, avendo avuto una contrazione del 42% del volume complessivo dei mutui erogati rispetto all’ anno 2011, anno in cui la crisi, se non ai drammatici livelli attuali, aveva già molto colpito le famiglie italiane. Aumentano i mutui richiesti a tasso fisso, ovvero quelli in cui il tasso (maggiorato di un importo percentuale definito “spread”) resta fisso per tutta la durata del mutuo a differenza dei mutui a tasso variabile, nei quali il Tasso Ufficiale di Riferimento in atto durante la durata del mutuo (e quindi variabile) stabilito dalla BCE viene maggiorato di importi di “spread” più bassi e quindi, all’ atto della stipula risulta essere meno oneroso: il tasso fisso non cambia mai, il tasso variabile tende a diventare favorevole al cliente (calando) nei periodi di economia sana e sfavorevole (aumentando) nei periodi di forte recessione, e questo dato apparentemente poco significativo dimostra in maniera univoca che sempre più italiani credono che questo periodo di recessione durerà ancora a lungo e preferiscono accollarsi un onere iniziale maggiore piuttosto che rischiare di avere un’ impennata del tasso di interesse sul mutuo nel caso l’ economia continui ad andare a rotoli, come successe qualche anno fa per i mutui stipulati in ECU. Si riducono anche gli importi richiesti: ora il mutuo medio richiesto risulta essere di 127’000 euro, a fronte di una media mutui concessi nell’ anno 2011 pari a 137’000 euro erogati; vale a dire che, con la recessione, cala la propensione ad indebitarsi da parte dei clienti e, contemporaneamente, una riduzione delle erogazioni da parte delle banche che anche a seguito dell’ introduzione dei trattati bancari europei di Basilea e Basilea II ora sono molto più diffidenti nel valutare l’ affidabilità dei potenziali clienti. Esplode l’ incidenza dei mutui a durata extra lunga, fino a trent’ anni di durata e oltre nel caso di acquirenti – finanziati di giovane età, segno che, a fronte di affitti sempre molto cari, si cerca di ridurre al massimo l’ esborso mensile anche a costo di un aumento degli interessi sul mutuo dovendo mettere in conto in futuro una riduzione degli stipendi, per la gente che perde il lavoro o che comunque teme in futuro una riduzione del reddito famigliare. E cresce anche l’ età dei richiedenti: gli ultracinquantenni che stipulano mutui sono aumentati del 7% rispetto al quarto trimestre del 2011, molti dei quali stipulano mutui a proprio carico ipotecando il loro immobile già di proprietà per poter permettere ai figli di poter comprare loro una propria casa anche in mancanza di reddito adeguato o di garanzie idonee da poter fornire alla banca. E cala invece (-5%) la richiesta di mutui per coloro che vanno dai 36 ai 45 anni, le categorie che una volta vantavano un tenore di vita e un reddito più che dignitoso e che sono stati i più colpiti dall’ ondata di licenziamenti e perdita dell’ occupazione. Aumentano anche le fasce di reddito che richiedono mutui: la fascia di reddito che va dai 1500 ai 2000 euro mensili ora richiede più facilmente il mutuo (+6% rispetto al terzo trimestre 2011) mentre coloro che hanno un reddito da 1000 a 1500 euro mensili ne chiedono molto di meno (-10% sullo stesso periodo): la fiducia della gente è ai minimi storici, e chi ha un reddito alto e tutelato si sente di impegnarsi in acquisti e investimenti a lungo periodo, chi ha redditi medio bassi preferisce pagare un affitto piuttosto che contrarre un indebitamento a lungo periodo: in parole povere, meglio l’ uovo oggi che la gallina domani, visto che il domani offre poche certezze e poca serenità. Questo disastro è occorso  in un periodo che potenzialmente avrebbe potuto offrire invece molte opportunità e convenienza: causa la poca richiesta e conseguentemente una riduzione di pretese da parte delle banche che hanno tutto l’ interesse a far stipulare mutui in presenza di soggetti richiedenti che possano offrire i requisiti, lo “spread” ovvero la maggiorazione aggiuntiva imposta dalla banca rispetto al Tasso Ufficiale di Riferimento stabilito dalla BCE è ai minimi storici, ed ora è possibile richiedere mutui a tassi convenienti, più bassi che nel recente passato. E soprattutto, in un mercato immobiliare saturo di case di nuova costruzione invendute e case “non nuove” che per necessità economica dei proprietari vorrebbero essere vendute ma che non trovano acquirente, il crollo della domanda ha fatto sì che, al netto dell’ inflazione, i prezzi al metro quadro degli immobili sono ritornati ai valori degli anni ’80, dopo il boom, l’ esplosione dei prezzi delle case verificatosi a cavallo dell’ anno duemila. E per dare una valutazione precisa a questi dati, apparentemente solo dei numeri, facciamo finta di comprare un’ appartamento, un modesto trilocale (cucina, bagno, camera matrimoniale e camera piccola per i bambini) nella periferia di una media città, con un valore di mercato di circa 200’000 euro. Le banche, a fronte dei nuovi requisiti di rating stabiliti dal trattato di Basilea sono molto più restrittive nel concedere mutui e richiedono garanzie: spesso sono i genitori che si ipotecano casa loro per comprarla ai figli, spesso anche partecipando al pagamento del mutuo, mentre le banche concedono ipoteche sull’ immobile che si sta comprando (caso più tipico) solo in presenza di un reddito famigliare non inferiore ai 2500/3000 euro netti mensili, un reddito molto superiore alla media dei lavoratori italiani. Le banche finanziano il 100% del valore dell’ immobile, ma quale valore? Ovviamente il valore di perizia fatto dal geometra della banca applicando gli estimi catastali e non considerando i valori reali di mercato, per cui la banca eroga di fatto un 80% del valore dell’ immobile: nel nostro caso da 200’000 euro ce ne finanzieranno solo 160/170’000. Per andare a rogito (acquisto formale della casa) occorrerà aggiungere parcelle, tasse ed imposte di registrazione dell’ acquisto, ovvero altri buoni 10/15’000 euro da dover pagare al notaio. E arredando in maniera semplice ed economica casa, andremo a spendere almeno altri 10 o più facilmente 15’000 euro per i mobili di casa, a patto di accontentarsi senza troppe pretese. E nel caso non sia una casa nuovissima (quelle più accessibile come prezzo), rifare i sanitari del bagno, i rubinetti nuovi di casa (senza andare su grandi marche) e la dichiarazione obbligatoria di messa a norma degli impianti idrici, elettrici e del gas, richiedono almeno altri 10’000 euro di spesa come minimo, a patto che non ci siano caldaia del riscaldamento da sostituire o ci si facciano vezzi estetici, nel qual caso i prezzi raddoppiano, almeno. A conti fatti, per poter comprare casa andrò a spendere oltre a quanto finanziato dalla banca, circa 80’000 euro extra, un capitale di partenza altissimo per una coppia giovane o per una famiglia con uno dei due coniugi cassintegrato o disoccupato. E in quanto tempo lo pagherò? Le banche fanno anche mutui di durata trentennale o più lunga, ma visto che non vogliono rischiare perdite economiche per decesso del contraente, le banche concedono mutui solo a patto che vengano estinti dallo stipulante entro il 60° o 65° anno di età, motivo per cui se dei ragazzini comprano casa potranno sfruttare la durata massima, un quarantenne che compri casa difficilmente riuscirà ad ottenere più di vent’ anni di rateazione. Chi ha uno stipendio alto e certo, il dirigente di azienda, non teme la stipula di un mutuo, e anche chi, essendo vicino alla pensione, diventerà tra qualche anno uno “stipendiato INPS” ad importo certo; l’ essere umano “normale” che tutti i giorni rischia di venire cassintegrato o licenziato per crisi aziendale invece ha poca propensione per indebitarsi per il futuro, anche perché le banche richiedono documentazione, spesso l’ ultimo anno di buste paga percepite, e non gradiscono vedere casse integrazioni o altri eventi che possano ridurre il reddito (e quindi la solvibilità) del contraente. Motivo per cui le famiglie italiane sono costrette a svenarsi pagando affitti, spesso solo lievemente più bassi di quelli previsti dal mercato in quanto pagati  “in nero”, non registrati e non dichiarati dal proprietario dell’ appartamento piuttosto che accedere ad un diritto sociale per cui non hanno i requisiti richiesti dalle banche e i capitali iniziali per poter acquistare e stipulare un muto. Come diceva un mio amico medico, “quando l’ ammalato è fresco, o è guarito dalla febbre o è morto”; e probabilmente il mercato immobiliare rientra nel secondo caso, tenuto conto anche del tracollo del settore edile, sia per manodopera impiegata che per volume d’ affari, che ha visto drammaticamente azzerarsi la costruzione di nuovi appartamenti o la manutenzione straordinaria di quelli di recente acquisto, restando ormai al lumicino con le sole manutenzioni ordinarie minime ed obbligatorie degli appartamenti già posseduti ed acquistati dai proprietari, anche a fronte della riduzione complessiva della capacità di spesa delle famiglie italiane.