IL CEO DI EASYJET SI TAGLIA LO STIPENDIO IN NOME DELLA PARITA’ DI GENERE

Il suo tenore di vita non cambierà granché ma certo la decisione che ha preso ha un valore fortemente simbolico. Johan Lundgren, dal primo dicembre nuovo amministratore delegato della compagnia aerea low cost inglese easyJet, ha ridotto il suo stipendio annuale del 4,6 per cento, portandolo da 740 mila sterline (circa 840 mila euro) a 706 mila sterline (circa 801 mila euro). La ragione? Allineare il suo compenso a quello che riceveva Carolyn McCall, precedente Ceo di easyJet, azienda dove in media gli uomini guadagnano il 51,7 per cento in più delle donne, secondo quanto riporta l’agenzia Bloomberg. Lundgren cerca così di arginare le polemiche che hanno investito la compagnia aerea dopo la decisione presa dal governo conservatore di Theresa May di imporre ai datori di lavoro del Regno Unito di rendere pubblica la differenza di retribuzioni tra uomini e donne. L’obbligo riguarda le aziende che hanno almeno 250 dipendenti e coinvolge, complessivamente, 15 milioni di lavoratori. In vigore da meno di un anno, il provvedimento ha scatenato reazioni ovunque, a partire dallaBbc, dove Carrie Gracie, 55 anni, da 30 giornalista di punta dell’emittente pubblica britannica, si è dimessa dal ruolo di responsabile della sede di corrispondenza di Pechino dopo avere scoperto di essere pagata la metà rispetto ai responsabili maschi delle sedi Bbc negli Stati Uniti e in Medio Oriente. Johan Lundgren ha deciso di giocare d’anticipo. «In easyJet siamo totalmente impegnati nel dare uguali retribuzioni e uguali opportunità a donne e uomini» ha commentato in una nota. Assicurando il suo personale impegno anche nel volere affrontare lo squilibrio di genere tra i piloti: oggi in easyJet le donne pilota sono il 5 per cento (un dato migliore comunque rispetto alla media mondiale del 4). L’obiettivo della compagnia aerea, di sede a Luton, nord di Londra, che nel 2017 ha trasportato 81,6 milioni di passeggeri ed è in corsa per l’acquisto di Alitalia, è di arrivare al 20 per cento entro il 2020. Il gender pay gap è un problema che investe tutto il mondo. “Il più grande furto della storia”: così le Nazioni Unite lo hanno definito ricordando che quando un uomo guadagna un dollaro, per lo stesso lavoro una donna prende 77 centesimi.Secondo il consigliere delle Nazioni Unite Anuradha Seth: «Non esiste un solo Paese, né un solo settore, in cui le donne abbiano gli stessi stipendi degli uomini». Le differenze sono tuttavia importanti. Ci sono infatti nazioni come il Costa Rica o il Lussemburgo con un divario inferiore al 5 per cento e altri, come la Corea del sud, che arrivano 36 per cento. In Italia non va troppo male, anzi i dati collocano il nostro Paese tra i migliori in Europa. L’Osservatorio Jopricing, che prende in esame la retribuzione lorda annua nel settore del privato, calcola che da noi la differenza sia nell’ordine del 12 per cento. In tutto il mondo essere donna resta comunque un fattore di discrimine. E a incidere è ancora la decisione di mettere su famiglia. Secondo le stime dell’Onu, quando nasce un figlio le mamme perdono in media il 4 per cento del loro stipendio rispetto ai padri a cui il reddito aumenta di circa il 6 per cento. Al ritmo attuale, avvertono le Nazioni Uniti, ci vorranno più di 70 anni per porre fine al divario salariale tra maschi e femmine.