EURO. 20 ANNI E SENTIRLI TUTTI

Gli italiani ricordano molto bene il 1 gennaio del 2002. Lo ricordano e ne parlano ancora con rimpianto e nostalgia, ma si sa, il popolo italiano è da sempre abituato a rinvangare, siamo il popolo di “quando c’era lui” e di “tornerà baffone”. E, nel caso specifico, si sente spesso dire “quando c’era la lira” si stava meglio e si guadagnava di più. Ma sarà poi vero? E poi, quando è nato ufficialmente l’euro come moneta? Bisogna iniziare dalla preistoria dell’Unione Europea, quando questo concetto era solo una vaga astrazione nella mente di qualche politico, e si deve tornare al 1957, quando 6 stati, ossia Belgio, Italia, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi, firmarono i Trattati di Roma, che diedero vita alla Comunità Economica Europea. Era un sogno di unione e comunione, sorto sulle ceneri ancora calde della guerra, sviluppato sulla base di una Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, nata nel 1951, che aveva provato a porre le basi per una civile condivisione di risorse. Dopo circa venti anni il passo successivo fu di creare un sistema comune per la circolazione delle valute, il Sistema Monetario Europeo, concepito per limitare la fluttuazione dei tassi di cambio tra monete. Lo scopo era di non penalizzare gli stati più poveri, ed in parte servì ad arginare conquiste economiche da parte di altri stati. Nel 1979 si provò ad introdurre una sorta di valuta comune, l’ECU, una sorta di cassa comune in cui bilanciare le diverse valute europee. Un fallimento a livello economico, che ancora oggi pesa per le tasche di diversi cittadini italiani, convinti, all’epoca, a stipulare mutui rivelatisi poi insostenibili. Sarà poi nel 1992, con il Trattato di Maastricht che verranno fissati i criteri per aderire ad una futura Unione Monetaria, per transitare dal sogno alla realtà, e 12 paesi si trovarono concordi nel definire i requisiti da rispettare per entrare a pieno titolo in questa unione economica. Poi la scelta del nome Euro, nel 1995 a Madrid, e finalmente, il 1 gennaio 1999, l’euro diviene la forma di pagamento per le transazioni non fisiche, tra tutti gli stati membri dell’Unione Monetaria. L’Italia si farà notare anche in quella occasione, perché grazie all’indebitamento eccessivo viene accettata con riserva, grazie anche alla cartolarizzazione degli immobili degli enti previdenziali, venduti senza tutele per gli acquirenti e con una legge creata appositamente per sgravare gli enti da obblighi relativi alle concessioni edilizie. Una moneta unica da contrapporre ai dollari americani ed al petrolio arabo, controllata dalla Banca Centrale Europea, istituita nel 1998 proprio per definire i parametri di utilizzo della neonata valuta. Ma solamente nel 2002 l’euro entrò fisicamente nei portafogli degli italiani, anzi, a causa di un mancato controllo sui cambi, che vide uno scambio di accuse tra le parti politiche di riferimento in quel periodo, si potrebbe dire che l’euro svuotò i portafogli della popolazione, andando a dimezzare, e non semplicemente metaforicamente, i guadagni di ogni cittadino. Nel periodo compreso tra la nascita dell’euro ed il 2015, i paesi aderenti arrivarono ad essere 19, grazie anche alla crisi finanziaria del 2008, che convinse gli stati scettici della necessità di un ombrello economico comune. Una serie di congiunture portò alla definizione di nuovi parametri e nuove teorie economiche, ma per la popolazione europea tutto si è sempre ridotto a termini come spread e cambio rispetto al dollaro, perché ciò che conta, per il cittadino medio, è ovviamente il proprio portafoglio, il proprio conto corrente. Ed è innegabile che, a livello personale, si sia percepito una sorta di impoverimento personale, sulla scorta della differenza relativa alle buste paga, ed alla equazione “due milione di lire sono diventati mille euro”, sulla bocca di chiunque lavori da prima del 2002. Forse solamente i millenials, i nati dopo il 2000, non citeranno la lira come riferimento, ma l’euro non ha di certo unito gli europei, avvantaggiati solamente dal poter fare acquisti senza dover cambiare valuta quando si recano in uno stato membro dell’Unione. Parafrasando Massimo D’Azeglio si può dire che “fatto l’euro bisogna fare gli europei”, e questa resta la parte più difficile. Buon compleanno euro, i tuoi venti anni li sentiamo tutti.