RIEN NE VA PLUS PER L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA: IL GOVERNO ALLA RESA DEI CONTI

Nulla è più valido. I giochi sono fatti, dice il croupier nel gioco della roulette quando, essendo in movimento la pallina, non si possono più accettare puntate. Due chiavi di lettura ed entrambe importanti sul punto.Una è che ormai non c’è più niente da fare. L’altra intesa nel senso che, come la pallina che gira determinerà la vincita, saranno gli eventi successivi a determinare il futuro in gioco. Un battito di ali di farfalla in un punto dello spazio e del tempo a cambiare i percorsi della Storia. Elezioni europee. Il battito di ali di farfalla a cambiare gli scenari della politica italiana. Il 34 per cento di consenso alla Lega ha ribaltato le posizioni di forza all’interno del gruppo dell’esecutivo, ha demolito le forze pentastellate e dato in mano al leader del Carroccio un immenso potere nel dettare l’agenda di governo. La Lega oggi batte cassa. Lo fa nel momento di massima vulnerabilità dell’ alleato di governo, stretto nell’angolo dalla difficoltà delle scelte che in fondo si traducono nel dilemma: governare a questo costo altissimo o staccare la spina. E batte cassa sui punti essenziali del proprio programma divenuti , poi, elementi imprescindibili del contratto di governo. Trattasi di sei “condizioni” poste come cronoprogramma, dissimulanti, in realtà, un vero e proprio ultimatum. _Altrimenti,tutti a casa_(e i Cinque stelle sanno molto bene che tornare al voto adesso, sarebbe il disastro, la loro fine). La Lega chiede non solo Tav, norme sui cantieri, decreto sicurezza, riforme fiscali e riforma della giustizia. Ma il suo cavallo di battaglia resta “l’Autonomia differenziata”. E vuole tutti questi ok entro l’estate. Qualche osservatore maligno avrebbe considerato che per potere tornare al voto a settembre la crisi dovrebbe essere aperta entro il 15 luglio. Ma tra rassicurazioni, notizie di disgelo fra il capo politico riconfermato dei Cinque Stelle appena dopo la debacle, e il “premier in pectore” la pallina gira sulla incognita “autonomia” . Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, fremono e incessantemente chiedono la definitiva discussione in Consiglio dei Ministri delle Intese elaborate. Scalpita il ministro per gli Affari Regionali, Erika Stefani, e i governatori delle tre nordiche regioni che hanno elaborato le intese. Ben 23 materie quali Cultura, Sanità, rapporti internazionali, programmazione e gestione delle autorizzazioni per le fonti energetiche che rappresentano il cuore di uno Stato vengono devolute integralmente alle regioni. Autorevoli esperti parlano di vera e propria “secessione mascherata” e non semplicemente di autonomia. Rumoreggiano alcuni governatori meridionali, in testa De Luca e si sentono altri cinguettii che non impensieriscono il progetto, anzi il sogno mai sconfessato della Lega. Ma vi è da osservare chechi oggi si batte il petto, chi dagli scranni parlamentari dell’opposizione lancia strali e anatemi, dovrebbe fare un mea culpa enorme avendo dato origine allo scempio e alla deriva odierna con la modifica nel 2001 del titolo V della Costituzione. Dovrebbe pentirsi di avere dato nel 2018, governo Gentiloni, il via libera alle intese Stato/ Regioni foriere del grande misfatto tutto italiano delle “autonomie rafforzate” Forse non tutti sanno che questo regionalismo differenziato coinvolge il Sapere nazionale, la Salute dei cittadini, e tanti altri nevralgici aspetti che fanno di uno Stato una nazione. Che i ragazzi a scuola, secondo la latitudine in cui vivono, potrebbero essere costretti a studiare chi solo Cavour e storia sabauda e chi solo Borboni o Pitagora. Che i medici o i professori o i vigili o i poliziotti dovrebbero avere atto di nascita e certificato di residenza nelle regioni virtuose. Il procedimento, una volta portato in Consiglio dei Ministri ha un iter speciale. La bozza di disegno di legge da sottoporre al VOTO e non al VAGLIO del Parlamento, trattandosi di una procedura rafforzata di approvazione delle intese, viene recepito dalla Commissione legiferante, trasformato in disegno di legge che poi le Camere dovranno approvare a maggioranza assoluta senza discussione.” Rinforzata” significa che il ruolo del Parlamento è di mero recepitore, un notaio atto a ratificare quanto già in altra sede stabilito. In gergo tecnico/popolare: la politica del prendere o lasciare!Come quella che starebbe proponendo in queste ore proprio la Lega. Sfugge probabilmente a tutti i politici qualche passaggio essenziale, nulla che un bravo costituzionalista o un attento lettore della Costituzione non possa comprendere: nel caso di legge con procedimento di approvazione rinforzata quale questa, la funzione del Parlamento è solo quella. “notarile”, dovendo solo ratificare quanto di fatto già formalizzato dal governo e poi dalla Commissione. Alcuni esperti costituzionalisti fra cui il prof. Andrea Patroni Griffi, tre presidenti emeriti della Corte costituzionale Francesco Amirante, Francesco Paolo Casavola e Giuseppe Tessuto e altri illustri docenti avevano persino sottoscritto un testo inviato al Presidente della Repubblica e ai presidenti di Camera e Senato. In questo documento era dato leggere l’accorato appello alle Istituzioni destinatarie della missiva, affinché impedissero la delegittimazione del Parlamento che deriverebbe dall’iter che l’esecutivo al momento pare volere seguire. Secondo gli esperti, infatti, la portata della innovazione non può relegare il ruolo delle Camere a quello di mere scribacchine di accordi, su un argomento che merita il più ampio dibattito parlamentare. I firmatari della lettera evidenziavano che il ruolo del Parlamento, nell’articolo 116 della Costituzione è finalizzato a tutelare le istanze unitarie a fronte di richieste autonomistiche avanzate dalle Regioni che possono pregiudicare la tenuta unitaria dello Stato. Evidenziavano il ruolo cardine che il Parlamento aveva ricoperto proprio già nel 1972 quando erano stati approvati i primi Statuti. I rinvii delle scorse settimane sul recepimento in commissione della bozza di intesa tra regioni e governo da sottoporre, si ribadisce, al voto e non al vaglio del Parlamento, avevano fatto tirare un sospiro di sollievo ad analisti ed esperti. In realtà era solo una tregua preelettorale. Finita la kermesse si è tornati alla carica. Una devoluzione di ben 23 materie mette in discussione seriamente la tenuta dello Stato unitario e lo stesso perseguimento della “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti sociali e civili”. Oggi in queste materie è prevista costituzionalmente la legiferazione concorrente Stato/Regione. I livelli essenziali delle prestazioni, furono presi in considerazione quando nel 2001 venne dato dai governi di centro sinistra il via libera alla modifica del titolo V della Costituzione, anzi al suo scempio. Essi devono per legge essere garantiti su tutto il territorio nazionale perché fondati sui princìpi inviolabili sanciti dalla Costituzione. Trattasi di indicatori riferiti al godimento dei diritti civili e sociali che devono essere determinati e garantiti, sul territorio nazionale, con la funzione di tutelare l’unità economica e la coesione sociale della Repubblica, rimuovere gli squilibri economici e sociali (federalismo solidaristico) e fornire indicazioni programmatiche cui le Regioni e gli enti locali devono attenersi, nella redazione dei loro bilanci e nello svolgimento delle funzioni loro attribuite. Un dato importante che le Intese pare non tengano in debita considerazione è che“la legge delega sul federalismo fiscale prevedeva che il finanziamento delle spese relative ai LEP dovesse essere commisurato a fabbisogni, la cui quantificazione doveva avvenire con riferimento ai costi standard associati alla loro erogazione in condizioni di efficienza e appropriatezza su tutto il territorio nazionale e non alla spesa storica”.(cfr. enc. Treccani) Si comprende benissimo come i Lep siano un punto nodale da definirsi antecedentemente ad ogni discussione inerente le Intese . Invece, tanto il Ministro Stefani,in commissione bicamerale per le questioni regionali, quanto il sottosegretario Giorgetti in commissione per l’attuazione del federalismo fiscale, hanno sostenuto che i Lep non saranno definiti prima delle Intese, che occorre procedere speditamente alla attribuzione di funzioni e poteri tenendo conto in questo momento della ” spesa storica” ( ribaltando il senso degli stessi lep). Si tace, però, sul fatto che la ” spesa storica” danneggia il Sud. Si omette di affermare che non considerare i Lep e predeterminarli significa glissare sul fatto che un vero welfare deve comportare per ragioni obiettive e non assistenziali una trasfusione di risorse da Nord a Sud. Si mistifica la realtà omettendo di considerare, o se considerandolo,non prendendolo come punto di partenza, che vi è iniquità nella distribuzione del fondo sanitario parametrata sull’ età a scapito del Sud. Si tace.Anche le Intese nella loro reale portata rimangono, al momento, riservate. Però il ministro asserisce che sia stato cercato un punto di “equilibrio”. Ai tecnici e agli esperti sorge spontanea una domanda:_ è stato trovato o solo meramente cercato?_ Il ministro dell’economia è scettico. Nella sua disamina riterrebbe non chiari gli oneri sulla finanza pubblica e i costi in lacrime e sangue per gli italiani. La Lega accaparra voti al Sud e si batte per l’ autonomia del Nord, un ossimoro sociale che pare non inficiare in alcun modo il cammino inarrestabile e incontrastato verso destra del paese. Il Movimento 5 Stelle sul punto delle autonomie rinforzate tace, mentre si lecca le ferite ricevute nell’ultima kermesse elettorale, non comprendendo che il silenzio, l’acquiescienza su questioni nevralgiche per il paese, sono forieri di ulteriori future débâcle. Rien ne va plus, les jeux sont faits. Adesso la Lega vuole riscuotere. Il banco sta probabilmente per saltare.E il Sud, forse, si avvia a celebrare la sua ultima Festa della Repubblica : Una, democratica, unita e fondata sul lavoro e su una Costituzione sempre più libro polveroso e meno cuore italiano.