CRISI DI GOVERNO: FIN QUI TUTTO COME PREVISTO, MA ADESSO?

CRISI DI GOVERNO: FIN QUI TUTTO COME PREVISTO, MA ADESSO?

Probabilmente ci troviamo di fronte ad una delle crisi di Governo più annunciate e, al tempo stesso, di più difficile soluzione, che la storia repubblicana ricordi. Che il Governo sarebbe caduto in tempo per potersi sottrarre alla prossima finanziaria e che a farlo cadere sarebbe stato Matteo Salvini è cosa ripetuta ormai da mesi fra politici e addetti ai lavori: tanto tuonò che piovve. Ovviamente la versione ufficiale con cui la lega sta sfiduciando l’esecutivo, ossia l’impossibilità di governare a causa dei troppi no, è del tutto irreale. Una delle principali cause dell’emorragia di voti dei 5 Stelle è infatti l’inesauribile serie di luci verdi (in ogni senso) date al carroccio: che si sia trattato di TAO, Ilva, politiche migratorie e, da ultimi TAC e Decreto sicurezza, il Movimento ha costantemente piegato i propri istinti di base alla causa della sopravvivenza di governo, ottenendo peraltro in cambio ben poco, a parte una versione molto edulcorata del reddito di cittadinanza. Le ragioni della crisi sono di tutta evidenza altre e certamente l’inversione del rapporto di forza fra le due parti di governo ha certamente spinto la Lega a voler capitalizzare il quasi 40% che i sondaggi gli accreditano. C’è però ovviamente dell’altro: la necessità di affrontare la finanziaria ad esempio, con la conseguente necessità di reperire i miliardi necessari per non far scattare l’aumento dell’IVA, oltre ai fondi senza i quali per un ulteriore anno le promesse elettorali leghiste di taglio cospicuo delle imposte (la famosa falt tax al 15% promessa durante la scorsa campagna elettorale) sarebbero destinate a rimanere tali. Nella decisione della Lega ha probabilmente un ruolo rilevante anche la situazione internazionale: lo sfondamento in Europa del fronte sovranista non c’è stato e ci troveremo di fronte ad istituzioni europee ancor più ostili di quelle della passata legislatura, con in aggiunta lo smacco di avereUrsula von der Leyenalla presidenza della Commissione anche grazie al voto dei 5 Stelle. Da ultimo si aggiunga l’apertura del dossier Savoini e dei così detti fondi russi che, proprio in ottica europea, potrebbero rilevarsi estremamente scottanti, e si vedrà come la tempesta perfetta che ha fatto naufragare la scialuppa di Conte abbia veramente poco a vedere con la mera attività di Governo tranne, probabilmente, con un nome: Giovanni Tria. Si perché, prima della destata d’orgoglio del Conte degli ultimi giorni, l’unico vero freno alle pretese leghiste è stato proprio il Ministero presieduto da Tria, non a caso esponente imposto e mai veramente sopportato dalla compagine governativa. Perché, in effetti, dire che la Lega voglia in assoluto sottrarsi dalla prossima finanziaria non è probabilmente corretto: è semmai più giusto specificare che Salvini non intenda affrontare la prova dovendo sottostare ai vincoli di bilancio che fino ad ora Tria in primo luogo, e per sua mano l’Europa hanno imposto. Certamente questa prospettiva viene per lo più considerata dagli economisti (eccezion fatta quelli che si inventano i mini-bot) l’equivalente del suicidio assistito perché, come spesso molti di questi fanno notare, prima ancora che da imposizioni politiche, i vincoli derivano da imposizioni dei mercati che vedrebbero in maniera preoccupante un aumento incontrollato del debito pubblico italiano, unica alternativa per mettere in cantiere la manovra che ha in mente Salvini. Del resto, l’atteggiamento di Salvini (e di Giorgia Meloni peraltro) nei confronti dell’Europa è chiaro: vuoi che si tratti di cosciente voglia di uscire da Europa ed Euro, vuoi che si pensi di poter tirare la corda e bleffare, convinti che l’Europa per prima, dopo la Brexit, non possa permettersi una Italexit, ciò che emerge è una totale chiusura. Se questo è vero, la crisi che si è appena aperta ha le tempistiche perfette proprio per soddisfare le esigenze della Lega che sembrerebbe uscirne in ogni caso vincente. Il blitz della crisi di palazzo non è riuscito per l’opposizione di Conte, probabilmente indirizzato dal Colle, alle dimissioni senza una parlamentarizzazione della vicenda, particolare che quantomeno lascia aperta più di una porta. Tuttavia, si fa veramente fatica ad individuare vie d’uscite indolore nel breve periodo: Rimane certamente la possibilità di valutare maggioranze alternative che, va detto in maniera netta, sarebbero non solo pienamente legittime dal punto di vista costituzionale, ma anche coerente sotto quello politico, quantomeno considerando che lo stesso Governo uscente è stato sorretto da una maggioranza nata dopo le scorse elezioni e non da un accordo preelettorale. Il rovescio della medaglia è però rilevante: su un Governo temporaneo, o di scopo o comunque lo si voglia chiamare, peserebbe l’onere di una finanziaria lacrime e sangue, da approvare sotto il fuoco dell’opposizione certa e tracotante della Lega e di altre forze politiche che non la sosterrebbero in alcun caso (vedasi FdI), con il risultato probabile che alle elezioni che seguiranno il fronte sovranista abbia numeri ancora maggiori. Insomma, il rischio è che per salvare il salvabile (economicamente parlando) il Governo di scopo finisca per essere semplicemente qualcuno che leva le castagne finanziarie dal fuoco a Salvini e poi gli faccia spazio. Tolta questa possibilità, rimane il ricorso alle urne che, tralasciando problemi non secondari come la ristrettezza dei tempi per chiudere la legge di bilancio, stando ai sondaggi, affiderebbe probabilmente l’Italia ad una coalizione Salvini-Meloni, con le conseguenze già dette sul piano economico ed internazionale. Il resto è, ad oggi purtroppo, meramente decorativo: nel centrosinistra il PD, perso nella “costituente delle idee” sembra sempre in ritardo sugli eventi, mentre sia fra i dirigenti che nelle basi ci si divide fra chi, come Calenda, ritiene che si debba riunire in una grande coalizione chiunque ci stia, dalla Carfagna in giù, e chi invece continua a discutere se sia meglio una sinistra radicale o una più liberista. Il resto del centrodestra è ormai inesistente: Forza Italia, ormai praticamente irrilevante stando ai sondaggi, è destinata a dividersi fra chi cercherà di agganciare la propria scialuppa al traino leghista e chi proverà a fare qualcosa di differente, fatto peraltro preoccupante perché certifica che, di fatto, oggi in Italia non esiste una forza conservatrice moderata d’ispirazione popolare e il panorama a destra è diviso fra sovranisti e sovranisti, ma di colore differente, condizione che se protratta nel tempo, oltre che mutare il DNA dei dirigenti di partito, finirà per mutarne anche l’elettorato. La parola adesso è (e verrebbe da dire per fortuna) al Presidente della Repubblica che, tanto per dare un segnale su chi sia a decidere i tempi della crisi, ha risposto alle dichiarazioni di dichiarata fretta fatte da Salvini, con qualche giorno di ferie presso la tenuta presidenziale in Sardegna. In ogni caso, miracoli presidenziali a parte, sembra proprio che la situazione sia destinata a peggiorare ulteriormente prima di poter migliorare. Probabilmente alla fin fine, non sarà esattamente “un anno bellissimo”.