IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO? C’ERA UNA SVOLTA

IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO? C’ERA UNA SVOLTA

Vabbè è fatta e più non dimandar, dicono, lasciamoli lavorare e vediamo cosa sono capaci di fare, ma noi il ruolo di spettatore che mangia popcorn lo lasciamo a Renzi, lo stesso che ha lavorato prima per distruggere la sinistra e poi perché si facesse un governo M5s-leganord. La delusione di chi come noi tiene a cuore le sorti del Sud per il finale della telenovela in 90 puntate da una al giorno, è tale che ci spinge a negare la benedizione al governo della svolta mancata. Vediamo perché. Pur di farlo, questo governo, il M5s ha ceduto su tutti i fronti. Un premier tecnico, seppur meridionale dopo 29 anni, del quale però non si sa nulla e non si capisce che cosa abbia fatto di politico al di là della propria onorevolissima carriera professionale e che intenzioni abbia, vedremo. La cessione del vice premierato al 50% tra di Maio e Salvini. Sette ministri riconducibili al M5s e ben sei alla lega che ha la metà dei voti, e che ministri, vediamoli. Stendendo un velo pietoso sulle salvinate che tutti conosciamo, affidare il delicato ministero degli interni e della sicurezza pubblica a un gradasso condannato per oltraggio, che manda al Senato il presidente del suo partito condannato per una truffa allo Stato di una cinquantina di milioni, parla da sé. Mentre la ministra agli affari regionali, e che affari, Stefani, svela da subito il vero scopo della lega. Regalare l’autonomia amministrativa alle regioni, a partire da Lombardia e Veneto. Le stesse regioni leghiste che hanno indetto una costosa farsa di referendum quando sarebbe bastata una lettera al Ministero, come ha fatto l’Emilia Romagna. Lo scopo del referendum caldeggiato da lega, Fi, M5s del nord e dallo stesso Pd, il partito unico del nord insomma, è chiaro come il sole. Fare in modo che le due ricche regioni possano tenere per sé ben 35 miliardi di euro l’anno di surplus, chiamato eufemisticamente “residuo fiscale” che è solo il risultato di tutti i privilegi ottenuti da decenni di investimenti pubblici, dirottati solo e soltanto verso una sola parte del paese, il Nord, più di tutto dalla nascita della lega nord. Ogni regione amministri i soldi che ha, dicono, quelle del Nord si terranno più ricchezza, quelle del Sud più povertà. Ricchezza e povertà prodotte a tavolino da un politica nazionale scellerata. Ma tant’è, l’uomo è un animale opportunista che fa dell’egoismo la sua arma di difesa. Autonomia regionale messa a contratto e affidata a una leghista, come affidare una pecora a un lupo affamato. Ministro per l’agricoltura è un tal Centinaio, famoso per le sue urla in senato contro i “terun de merd” e le sue amicizie perigliose con l’estrema destra. Gli agricoltori meridionali si chiedono se, visto il suo amore per il Sud, riuscirà a superare la furbizia di Zaia, altro leghista già ministro all’agricoltura, che nel trattato del Ceta fece inserire solo tre oli d’oliva Dop, tutti e tre del Veneto, che gli ulivi li vede in cartolina. Alla famiglia il più pericolosamente “folcloristico” Fontana, che spruzza zampilli di medioevo prossimo venturo, negando pari opportunità ai “diversi”. Alla pubblica istruzione un prof di educazione fisica, il leghista Bussetti, che non sappiamo se potrà superare la mezza leghista Gelmini, la quale ebbe il coraggio di cancellare gli scrittori meridionali del ‘900, anche Nobel, dalle indicazioni di studio per i licei. Sorvolando sul fondamentale ministero dell’economia, affidato al leghista Tria, controfigura di Savona, la squadra leghista si completa con la Bongiorno alla P.A., origini destrorse, a ribadire la natura retrograda della lega che salda il razzismo antimeridionale a quello più generale, variamente diffuso nel mondo. In quanto ai ministri 5stelle, cogliamo la nota positiva di Sergio Costa all’ambiente, storico militare campano, inflessibile nel suo contrasto alle ecomafie. Scartato, chissà perché l’ottimo prof. Pasquale Tridico, che propugnava di destinare al Sud il 34% della spesa pubblica, com’è diritto del 34% della popolazione italiana che ne riceve solo il 25%, c’è poi la mezza nota del ministro per il Mezzogiorno Barbara Lezzi, inserita a tempo scaduto per sedare l’ira del Sud, ma senza portafoglio. Come se al Sud di persone senza portafoglio non ce ne fossero già fin troppe. Alle infrastrutture, c’è poi Toninelli, veneto, la sua prima dichiarazione è stata che approverà solo le opere ferroviarie che abbiano un vantaggio tra costi e benefici. Se ciò significa fermare Tav in Val di Susa e Terzo valico ligure, va benissimo, se invece significa fare in modo che il Sud resti senza treni veloci o senza treni affatto, con il pretesto usato da Delrio che non vi sarebbe pareggio costi-ricavo, andiamo malissimo, le infrastrutture sono investimenti utili a favorire lo sviluppo di un territorio, negare strade, ferrovie, aeroporti e servizi come si fa con il Sud, è un modo per ostacolarlo. Ahinoi, la nostra avversione a questo governo ci espone a insulti e minacce, da parte di fanatici a quattro stelle e fascisti di ritorno. Se Renzi ci chiamava gufi quando, contestando la sua politica distruttrice dei diritti sociali, più di tutto di quelli del Sud, gli anticipammo la fine, dando un consistente contributo alla sua caduta e auspicando un governo a cinque stelle che ci facesse dimenticare le malefatte del bulletto di Firenze, ora che contestiamo la nascita malata del nuovo governo, i five stars ci chiamano disfattisti. Sì disfattisti, come il fascismo chiamava chi dubitava della forza di dieci milioni di baionette, questi condannano la nostra avversione all’uso improprio di undici milioni di voti portati in dote a un avido coniuge che li userà per soddisfare i propri vizi. Deboli gli argomenti a difesa di quest’alleanza spuria tra una forza che contiene molta gente pulita come il M5s, propugnatrice di un vero cambiamento e rispettosa dei diritti di tutti, persino del Sud cui sono negati da sempre, e un vecchio partito retrogrado e incolto come la lega, odiatore seriale di meridionali e stranieri, insulti razzisti da osteria, canottiere e rozzi rutti, esibiti da barbari qual si vantano di essere, in realtà un partito finanziato dai cumenda padani per tenere a bada le attività produttive di quei terun, che trent’anni fa facevano una pericolosa concorrenza economica al sistema produttivo del Nord, mettendo a rischio il fondamento stesso della nazione. Ricchezza industriale al Nord, povertà agricola al Sud, un Mezzogiorno utile solo a produrre mozzarelle e forza lavoro da esportare al Nord per ingrassare lorsignori e consumare il 70% delle esportazioni dell’industria settentrionale che, senza i venti milioni di acquirenti meridionali, fallirebbe in un giorno. Ora che lo stesso sistema produttivo padano, spacciato per nazionale, è messo a rischio dalla più forte concorrenza tedesca, si fanno partito “nazionale” e chiedono il sostegno del Sud. Quello stesso da loro insultato e depredato da trent’anni, utile stampella ai loro interessi territoriali.