TUTTI I NODI DEL CONSIGLIO EUROPEO
Il Consiglio europeo di giugno sembrava essere l’approdo di una serie di iniziative sul “futuro dell’Europa” avviate da tempo soprattutto dalla riflessione di Macron alla Sorbona.La questione migranti sembra invece aver preso il sopravvento e non è chiaro quanto tutti gli altri aspetti – ovvero riforma della zona euro e avanzamenti sulla difesa comune – riescano ad avere lo spazio adeguato. Ho provato a fare dei riassunti nei giorni scorsi:-Migranti, Dublino e Schengen:https://www.facebook.com/paolo.sinigaglia/posts/10216883635701877-Unione economica e monetaria:https://www.facebook.com/paolo.sinigaglia/posts/10216898403431061-Politica di sicurezza e difesa:https://www.facebook.com/paolo.sinigaglia/posts/10216921662372520 L’impressione è di un’Europa bloccata dai veti incrociati, dall’irrigidimento di alcuni e dalle ambizioni frustrate di altri. I progressi arriveranno soprattutto sul versante della difesa che è quello meno in vista, qualche sviluppo è atteso anche sul campo dell’economia, gelo sulla questione migranti che potrebbe vedere anzi pericolosi passi indietro. Europa e difesa (1 di 3) Un continente «sovrano, strategico e autonomo» entro il 2024 Macron e Merkel sono quelli più ambiziosi al riguardo: nella “dichiarazione di Mesenberg” propongono:-la creazione di un “Consiglio di sicurezza UE” per un migliore coordinamento,-la possibilità di usare la maggioranza in questo settore (nei lavori dei vari Consigli): attualmente nel settore si usa l’unanimità,-una presenza unificata al Consiglio di sicurezza ONU,-la creazione di una “Iniziatia di intervento europea” ovvero una forza di reazione rapida europea che collabori con la PESCO, la cooperazione strutturata in materia di progetti industriali sulla difesa,-di continuare a sviluppare i loro progetti congiunti per un nuovo sistema di combattimento di terra e uno di aria (vuol dire un carro ed un aereo),-di progredire verso un’Europa della difesa maggiormente integrata sia negli aspetti civili che in quelli militari, sia per gli strumenti di gestione delle crisi che quelli di risposta dell’UE. Insomma, un bel pacchetto di progressi in un settore a lungo trascurato dall’integrazione per i veti incrociati nazionali: poi non so quante di queste idee passeranno al tavolo del Consiglio… Europa e difesa (2 di 3) Aumentano i fondi per la Difesa Ue, la Commissione propone 23 miliardi per il periodo 2021-2027 La Commissione ha definito il budget del nuovo Fondo europeo per la Difesa (EDF) che avrà una dotazione settennale di 13 miliardi di euro (dovrà essere confermato da Consiglio e Parlameto). Si tratta di uno degli aspetti fondamentali della PESCO, ovvero (al momento) la collaborazione nel settore dell’industria e della ricerca sui sistemi di difesa. In particolare il fondo riserverà 4,1 miliardi per finanziare progetti di ricerca, e altri 8,9 miliardi andranno a co-finanziare il costo di prototipi: i progetti di collaborazione dovranno riguardare almeno tre paesi membri.La Commissione ha deciso poi di creare fuori bilancio un nuovo strumento finanziario del valore di 10,5 miliardi di euro, chiamato Fondo europeo per la pace. Il denaro deve servire a finanziare missioni militari all’estero e facilitare la partecipazione europea alle operazioni di pace. Finanziato da contributi nazionali, il nuovo strumento «coprirà spese che non possono essere fatte direttamente dal bilancio comunitario a causa delle loro implicazioni militari e di difesa», spiega Bruxelles.Si aggiungono poi i 6,5 miliardi per la mobilità militare, destinati allo strumento denominato “Connecting Europe facility” che sarà utilizzato per migliorare le infrastrutture strategiche dei trasporti, al fine di renderle più idonee agli aspetti di difesa. Si tratta del “meccanismo per collegare l’Europa” dal punto di vista militare.Da tempo, la Commissione europea sta sottolineando le inefficienze del settore militare a livello europeo. Il confronto con gli Stati Uniti salta agli occhi. L’Europa conta 178 sistemi di armamenti (rispetto a 30 in America), 17 tipi di carri armati (uno oltre-Oceano), 29 tipi di fregate e di cacciatorpediniere (4 negli Stati Uniti), e 20 tipi di caccia (rispetto ai sei nelle forze armate americane). Gli investimenti nella difesa dei paesi europei rappresentano l’1,34% del prodotto interno lordo. Europa e difesa (3 di 3) Nove paesi UE hanno lanciato una forza di intervento rapida europea In parallelo 9 paesi europei hanno deciso di prendere parte ad una forza di intervento rapida europea (European Intervention Initiative): a firmare il programma, oltre al Paese transalpino, Germania, Danimarca, Estonia, Spagna, Portogallo e i tre del Benelux. In futuro potrebbe aderire il Regno Unito. Non c’è l’Italia che dopo aver partecipato alla fase iniziale di costruzione dell’iniziativa, con il governo Conte ha deciso di restarne fuori (per ora).L’idea di fondo – spiegavano i francesi – (che sono i padri dell’iniziativa) è di avvicinare gli stati maggiori dei paesi partecipanti per essere in grado in futuro di intervenire nei teatri di guerra, anche se non necessariamente ad alta intensità: ad esempio in situazioni in cui devono essere prese decisioni rapide come una catastrofe naturale o l’evacuazione di civili. La Francia però pensa anche a non ritrovarsi sola come invece avvenuto nel Mali nel 2013. Esistono già una serie di iniziative di integrazione in questo settore (EuroCorps, EuroMarFor, EuropeanAirGroup): forze composte da differenti paesi che hanno lavorato soprattutto per le “missioni di Petersberg”, oltre ai Battelgroup UE, ad EuroGendFor e a diversi Centri tecnici: ci sarebbe lo spazio per lavorare ad un’unificazione delle iniziative. Dopo la Brexit l’integrazione in questo settore si è messa in moto in modo quasi forsennato: l’UK ha sempre tentato di frenare qualsiasi sviluppo. L’ambizione della Francia di Macron traina il processo ed è una strana nemesi se pensiamo che proprio la Francia di De Gaulle prima portò avanti l’idea dell’esercito europeo e della CED (Comunità europea di difesa) che portava in dote anche la CPE (Comunità politica europea) e poi l’affossò definitivamente nel 1954. La storia del continente avrebbe potuto avere un percorso diverso visto che da questo fallimento si decise di ripiegare sul piano economico per far progredire l’integrazione. Oggi abbiamo una serie di novità sui fondi per ricerca e progetti industriali comuni già decise sul piano PESCO (Cooperazione strutturata permanente a cui aderiscono 25 paesi UE), che aspettano solo il via libera di Consiglio e Parlamento ma non dovrebbero avere problemi visto l’obiettivo comune di avviare sinergie per abbattere le spese.A questi si aggiungono la novità della “Iniziativa di intervento europea” (E2I), la forza di intervento a 9 (aperta a nuove adesioni): il progetto attira scetticismo di alcuni paesi per l’attivismo della Francia e anche dubbi della NATO che si preoccupa di eventuali sovrapposizioni. Il rischio è di creare duplicazioni con i Battlegroups UE, l’opportunità è di accelerare sulla strada dell’esercito comune.Alla fine si tratta del solito dilemma tra approfondimento ed allargamento: la struttura a 9 può essere più ambiziosa mentre quella a 25 è più inclusiva.Le ambizioni più avanzate dell’asse Macron-Merkel rimangono ancora sullo sfondo: il “Consiglio di sicurezza UE” rimane per ora solo un nome suggestivo, l’uso della maggioranza per le decisioni solo un miraggio in un settore in cui spesso gli stati procedono in ordine sparso e per questo tengono al diritto di veto, il seggio unico al Consiglio di sicurezza ONU dopo la Brexit resta un sogno. Il margine di progresso in questo campo però è grandissimo: questo potrebbe essere il settore su cui più si concentrerà la spinta all’integrazione europea nel prossimo futuro, sempre che non venga eclissato dal tema delle migrazioni. Considerato lo scenario di disimpegno degli USA dalla NATO e le sfide ai confini UE, non paiono esserci molte alternative all’attivismo europeo.
