EUROPA ED ECONOMIA LE CONCLUSIONI

Premessa: nessuno in un momento di crescita si mette più a contestare i parametri di Maastricht, nessuno urla più al fiscal compact come al mostro assoluto visto che non viene applicato, nessuno lancia strali verso il pareggio di bilancio che non si ottiene.Tutti (anche il governo dei fasciopopulisti gialloblu) hanno capito che le regole europee sono solo una cornice di stabilità necessaria per non sfasciare la moneta unica (se la crisi di un paese contagia tutti gli altri) mentre la sostanza è nazionale: i paesi devono raggiungere il sentiero di riduzione del debito per non fallire, per diventare meno dipendenti dai mercati e per recuperare sovranità.Ora, superata l’emergenza della crisi, è necessario che oltre alla politica monetaria europea nasca l’altra gamba, ovvero quella della politica economica europea che ne faccia da contraltare.La sfida è andare avanti a costruire un nuovo modello federale e non tornare indietro ai paesi nazionali come vorrebbero i sovranismi.E allora su questo schema si andrà avanti ma con cautela: gli egoismi nazionali sono molto forti e tendono a frenare le evoluzioni.Arriverà un Tesoro europeo con pochi soldi a disposizione: bisogna vedere come sarà finanziato (servirebbero tasse europee), quali saranno le condizioni della spesa (servirebbero obiettivi non troppo ristretti) e chi lo controllerà (servirebbe un Ministro dell’economia incardinato nella Commissione ma pare per ora accantonato).Arriverà la trasformazione del MES in un Fondo Monetario Europeo che deve stare attento a non pestare i piedi alla Commissione ma su cui i governi non vogliono togliere le mani.Arriverà un programma più o meno delineato per il completamento dell’Unione bancaria che è un tassello fondamentale per mettere in sicurezza tutto il sistema economico europeo.Quello che è chiaro è il percorso che hanno in testa tutti i paesi del nord e con cui bisogna fare realisticamente i conti. Dicono “prima mettiamo inseme le spese, poi metteremo insieme i debiti”. Vuol dire: “quando avremo certezza che i conti non esplodano (perché altrimenti il conto da pagare potrebbe essere nostro) possiamo pensare ad aumentare l’integrazione sul lato economico.” In altre parole: “prima la riduzione dei rischi e poi la condivisione dei rischi”.Insomma, diventeremo più europei quando saremo tutti più responsabili e impareremo a fidarci gli uni degli altri perché siamo sicuri che nessuno voglia fregare l’altro.È una visione un po’ cinica che dice due cose: l’Europa serve perché in un mondo globalizzato senza mettersi insieme si perde tutti ma l’afflato federalista in questo momento manca. Siamo in una fase di frenata del processo europeo: vedremo accelerazioni solo quando i progressisti sapranno vincere qualche elezione nazionale in più e diventare maggioranza in Europa.