RENZI, DOPO LA SCISSIONE GRANDE INCOGNITA PER IL GOVERNO

RENZI, DOPO LA SCISSIONE GRANDE INCOGNITA PER IL GOVERNO

Lo sapevamo. Non conoscevamo i tempi ma conosciamo la persona, e l’uomo politico (cosa non da poco!). Si è scritto tanto, forse troppo, ed è questo che spaventa un po’.Persino Grillo dispensa perle di saggezza scambiando lucciole per lanterne. “Renzi ha fatto indigestione di pop corn”. E, come Matteo Salvini, “è passato alla minchiata d’impulso”, afferma il garante dei 5Stelle.No, Beppe, non è così, Renzi è un politico ambizioso che ha in comune con Salvini solo la convinzione di essere intelligente quando in realtà è solo furbo, ma nell’accezione negativa del termine.Come tutti i furbi finisce per sbagliare, e non di rado. E’ mosso da un ego smisurato che lo porta a sopravvalutarsi; ammira Berlusconi del quale potrebbe considerarsi “figlioccio politico”, senza però avere né la statura né l’intelligenza del “padre”. Per capire bene il tanto chiacchierato gesto che l’ha portato a lasciare il suo amato PD, forse sarebbe meglio guardarsi intorno, scrutare il panorama e le persone che lo animano. Per questo credo che vadano riconosciuti, almeno da parte della sinistra, i meriti di Zingaretti. Non l’ha avversato né contrastato; non è caduto nella trappola della reazione quando poteva farlo cercando invece il dialogo con una persona che non ammette mai il confronto, che lo evita perché non esiste altro verbo se non il proprio. Ma il nuovo segretario del PD non ha accettato il terreno di scontro. Non ha faticato perché la cosa che più gli premeva era quella di rilanciare l’unità del suo partito.Non ha potuto però impedire che fosse lo stesso Renzi a sbagliare. Come puntualmente è avvenuto.Non resta che cercare di riflettere sulle ragioni che hanno portato il Matteo toscano a sbagliare. Innanzitutto gli va riconosciuta obtorto collo, una certa coerenza… nel perseguire l’errore; ma del resto al carattere non si comanda. Non è mai cambiato; continua a recitare la parte del rinnovatore, anche se gli si addice di più il ruolo di affabulatore. “Il partito novecentesco non funziona più. Voglio fare una cosa nuova, allegra e divertente ma che metta al centro i problemi. I parlamentari li ho lasciati tutti a Zingaretti. Basta con questa cosa che se faccio una cosa io c’è sempre un retro-pensiero”. Quattro frasi, dieci bugie. Ha la coscienza sporca e cerca di anticipare chi lo critica. Ha capito solo che la miglior difesa è l’attacco. Chi non ricorda i tempi della sua ascesa, quando salì alla ribalta vestendosi da rottamatore mentre in realtà è l’emblema del conservatorismo politico più avanzato. Ha battezzato la sua nuova creatura con il nome di Italia Viva scegliendo per il lancio il salotto di Bruno Vespa. Parla del suo progetto, di un centro democratico riformista. Affiorano sempre di più i suoi geni democristiani. Non me ne voglia “l’eterno” Giulio se oso chiamarlo in causa ben sapendo che il paragone è improponibile. Però è così. Al divin Matteo serve un vestito per darsi un tono, non può evidenziare il suo vero gruppo sanguigno che appartiene alla famiglia dei liberisti.Ricorda un po’ l’ultimo dei Samurai, e non è un caso che si stia dimostrando come l’ultimo dei democristiani, razza nobile ma in estinzione. Ma di questi ultimi ha forse ereditato la parte peggiore. Quel modo ambiguo di richiamarsi al nuovo quando è stato il primo a far regredire la parte attiva della società, quella tenuta in piedi dai lavoratori verso i quali non si è fatto scrupoli nel momento in cui ha deciso di toglier loro i diritti fondamentali che lo Statuto prevedeva. Parla di rinnovamento proprio chi ha sdoganato il Jobs Act e l’abolizione dell’art.18??Forse non è un caso che tra i tanti fedelissimi che hanno preferito rimanere nel “vecchio” PD, lo abbia invece seguito qualcuno che ha sempre sostenuto la positività dei nuovi provvedimenti – dal Jobs Act alla stessa abolizione dell’ Art.18 – come la ministra Teresa Bellavia, nota alle cronache per essere stata vice del ministro Calenda (altro “nuovo”), che seguì la triste vicenda del più grande licenziamento collettivo degli ultimi 25 anni, quello dell’Almaviva, dove furono mandati a casa 1666 lavoratori. (E questa volta non c’entrano i vestiti o l’estetica ma qualcosa di molto più importante!).Come Berlusconi, ha necessità di essere in prima fila; di anteporre l’Io al Noi. Inutile girarci intorno, a chi scrive importa poco della scissione di un partito quanto delle possibili ricadute che questo evento potrebbe generare in un momento che sta per decollare un nuovo governo frutto di scelte che in realtà erano già state proposte nell’ormai lontano 2013 dallo stesso Pierluigi Bersani!“Grazie a Renzi se la crisi è stata arginata ed è nato questo governo”, è stato detto da qualcuno.Meglio allora dircela tutta e chiamare le cose con il proprio nome.Matteo Renzi, alias il “rottamatore”, ha semplicemente capito che se usciva dal parlamento e dal senato, dove conta(va?) ancora una larga schiera di seguaci che Lui stesso aveva sponsorizzato e indicato, la partita politica si sarebbe fatta dura per Lui anche all’interno del suo stesso partito, dove la maggioranza in direzione non era più certa. Quindi si è tappato il naso, mettendosi addirittura in prima fila (proprio lui che per anni ha visto i 5Stelle come il fumo negli occhi, ndr) per sostenere la proposta di alleanza con il Movimento di Grillo che poi ha portato al nuovo governo.“Conto sulla maggioranza degli eletti che mi danno una forza di non poco conto e dimostro che sono ancora il primo della classe e pure capace – se va bene – di salvare la democrazia” (poi riprendo in mano il partito, ndr.). Non c’è niente di eroico e, come scritto sopra, avrebbe potuto farlo nel 2013 quando l’aveva proposto Bersani!Questa è stata la sua logica perversa, e per questo racconta di essere vittima di maldicenti che pensano sempre che possa avere un retro-pensiero in tutto quel che fa. Ma più che la cronaca di quello che è il secondo suicidio politico annunciato, nel giro di poco tempo, ci preme fare chiarezza e capire bene le dinamiche che hanno spinto Renzi a volere la scissione.C’è risentimento e forse anche preoccupazione negli ambienti del centrosinistra, e non si può dar loro torto. In un momento come quello del varo di un nuovo governo, dove le forze politiche democratiche, (alcune fino a poco tempo fa lontane se non addirittura in conflitto tra loro) decidono di seguire l’aspetto prioritario difendendo la Repubblica dall’assalto sovranista dell’altro Matteo, il barbuto ex ministro degli Interni, Salvini, ci si aspetta che il fronte democratico non vada incontro a sorprese di sorta che potrebbero indebolirlo.Sembra che Conte sia stato prontamente avvertito dall’ex segretario del PD, che gli avrebbe annunciato la sua fedeltà, ma resta l’incognita della tenuta nel tempo e quindi del futuro di un governo che è nato con l’intento di durare per l’intera legislatura.Perché la scissione è avvenuta ora e non tra qualche mese? Perché adesso la convinzione di poter contare su un seguito consistente era senza dubbio più alta; cosa che nessuno avrebbe potuto garantire per il futuro. Elementare Watson!Oggi invece, Renzi può tenere col fiato sospeso tutti e magari ottenere qualcosa con maggior facilità, malgrado ci risulti che, personaggi inquadrati come “renziani doc”, abbiano confermato la loro decisione di restare nel PD.Persino Dario Nardella, sindaco di Firenze, che nello scacchiere politico renziano era considerato un intoccabile, ha dato il suo “no grazie”, sostenuto da valide argomentazioni, ma pur sempre di chiaro stampo negazionista. A quanto pare neppure Marcucci, Guerini e lo stesso Lotti lo seguiranno. Non ci sarebbe neppure da stupirsi se esistesse un piano B. L’ex segretario del PD questa volta ha gettato la maschera affermando che il suo (ex) partito si è spostato troppo a sinistra e andrebbe a mancare quell’ispirazione politica che da forza centrista lo portò a varare cambiamenti significativi nel mondo del lavoro e nel welfare state. Jobs Act, articolo 18, gestione ambigua dei flussi migratori (Minniti se ci sei batti un colpo!) ed altro, sono in questo momento oggetto di riflessioni più che mai di attualità. La discussione è vivace e obbligata, per questo è meglio cercare rifugio in uno spazio centrista dove poter agire indisturbato.E se le cose andassero male, con poco seguito e scarsa visibilità? Potrebbe esserci l’opzione Berlusconi. Del resto non sono poi tanti gli elementi di differenza che lo separano dal pensiero e dalle politiche Berlusconiane.Per l’interesse del paese e per la necessità che il nuovo governo possa mettere in pratica quel cambiamento annunciato, che prevede la durata dell’intera legislatura, non possiamo esimerci dal mostrarci perplessi ed anche preoccupati. Diversamente sarebbe da incoscienti.Partiti, acronimi ed evoluzioni politiche di parte, possono aspettare.Sempre che si abbia buonsenso.