ADDIO A PADRE FANTUZZI, CINECRITICO GESUITA AMICO DI PASOLINI

ADDIO A PADRE FANTUZZI, CINECRITICO GESUITA AMICO DI PASOLINI

Se n’è andato padre Virgilio Fantuzzi, gesuita fine e finissimo critico cinematografico, oltre che raffinato studioso d’arte. Molto mi dispiace, perché gli volevo bene. Aveva 82 anni, era nato a Mantova. Un tempo ci si frequentava, specie quando Virgilio, prete rispettoso delle gerarchie ma non convenzionale, capace di sfidare, rischiando qualcosa, anche certi “dogmi” estetici della Compagnia in fatto di cinema, aveva apprezzato film controversi, sul piano spirituale, come “Il bacio di Giuda” e “Confortorio” di Paolo Benvenuti o “Totò che visse due volte” di Ciprì e Maresco, pure in odore di blasfemia. Una specie di padre Angelo Arpa, il critico gesuita per tanti anni vicino a Fellini, ma più irregolare e riservato.Certo era uno dell’ambiente, sia pure come può esserlo un gesuita riservato ma curioso che scriveva su “La Civiltà Cattolica”; aveva conosciuto e frequentato cineasti come Rossellini, De Sica, Pasolini (i due insieme nella foto del 1968), Fellini, Bertolucci, Visconti, nutriva una grande stima nei confronti di Bellocchio, era stato grande amico di Gian Luigi Rondi, di sicuro gli si accendeva lo sguardo se si parlava di Dreyer, Lang e Bergman.Per me, giovane e poi meno giovane critico a “l’Unità”, era sempre piacevole discorrere con lui, magari di fronte a un piatto di pasta e ceci (amava la buona cucina popolare) nella Pisa di Benvenuti. Era istruttivo confrontarsi, proficuo, anche quando non ci si trovava d’accordo. Virgilio sapeva ascoltare, e da buon gesuita azzeccava la battuta pronta, sagace e acuminata, quando non ne poteva più e aveva voglia di andare a dormire.L’ho visto, l’ultima volta, giusto un anno fa, ai funerali del critico Luca Pellegrini. Era invecchiato, un po’ ingobbito, aveva pure scherzato su qualche malanno patito, ma senza fornire dettagli, davvero turbato dalle fine così prematura di quel giovane collega sacerdote.PS. Non ho mai capito se si chiamasse Virgilio, come tutti scriviamo oggi, o Virginio, come pure risulta da alcune registrazioni di Radio Vaticana.—–Così lo ricorda Marco Bellocchio. «Virgilio Fantuzzi è morto, un grande amico. Non ci vedevamo spesso, ma sempre affrontando e approfondendo le grandi questioni, lui da credente e io da non credente (poche chiacchiere, anzi nessuna). Anche se Virgilio era convinto, nelle immagini di certi miei film, di aver scoperto piccole o grandi rivelazioni che erano la prova di una mia autentica religiosità. Virgilio era al di là della fede, su cui lo seguivo per affetto, per amicizia, ma non per intima convinzione, un acutissimo interprete, che usava per le sue scoperte un linguaggio semplice, diretto, che è molto raro per un critico. Si capiva il suo pensiero, un pensiero profondo. Ho avuto la fortuna di conoscerlo più di cinquanta anni fa, ai tempi de “I pugni in tasca”, a casa di Pierpaolo Pasolini, gli anni appena successivi a “Il Vangelo secondo Matteo”. E ho avuto la seconda fortuna proprio di intervistarlo qualche mese fa per un film che sto portando a termine. In quell’occasione tra le altre cose mi parlò di quando Pierpaolo chiese per “Il Vangelo secondo Matteo” alla madre Susanna di interpretare la madonna, ricordandole per risvegliarne il dolore, per esaltarne l’interpretazione, l’assassinio dell’altro figlio partigiano (“Ricordati di Guido!”). Incitamento giudicato crudele e criticato da alcuni amici intellettuali che partecipavano al film. Quel dolore di Susanna e poi quel sorriso per la resurrezione del figlio, li vorrei inserire nell’“Urlo”, il film ancora incompiuto. E di ciò ringrazio l’amico Virgilio che mi ha messo amorevolmente sulla buona strada».—–https://www.avvenire.it/agora/pagine/addio-a-padre-fantuzzi-il-gesuita-amico-di-fellini-e-pasolini