HERMANA MÓNICA, LA SUORA DI CLAUSURA SORELLA DELLE TRANS ARGENTINE

HERMANA MÓNICA, LA SUORA DI CLAUSURA SORELLA DELLE TRANS ARGENTINE

Dalla nostra corrispondente a Buenos Aires Luhanna è una donna trans di Neuquén, nel Sud dell’Argentina. Da tempo ha ottenuto il cambio di sesso all’anagrafe, grazie alla “Ley de género” del 2012, che lo ha trasformato in una semplice procedura amministrativa (unico caso al mondo). Ha completato il trattamento ormonale ed era in attesa dell’operazione chirurgica di vaginoplastica per completare la sua transizione. L’intervento è effettuato gratuitamente in un ospedale pubblico di Buenos Aires, a quasi mille kilometri dalla sua città, ma le liste di attesa superano i due anni. Troppi, per chi fin dall’infanzia si è vista negare la propria identità e ora lotta per conquistarla. La legge prevede che l’operazione debba essere garantita anche dall’obra social (la nostra vecchia mutua), ma quella di Luhanna cercava di eludere questo obbligo, rimandando gli esami preoperatori e pretendendo che la donna si sottoponesse a una visita psichiatrica (peraltro illegale in questi casi). Che fa allora Luahanna? Si rivolge a una persona che già in passato l’aveva aiutata a trovare lavoro e l’aveva incoraggiata a iscriversi all’università. Questa persona è Hermana (sorella) Mónica, una suora di clausura che in pochi giorni riesce a sbloccare la situazione: indirizza Luhanna a Defensoría del pueblo (una sorta di difensore civico che ha una sezione speciale dedicata ai diritti delle persone GLBT) che, tramite un avvocato, ottiene dal giudice l’ingiunzione a procedere con l’operazione della donna.Hermana Mónica, Mónica Astorga Carmona, dal 2006 – dalla sua clausura – accompagna e consiglia la comunità trans di Neuquén. Il suo monastero, sulla strada statale fuori dalla città, ospita una casa di accoglienza per trans: un luogo dove seguire corsi professionali o creativi, parlare con persone amiche, o anche solo fare merenda e una doccia. Alganews ha raggiunto Mónica per farsi raccontare il suo progetto. Quando ha iniziato a lavorare con ragazze trans? Del suo gruppo fanno parte anche uomini trans? Dal 7 luglio 2006. Parlo con tutto il collettivo LGBT, però il mio impegno principale è con le donne trans. La clausura non limita le sue possibilità di azione? Per il tipo di lavoro e di accompagnamento che faccio, no, non mi limita in niente. Quali sono le principali necessitò delle donne che si rivolgono a lei? Al primo posto c’è un bisogno di amore, comprensione e rispetto. Poi un’esistenza dignitosa, la tutela della loro salute e il necessario per vivere. Lei aiuta queste donne a uscire dalla prostituzione, se lo desiderano. E quelle che invece non lo desiderano? È un tema molto caldo in Argentina, penso ai sindacati di prostitute che distinguono tra tratta e la libera scelta (anche se potremmo andare avanti per anni a discutere ciò che è una “libera scelta”). Loro sanno che il mio massimo desiderio è che possano lasciare la prostituzione e tutto quello che è connesso, come droga e alcol. Ma rispetto i loro tempi e sono a disposizione per accoglierle e accompagnarle comunque, che escano o no dalla prostituzione. Da un monaca di clausura ci si immagina soprattutto l’offerta di una guida spirituale. Invece lei offre anche aiuto pratico, nella ricerca di un lavoro che sia una valida alternativa economica, nella tutela della salute o dei diritti civili. Qual è la bussola etica che la guida? Io offro in primo luogo appoggio spirituale, ascolto il dolore e da lì cerco di capire le necessità e cosa effettivamente queste donne sono disposte a fare da parte loro. Luhanna cercava aiuto da tutte le parti e un giorno le ho detto: “Cosa ti serve?”. Ho chiesto consiglio a un giudice amico che mi ha indicato con chi parlare e da quel momento in poi ho lasciato che continuasse da sola. Cerco soluzioni ma poi mi faccio da parte, perché vadano avanti autonomanente. Qual è il ruolo della diocesi nel suo progetto? Vi appoggia? Come vi sostenete? Monsignor Marcelo Melani, quando era a capo della diocesi Neuquén, mi ha aiutato tantissimo. È stato lui a comprarci il terreno su cui abbiamo costruito la casa di accoglienza. Con il vescovo suo successore avevamo alcune differenze di vedute e ci sono stati vari scontri. L’attuale vescovo ci accompagna ma senza un impegno diretto, men che meno economico. Riceviamo donazioni e un contributo economico mensile dal Sedronar (l’ente federale che coordina le politiche nazionali in materia di tossicodipendenza), con questi soldi paghiamo il gruppo delle ragazze che lavorano nella casa, i professionisti e la gestione della casa stessa. Offriamo laboratori di parrucchiera, cucito, ceramica, computer, teatro, depilazione, manicure e allungamento di ciglia. Offriamo pranzo e merenda, riusciamo a coprire le spese per i corsi offerti e per aiutare le ragazze che si sono iscritte all’università.