SEI CONSIDERAZIONI SUL NUOVO GOVERNO

SEI CONSIDERAZIONI SUL NUOVO GOVERNO

1. Con questo governo si apre una fase nuova. Per i nostri obbiettivi (che non sono le briciole e l’equivoco, ma la trasformazione sociale), più difficile. Salvini, infatti, con le sue esagerazioni, stava radicalizzando lo scontro. Dopo lo sbandamento seguito alle elezioni del 2018, in cui molti pensavano “lasciamoli lavorare, non possono fare peggio del PD”, la situazione stava cambiando. I 5 Stelle stavano perdendo credibilità per la loro sottomissione a Salvini e la loro incapacità di produrre interventi sociali significativi, e questo apriva uno spazio di protesta che la loro presenza aveva chiuso dal 2011/2012… La boria del leghista stava determinando una risposta, certo molto variegata: dalle piazze in cui è stato contestato a un generico umanitarismo che comunque era un fiume in cui potevano nuotare pratiche e riflessioni più radicali. Avessero continuato, magari con una finanziaria in cui per fare la Flat Tax dovevano stringere da altre parti, l’autunno sarebbe stato più movimentato. Cosa che avrebbe prodotto, se non la caduta del governo per la pressione delle piazze, una maggiore sicurezza di noi come popolo, un’autonomia di discorso rispetto ai partiti esistenti. 2. Quello che è successo in queste settimane riazzera tutto. I 5 Stelle, nonostante il ridimensionamento e la definitiva associazione con quello che viene percepito “establishment”, si ripropongono come alternativi alla destra e interlocutori con le parti sociali. Il PD di Zingaretti al governo con LeU eccita il residuale “popolo della sinistra” che da tutti i suoi media, Manifesto compreso, plaude e spera in un ritorno agli anni ’90, al centrosinistra che bombardava la Serbia ma dava da mangiare ai suoi. Fra comitati territoriali che avevano flirtato con i 5 Stelle, e centri sociali e reti associative che sono interne al progetto Zingaretti, non pochi assumono una posizione attendista (a volte opportunista): sosteniamoli, vediamo che ci esce.Come se il programma che hanno delineato non fosse già abbastanza esplicito, come se l’appoggio di Trump, dell’UE, dei mercati non avesse già chiarito di chi questo governo deve fare gli interessi, come se Conte non avesse rivendicato tutto quello che aveva fatto insieme alla Lega, dal Decreto Sicurezza al TAV… 3. D’altra parte è comprensibile: sia perché di alternative politiche percorribili non se ne vedono (Potere al Popolo è il soggetto più grande che si è schierato contro la “pastetta”, ma non ha ancora il peso elettorale per essere attrattivo), sia perché manca da anni un significativo livello di mobilitazione sociale. Se si è ridotti ad essere spettatori, è chiaro che si sceglierà quello che appare come “meno peggio” (logica che ci ha condotto sempre al “peggio”).Inoltre, è stata costruita una sorta di “paura di Salvini”, che blocca ogni riflessione, ogni ricerca di alternativa. Chi ha paura vorrà solo che la fonte della paura scompaia. Come abbiamo già visto con Berlusconi negli anni ’90, basta evocare il rischio di un suo governo per compattare i soggetti più diversi. “Qualsiasi cosa purché non vada al governo”, personalizzando lo scontro politico e non guardando alle concrete logiche di classe. 4. D’altronde dobbiamo sapere che i margini oggettivi per fare un governo che possa non essere solo “contro” o “di scopo”, ma apparire decente alle masse, ce li hanno. Non solo perché gli italiani sono abituati a un tale schifo che basta che uno non sventoli il Cuore Immacolato di Maria e abbia un minimo di civiltà istituzionale per far sembrare il governo “moderno ed europeo”. E’ anche questione di margini economici.L’Unione Europea ha il bastone – e ce lo ha fatto vedere con la Grecia – ma anche la carota. Ai governi “amici” ha permesso di sforare. L’accordo con il 5 Stelle per l’elezione di Ursula von der Leyen, la carica di Ministro dell’economia a Gualtieri, uomo di Bruxelles, ma uomo non subordinato, in grado di negoziare una certa flessibilità, fanno già capire in che direzione si andrà. L’UE e i mercati daranno a questo governo i margini per qualche piccola misura sociale – magari dei nuovi “80 euro” attraverso il taglio del cuneo fiscale. Un po’ a debito, un po’ recuperando qualche briciola di evasione fiscale, un po’ evitando la flat tax, il governo ha lo spazio di manovra per qualche misura che potrebbe renderlo simpatico alla popolazione.La scelta dei ministri in questo senso è stata furba: nessun personaggio clamorosamente negativo o troppo politico (a parte Di Maio o Franceschini), gli altri apparentemente democratici e competenti, ma a ben vedere affidabili rispetto a certi centri di potere (si pensi al Ministro degli Interni) e al fatto che non faranno i matti.Insomma, non è affatto detto che si vada verso una finanziaria “lacrime e sangue”, che l’Italia sia meccanicamente subordinata e umiliata dall’UE, che il Governo sia fatto di tecnici senza dignità, e che Salvini si gonfi all’opposizione. Anzi, il nervosismo del leghista in questo passaggio è evidente. 5. Permangono tuttavia alcuni fattori di rischio.Primo: la classe politica italiana è di bassissimo profilo – d’altronde dipende da una società in cui il dibattito culturale e i livelli di coscienza sono bassi – e lo ha dimostrato in queste settimane. Ognuno risponde al suo pezzettino, alla sua cordata, in uno scenario caotico che pochi hanno la capacità di tenere unito (le settimane precedenti ci hanno dato una dimostrazione in questo senso). Non è da escludere ad esempio che Renzi, che controlla i gruppi parlamentari PD, possa fra qualche mese decidere di far saltare tutto. In fondo il profilo che questi si vogliono dare è di un governo di “liberalismo sociale”, ma in Italia la “rivoluzione liberale” non è mai riuscita visto il coacervo di corporazioni, di interessi familistici, di micropoteri locali, che si riverberano ai livelli più alti.Secondo: stiamo parlando di tutto questo senza fare i conti con la recessione che sta arrivando a livello globale. Al momento non si sa se sarà una turbolenza passeggera o una crisi come quella del 2008. Davanti a un fenomeno del genere, che ingenererebbe peraltro nuove guerre, tutti i piani salterebbero, e si dovrebbe comunque entrare nella carne viva, fare riforme strutturali in senso liberista. Lì, se noi non ci prepariamo in tempo, Salvini potrebbe gioire. 6. Veniamo a noi: se da una fase di potenziale conflitto si passa a una fase ambigua, “democristiana”, dobbiamo essere scaltri. Dobbiamo prendere l’unica cosa buona della nuova situazione – ovvero quella di avere più tempo, di non dover andare di nuovo ad elezioni – per stabilizzarci, migliorare i rapporti con il territorio, aprire Case del Popolo, aprire spazi di dibattito con reti sociali e organizzazioni, migliorare il nostro programma, costruire anche un nuovo immaginario e una nuova cultura – tutte cose che l’emergenza della piazza o delle urne non ci consentivano.Dal punto di vista politico generale, dobbiamo sviluppare una campagna politica intorno ai temi su cui il governo ha ambiguità o “dimenticanze”: redistribuzione della ricchezza, patrimoniale, serio recupero dell’evasione, riduzione dell’orario di lavoro, intervento pubblico, piano casa e implementazione dei servizi, autonomia differenziata (che hanno confermato) questione di genere e gestione dell’immigrazione (accordi con la Libia, Trattato di Dublino etc)… Queste proposte vanno dettagliate, non solo agitate, ci dobbiamo far conoscere per quello che abbiamo da portare, non solo come i pregiudizialmente “contro”.A fianco al piano politico va però messo il piano delle lotta. Questo governo ha diverse pratiche già aperte, ed altre sono in arrivo, perché non ha la bacchetta magica. Noi dobbiamo farci portavoce degli interessi popolari e dei soggetti che hanno conti aperti con il precedente e con questo governo (penso alle crisi industriali come Whirlpool, ai rider, alle questioni ambientali come ILVA, TAV etc): dobbiamo andare alle loro iniziative, dagli spazio mediatico e fisico. Sintetizzando: rafforzamento dell’organizzazione collettiva (che non vuol dire del solo Potere al Popolo, ma del “movimento reale”) e interpretazione dei bisogni delle masse. Non ci interessa fare sermoni ideologici per convincere le persone che questo è l’ennesimo governo liberista: ci interessa aiutarle ad ottenere la giustizia che chiedono da anni, e dentro questa lotta mostrare con i fatti che le alternative sono possibili. Se facciamo questo percorso nei prossimi mesi, con determinazioni e dialogando con tutti quelli che non sono complici, invece di subire le ambiguità di questo governo, le useremo per crescere. PS: Se vi va di discutere da vicino di tutto questo, siete caldamente invitati all’assemblea sul “Nuovo governo e autunno che viene” che si terrà con tante realtà di lotta e case del popolo sabato 14 settembre, ore 17:30, al Festival dell’ Ex OPG Occupato – Je so’ pazzo: https://www.facebook.com/events/2290686477724021/