TUTTO QUELLO CHE NON QUADRA NELL’OMICIDIO CERCIELLO REGA

TUTTO QUELLO CHE NON QUADRA NELL’OMICIDIO CERCIELLO REGA

La dinamica degli eventi che hanno portato all’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega la notte a cavallo tra il 25 e il 26 luglio scorso a Roma si arricchisce di particolari sempre più sconcertanti. Nel frattempo è stata rinviata al 16 settembre l’udienza del tribunale del riesame che dovrà pronunciarsi sulle istanze di scarcerazione depositate dai difensori di Finnegan Lee Elder, colui che ha materialmente accoltellato Cerciello Rega e Christian Gabriel Natale Hjort, entrambi detenuti a Regina Coeli. Le contraddizioni tra le dichiarazioni rese dagli inquirenti durante la conferenza stampa del 30 luglio e le successive indagini sono sempre più evidenti. In quell’occasione il Comandante Provinciale Francesco Gargaro, naturalmente riferendo sugli accertamenti del primissimo momento, aveva detto che il solo Cerciello Rega era andato all’appuntamento senza pistola, mentre ora si scopre che anche il collega del carabiniere ucciso, Andrea Varriale, era disarmato. Secondo indiscrezioni provenienti da piazzale Clodio Varriale avrebbe ammesso la circostanza, aggiungendo che i due erano senza tesserino da carabiniere e in bermuda. Affermazione che renderebbe difficile dimostrare in tribunale che i due si siano qualificati agli statunitensi facendosi riconoscere come carabinieri, una possibile attenuante per i due arrestati. Va detto però che ad aggravare invece la loro posizione, come contrappeso, è emersa la circostanza, da fonti investigative che hanno esaminato le telecamere della zona, che i due avrebbero effettuato una ricognizione ben prima dell’arrivo dei carabinieri, scegliendo con cura il posto in un area non coperta dalle telecamere, rimanendo poi nascosti dietro delle fioriere e uscendo solo all’ultimo momento. In sintesi la prima ricostruzione offerta pochi giorni dopo gli eventi. Alcuni carabinieri di stanza in Trastevere, quartiere della movida romana, passata la mezzanotte del 25 luglio scorso, si accorgono di uno strano movimento tra i due ragazzi e un gruppo di persone. In questo gruppo figura il romano Sergio Brugiatelli, che secondo i militari avrebbe fatto da intermediario tra i due e uno spacciatore. Quest’ultimo avrebbe fornito ai due californiani una pasticca di tachipirina al posto della dose di cocaina pattuita al prezzo di 80 euro. A quel punto i due per vendetta ruberebbero lo zaino di Brugiatelli scappando subito dopo. Brugiatelli denuncia allora ai carabinieri il furto e i carabinieri organizzano un appuntamento chiamando il telefono di Brugiatelli ormai in possesso dei due americani. Nel corso della telefonata, fatta dal romano, pattuiscono la restituzione dello zainetto in cambio di cento euro e un grammo di cocaina, fissando l’appuntamento in via Federico Cesi nel quartiere Prati. All’appuntamento si presentano, dice Varriale, i due carabinieri che pur qualificandosi, sostiene in un primo momento sempre Variale, ma come abbiamo visto la questione è oggi controversa, vengono immediatamente aggrediti, Cerciello Rega viene colpito con undici coltellate e muore in terra in pochi minuti dissanguato per le ferite. Due ore dopo i californiani vengono arrestati nell’albergo dove alloggiano e il coltello dell’omicidio viene ritrovato nascosto in un controsoffitto della loro camera. Il primo corto circuito. Come fanno i quattro carabinieri intervenuti in Trastevere a capire subito che non si tratta di droga ma di tachipirina? Comunque la cessione di tachipirina a terzi è legale, non richiede nemmeno la ricetta. Quindi lo spacciatore non viene arrestato, mentre i due statunitensi scappano con il prezioso zainetto il cui contenuto, ricordiamolo, è coperto da omissis. I militari consigliano a Brugiatelli di chiamare il 112. Lo farà usando il telefono di uno di loro. Qui c’è un buco nel racconto ma fanno fede le telefonate registrate al centralino. Ciò che è inspiegabile è come sia possibile che dopo la telefonata al 112 siano proprio i carabinieri già presenti sul luogo a ricevere l’incarico di occuparsi della questione. Chiamano i due americani al telefono in vivavoce dal telefono di Cerciello Rega, che registra la telefonata. Nella conversazione i due insistono con Brugiatelli che deve presentarsi da solo. Non avverrà e ancora non è chiaro dove fosse Brugiatelli al momento dell’aggressione. Il secondo corto circuito della ricostruzione fornita poco dopo l’arresto dei due californiani riguarda i tempi di spostamento. Li abbiamo ricalcolati utilizzando Google Maps. Se gli orari consegnati dagli inquirenti fossero verificati otterremmo il seguente quadro: 1.31 è l’ora in cui le telecamere riprendono i due mentre rientrano in albergo 1.16 è l’ora in cui le telecamere li riprendono mentre fuggono da piazza Mastai ora, a piedi, se sai la strada, ci metti 34 minuti secondo google maps 15 minuti di notte, presumibilmente in stato di alterazione da alcol, secondo le prime dichiarazioni rese dai due statunitensi agli inquirenti, per percorrere 5 chilometri e 400 metri. Il primato mondiale su pista dei 5mila metri è di 12 minuti, 37 secondi e 35 centesimi. O è sbagliato il timing degli inquirenti o siamo di fronte a due atleti di prima grandezza. Ma è nel terzo corto circuito che probabilmente si annida la chiave della vicenda. I carabinieri che osservano i movimenti dei due americani sostengono di aver compreso immediatamente quale fosse il ruolo di Brugiatelli nella transazione di droga conclusa con la “sòla”, come in romanesco si definisce una truffa , ovvero quello del mediatore. Quindi parte attiva in un commercio illegale. Eppure i carabinieri presenti in Trastevere non esitano nemmeno un secondo nell’attivarsi per aiutare Brugiatelli a recuperare il borsello sottratto per vendetta dai due statunitensi. Ufficialmente, secondo quanto dichiarato durante la conferenza stampa del 30 luglio dal Comandante Provinciale Francesco Gargaro, nel borsello c’erano solo chiavi, documenti e qualche effetto personale, nulla di valore, ma Brugiatelli dice di aver avuto paura di essere identificato e localizzato per possibili vendette dei due tramite la carta d’identità. Come se già conoscesse il potenziale criminale dei due californiani. Resta il sospetto che sia proprio il contenuto dello zainetto ad avere attirato nella trappola mortale il vice brigadiere Cerciello Rega. Il quarto corto circuito Le dichiarazioni di Varriale, in comprensibile stato di choc nell’immediatezza dei fatti, restano di difficile lettura nei giorni successivi. “Appena svoltavamo in via Cesi – dice nel primo interrogatorio – notavamo immediatamente la presenza di due soggetti, vicino a via Pietro Cossa; all’altezza del civico 57, posizionatisi presso una farmacia. La strada era ben illuminata e pertanto riuscivamo a notare i due soggetti. Ancor prima di procedere a una qualsiasi forma di regolare controllo ci aggredivano fisicamente per vincere un tentativo di bloccaggio”. E’ chiaro quindi che i carabinieri non si sono qualificati, ma ormai questo è il minimo, i problemi sono ben altri. Si presentano con un auto civetta. Varriale non accenna all’essere sceso dalla macchina. Svoltavano in via Cesa a piedi o in macchina? Come sapete tutte le telecamere risultano o spente (la farmacia le tiene in funzione solo durante l”apertura, dicono agli inquirenti e quelle dinanzi l’Unicredit non sono rivolte verso quella parte di strada) o inutilizzabili nel cono di luce dove si svolge l’omicidio. Quinto corto circuito. I due statunitensi sono scesi in strada dall’albergo per andare all’appuntamento già con il coltello, non c’è la minima discussione, sarà poi compito dei legali stabilire se anche l’americano che non ha ucciso direttamente fosse a conoscenza di questa circostanza. Cerciello viene immediatamente accoltellato. Varriale, che adesso sappiamo essere disarmato anch’egli, dice di essere stato immobilizzato mentre Finnegan Lee Elder pugnalava Cerciello Rega. Brugiatelli viene collocato dagli inquirenti la prima volta dietro un palazzo, poi accanto alla macchina civetta, poi dentro la macchina infine non se ne hanno più tracce sul luogo del delitto. Nella conferenza stampa del 30 luglio gli inquirenti hanno parlato di quattro macchine di supporto all’operazione. Una palese bugia, perchè gli americani non scappano in Olanda, vanno a dormire a meno di cento metri dal luogo dell’omicidio, se ci fossero stati altri militari li avrebbero inseguiti mentre altri portavano soccorso al collega. Sappiamo adesso con certezza che i due carabinieri erano soli ma non abbiamo certezza che Varriale fosse esattamente accanto a Cerciello Rega al momento dell’aggressione. C’è un sesto particolare di rilievo che non chiamiamo corto circuito ma che si presta ad altre considerazioni. Si è detto più volte che il coltello usato per l’omicidio fosse stato portato da Finnegan Lee Elder in valigia passando per i controlli aeroportuali dagli Usa. Abbiamo fatto analizzare da un esperto, che chiede l’anonimato in quanto spesso impiegato come perito dalle procure italiane, la foto del coltello presentata in conferenza stampa dai carabinieri. Bene, il coltello della foto, quello usato in via Cossa non sarebbe originale. “Il Kabar originale – ci spiega – non presenta le caratteristiche di quello mostrato in conferenza stampa. Quello è una bruttissima riproduzione. L’originale costa intorno ai 200 euro, quella è una copia che al massimo può costare 30 euro in qualche negozio o su qualche bancarella. E’ una copia pacchiana, l’hanno acquistata in Italia”. Occorrerà attendere almeno un altro mese prima di conoscere i risultati ufficiali delle perizie effettuate dagli investigatori del Ris sulle tracce ematiche da comparare tra scena del crimine e albergo che ospitava i californiani, impronte digitali e altri prelievi. Il caso è tutt’altro che chiarito e l’impressione è che altri particolari non tornino nella versione ufficiale.