VENEZIA 2019. A TU PER TU CON KRISTEN STEWART, INTERPRETE DI ‘SEBERG’,

Dai vampiri di “Twilight” ai vampiri di privacy dell’Fbi. Ne ha fatta di strada Kristen Stewart. Da quando era nel camper, capelli lunghi e chitarra, diciassettenne, in “Into the Wild”, fino ad oggi. Da quando era, dentro e fuori dallo schermo, la ragazza di Robert Pattinson, fino al giorno in cui si è dichiarata apertamente gay, e lo ha fatto con un tweet di risposta niente meno che al presidente americano Trump, che la aveva criticata in un tweet precedente. Proprio come il personaggio che interpreta in “Seberg”, Kristen Stewart non ha paura di esprimere le sue opinioni politiche. In “Seberg” di Benedict Andrews, ieri in concorso a Venezia, Kristen Stewart interpreta l’attrice Jean Seberg, l’icona della Nouvelle vague, quella che in “Fino all’ultimo respiro” di Godard giocava nel letto con Jean-Paul Belmondo, con i suoi capelli corti biondi, e l’aria di venire da un altro mondo. Ma il film racconta la seconda fase della sua vita: quando Jean Seberg, alla fine degli anni ’60, fu spiata – illegalmente – dall’Fbi per le sue simpatie verso le Pantere nere, e per la sua relazione con l’attivista per i diritti civili Hakim Jamal. Controllata, ascoltata, diffamata: la sua vita diventò una lunga, devastante ossessione, fino al giorno in cui terminò, il 30 agosto 1979, quarant’anni fa esatti. Il corpo di Jean Seberg fu ritrovato a Parigi, nudo e avvolto in una coperta, a fianco di tanti flaconi di barbiturici vuoti. Evidente suicidio. O forse no, qualche dubbio è rimasto. Jean Seberg prese posizione politicamente. Anche oggi le cause politiche hanno bisogno delle star del cinema?“Posso parlare per me: per me non è difficile dichiarare le mie idee. E oggi, è impossibile non farlo: ogni cosa che faccio, ogni conversazione che ho, i progetti verso cui mi spingo: sarebbe impossibile vivere senza essere davvero chiara, e aperta, e onesta in questi tempi”. La celebrità le ha fatto mai paura?“Mi terrorizzava, quando ero più giovane e più insicura. Ma adesso ho un’età, o una tranquillità interiore, diversa, che mi permette di essere completamente aperta nel comunicare con le persone. Non sono una persona ‘social’, ma non mi nascondo. C’è una bella differenza”. Non ama i social?“Non mi metto su Instagram a urlare alla gente ciò che penso. Ma mi sento libera di farlo, in modo diverso”. Che cosa la attrae dell’attrice Jean Seberg?“Aveva questa fame, negli occhi, che la faceva quasi uscire dallo schermo. Ed era una persona appassionata, profondamente umana e generosa, in un tempo in cui le persone non lo erano”. Conosceva la sua filmografia prima?“Non avevo visto che ‘Fino all’ultimo respiro’: anche per me, come per molti, era la ‘ragazza dell’Herald Tribune. La trovavo formidabilmente ironica, e amavo il fatto che fosse stata ‘adottata’ dalla cultura francese, cosa che desideravo anche io. C’era qualcosa di scintillante nella sua recitazione. Sembrava dire: guardatemi, sono vera. Poi ho letto la sceneggiatura ed è stato uno shock, non avevo idea della tragicità della sua vicenda”. Chi era Jean Seberg?“Una donna che voleva dire la verità sullo schermo e nella vita. Voleva cambiare il mondo, renderlo diverso. E per questo è stata distrutta dall’Fbi, con la sua vita privata utilizzata e minata per motivi politici”. Con quali aspetti di lei si identifica?“Jean non cercava i film più commerciali, ma i film e le persone che trovava creativamente più affini. E per questo stesso motivo, è stata attratta dalle cause politiche – motivo per cui si è trovata ‘indesiderata’ nel paese in cui viveva. Così, è logico che avesse trovato una casa più accogliente in Francia”. Oggi troverebbe le stesse difficoltà?“Vorrei pensare che non troverebbe, oggi, un sistema di potere e di connivenze così oppressivo, tale da distruggere la sua vita. Ma allo stesso tempo, il mondo che il film racconta è assolutamente lo stesso mondo in cui viviamo”.