VINCE LA DESTRA POLACCA, NON QUELLA UNGHERESE. PIU’ CHE L’IDEOLOGIA PESA IL PORTAFOGLIO

Polonia al voto, ieri. Tutto come previsto. Il PiS (partito di destra ben più che di centro, ne esce vincente. Prossimi al 45%, ma quel che più conta, la maggioranza assoluta dei seggi, con un possibile ulteriore aiutino di un’estrema destra che pare avere superato la soglia di sbarramento. Largo consenso dunque. Quali le ragioni? La stampa italiana annaspa nella libera associazione di idee. Sovranisti, che magari si spiegasse cosa vuol dire. Conservatori, nazionalisti e cattolico reazionari. Repubblica si azzarda di segnalare che sono alleati di Salvini. Come no. Appena lui ha proposto di accogliere almeno un profugo quelli gli hanno sbattuto la porta in faccia che ancora sente le ammaccature. Spiegazione prevalentemente ideologica dunque. Come dire che non solo di pane vive luogo. Proprio così. Infatti da un interessante reportage di Libération da noi citato giorni fa risulta che nell’Europa di mezzo si viva anche di companatico. Altrimenti come si spiegherebbe che nella vicina Ungheria il partito di Orban, alle elezioni amministrative, abbia perso la maggioranza in 12 città su 23 ? Possibile che a visioni del mondo simili corrispondano destini elettorali agli antipodi, a pochi km di distanza ? Soffermiamoci dunque su aspetti del vivere in Polonia che non si limitino a come pensarla in materia di diritti individuali. Tanto lo sappiamo, più o meno, quale sia il quadro dei medesimi, a Varsavia come a Budapest. Rifiuto di accogliere i profughi, lotta agli LGBT nel nome di un’omofobia diffusa, integralismo cattolico che trasuda dai programmi scolastici, tolleranza per le bande neonaziste, riforma della giustizia che mette a rischio la divisione dei poteri. Più recentemente, a Varsavia, pure un tentativo, finora fallito, di criminalizzare chiunque osi sostenere che anche la Polonia, nel suo piccolo, potrebbe avere qualche responsabilità in materia di Olocausto; non fosse altro vista una certa riluttanza a ritornare in patria degli ebrei polacchi superstiti nel dopoguerra. Passiamo oltre, se vi regge lo stomaco. Resta il fatto che negli ultimi anni, in Polonia, è cresciuta, e non poco, la qualità della vita. Questa la via della destra polacca per l’acquisizione di un consenso di massa. Quale le tappe principali? In primo luogo i moltissimi fondi Ue destinati alla Polonia fin dai tempi in cui un certo Wojtyla contava parecchio. Ma anche un’utilizzazione efficace dei medesimi, ben più di quanto realizzato in alcune regioni del nostro meridione. Libération fornisce due esempi: uno naziomale e uno locale Programma nazionale “Famiglia 500+” e progetto locale “Estate in città” . Un binomio sinergico. Una modalità esemplare di come i partiti al governo conseguano legittimazione, alla faccia del liberismo di facciata: welfare familiare stile la nostra Democrazia cristiana del tempo che fu che il sovranismo mica sapeva cosa fosse. Con ricadute diffuse su tutto il corpo elettorale. E con un riguardo particolare alla qualità della vita. A livello nazionale 120€ mensili per ogni bambino (un quarto dello stipendio medio del padre nelle famiglie più povere). sussidi per la casa, sostegno negli studi, pensioni anticipate (65 anni i maschi, 60 le femmine), tasse contenute. Welfare in salsa polacca? I valori dell’integralismo cattolico rimangono sempre in primo piano, ma se rappresentano il prezzo di reali benefici a qualcuno potrebbe venire in mente che valgano bene una messa. A livello locale ancora qualcosa di più. Dal 2012, ogni estate, si può vedere come in una piccola città alla periferia di Varsavia si spremano con efficacia i ricchi fondi disponibili presso la Ue per attività culturali, artistiche, corsi di inglese, e vacanze al mare. Sport accessibile a tutti i ragazzi con mense gratuite. E non solo per i giovani superdotati. Ottimismo in quantità. Con questi risultati alle spalle il governo gode di una certa fiducia quando promette un rialzo dei salari, una riduzione del debito, un innalzamento del Pil al 3-4%. Di recessione, fin qui, nessuno parla. Dopo le luci le ombre. La vetrina dei privilegiati, che si permettono i corsi privati di lingua inglese e un aumento dei loro depositi bancari grazie ad elargizioni statali a pioggia. Dunque l’accusa di clientelismo, quando lo stato allarga i cordoni della borsa, in occasione delle scadenze elettorali. La constatazione di un’inflazione in crescita, anche se il 3% raggiunto finora non pare mostruoso. Un sostegno dello stato più ai consumi che alla produzione delle imprese. Qualche scandalo a carico del leader Kaczynski. Una sensazione per adesso solo marginale, che il modello non sia più a lungo sostenibile. Il tutto in un clima culturale che viene ritenuto soffocante da chi che non ne condivide il senso. Guardiamo allora al futuro. Il paese non ha ancora adottato l’euro. La maggioranza dei polacchi è contraria, sia pure di poco (il 53%). Ma cosa potrebbe succedere se il debito crescesse, la recessione affiorasse anche lì e magari si accompagnasse perversamente ad un rialzo dell’inflazione? Si può escludere, in tal caso, un’entrata in campo della Ue con indicazioni correlate a un piano di austerity? Finora la barca sembra andare e ci sono anche ulteriori dati positivi reperibili nelle statistiche ufficiali, come quelli relativi alla bilancia commerciale e all’attrazione degli investitori stranieri. Ma nel caso di una crisi internazionale che qualcuno ritiene alle porte, quanto potrà tenere il sistema polacco? Forse gli scricchiolii di oggi in Ungheria si potranno sentire anche in Polonia? A valle di tutto ciò vi è da dire che il caso polacco è un fenomeno poco studiato.. Ragion per cui risulta relativamente facile, per il governo di Varsavia, sottolinearne gli aspetti positivi senza tema di smentite. Altrettanto difficile, per gli oppositori, riscontrarne tutti i risvolti negativi, presenti e futuri. Questo per quello che riguarda i dati strutturali. Resta il fatto che, per molti, i suoi connotati ideologici sono tali da suscitare un istintivo moto di repulsione.