ECUADOR: TORNA LA CALMA DOPO IL RITIRO DEL “PAQUETAZO”

Torna la calma a Quito, in Ecuador, dopo 12 giorni di protesta, culminati – l’ultima settimana – nella proclamazione dello stato d’eccezione da parte del presidente Lenín Moreno. La causa della rivolta – guidata dalle organizzazioni indigene e sindacali e che ha costretto a spostare per motivi di sicurezza la sede del governo dalla capitale a Guayaquil – è il cosiddettopaquetazo. Ovvero, un pacchetto di riforme economiche volute dal Fmi come contropartita per un prestito di 4200 milioni di dollari. A scatenare la rabbia della popolazione è stata l’eliminazione dei sussidi ai carburanti che ha fatto aumentare da un giorno all’altro i prezzi della benzina del 120 per cento (www.alganews.it/2019/10/06/ecuador-proclamato-lo-stato-deccezione-per-la-rivolta-dei-carburanti/). Ieri Moreno ha annunciato il ritiro del famigerato decreto 883 – ilpaquetazo, appunto – responsabile di una protesta che ha lasciato sul campo 6 civili uccisi, 2100 feriti, centinaia di arresti. E che rischiava di squilibrare alleanze e rapporti di forze dell’intera regione, con il coinvolgimento del Venezuela e i paesi dell’Oei (Organización Estados Iberoamericanos), divisi sull’appoggio al presidente (www.alganews.it/2019/10/11/ecuador-governo-trasferito-per-motivi-di-sicurezza-la-crisi-si-allarga-al-venezuela/).Finalmente, ieri, la tregua. I manifestanti della Conaie (Confederación de Nacionalidades Indígenas de Ecuador) si sono ritirati in poche ore, festeggiando, e si sono occupati con migliaia di altri cittadini di ripulire le strade dalle montagne di immondizia, detriti, pneumatici bruciati e pezzi di lamiera usati per montare barricate. Danni per un milione di dollari, secondo le stime, soprattutto nella zona delcasco histórico(centro storico, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco) e del parlamento. Resta comunque ancora aperta la trattativa con il Fmi che esige riforme strutturali per ridurre il deficit di bilancio.La vicenda ricorda la guerra dell’acqua di Cochabamba, in Bolivia, una rivolta indigena contro la privatizzazione dell’impresa distributrice dell’acqua corrente. Era il 1999 quando l’allora presidente boliviano Hugo Banzer Suárez, ex colonnello e dittatore del paese, cedette per 40 anni la gestione delle risorse idriche della zona a un consorzio controllato da multinazionali, tra cui la statunitense Bechtel. Gli abitanti di Cochabamba videro aumentare le bollette del 300 per cento in pochi mesi, senza nessuno dei miglioramenti promessi per migliorare le precarie reti idriche e fognarie.Nel 2000, per le forti proteste, il governo fu costretto a una marcia indietro, ma la Bechtel e l’italiana Edison (entrata nel frattempo nel consorzio) chiesero un risarcimento di 25 milioni di dollari, con un arbitrato internazionale presso la Banca Mondiale. La vicenda si concluse nel 2006, poco dopo l’elezione di Evo Morales, con un patteggiamento simbolico (20 centesimi di euro) tra le parti, grazie anche alle forti pressioni internazionali a favore degli indigeni boliviani. La storia ha ispirato il film “También la lluvia” (anche la pioggia), una produzione franco-messicana del 2010, con Gael García Bernal (il Che dei “Diari della motocicletta”) come protagonista.