L’ODIO ANTISEMITA DI CUI FU VITTIMA SETTIMIO CALÒ

L’ODIO ANTISEMITA DI CUI FU VITTIMA SETTIMIO CALÒ

La mattina del 16 ottobre 1943, il «sabato nero» degli ebrei italiani, Settimio Calò aveva 45 anni, una piccola attività, una casa al numero 49 del Portico d’ Ottavia, nel cuore del ghetto ebraico di Roma, tra l’ Altare della Patria e l’ Isola Tiberina. Fumatore accanito messo in crisi dalla guerra e dalle difficoltà dei rifornimenti, aveva avuto una dritta: una certa tabaccheria a Monte Savello, quella mattina, sarebbe stata rifornita di un po’ di stecche. Deciso a conquistare qualche pacchetto di sigarette, uscì di casa all’ alba per mettersi in coda. Nei letti, addormentati, lasciò la moglie Clelia Frascati, che aveva sposato giovanissimo, e nove figli. La più grande, ricorda si chiamava Bellina e aveva 22 anni. Samuele, il più piccolo, soltanto 6 mesi. Quella notte aveva dormito lì anche un nipotino, Settimio Caviglia, di dodici anni, figlio di una sorella. Quando Calò fece ritorno, non c’ erano che le stanze vuote. Tutta la sua famiglia fu sterminata ad Auschwitz Birkenau, il giorno stesso in cui vi giunse. Quel maledetto 16 ottobre 1943 furono deportate da Roma 1259 persone, fra uomini, donne e bambini. Tornarono soltanto in 16. Questa è stata,anche nel nostro Paese, la barbarie del nazifascismo e dell’odio etnico.Mai più.Mai più.