FRANCESCHINI, LUNGIMIRANZA O PROPOSTA INDECENTE?

Il Partito Democratico sembra aver deciso di battere il ferro finché è caldo. Il problema però non riguarda solo il PD del Nazareno, ma coinvolge ovviamente il futuro del paese ed i rapporti nell’intera area della sinistra nostrana.Il tema delle alleanze politiche ha sempre visto disparità di giudizio e di vedute, ed è logico che sia così, almeno se non vengono rispettati dei criteri validi. La cronaca politica ci consegna un assenso apparentemente maggioritario riguardo a quello che è stato definito come “lodo Franceschini”.“Subito alleanze con il M5S, ovunque”. In sintesi è questo l’input dato dal ministro alla Cultura e accolto positivamente dalla maggioranza della dirigenza Democratica. Appare sconsigliabile, anche per chi scrive, prendere posizioni decise o scontate senza fare valutazioni che permettano una comprensione migliore dei percorsi fatti e delle dinamiche in essere.Un cosa è certa, forma e “contenuto” sono stati allontanati senza una ragione precisa. O meglio, il timore che l’individuazione di un “bersaglio comune” possa essere la ragione della proposta di Franceschini, prende sempre più forza. E’ proprio questo che lascia perplessi. La politica vive di regole, anche non scritte ma seguite e messe in pratica dalla notte dei tempi. Un’alleanza “contro” qualcuno o qualcosa ha sempre portato a scarsi risultati.Nella formazione del nuovo governo lo stimolo che animava le forze politiche che si sono “unite” nel rilancio di un “green new deal”, per dirla alla Conte, sicuramente proveniva dalla necessità di arginare il pericolo Leghista, con tanto di arroganza salviniana; ma non sarebbe mai andata in porto se non ci fossero stati punti di convergenza sulle “cose da fare”.La dimostrazione che il “lodo” non può essere adottato a priori senza prima verificare la convergenza sui programmi, e non di meno facendola seguire da una visione comune della società che vorremo, viene confermata – forse neppure troppo consapevolmente – dallo stesso segretario Dem, Zingaretti, che valuta “L’idea di Franceschini come corretta”, aggiungendo però che “bisogna rispettare le realtà locali, ma se governiamo su un PROGRAMMA CHIARO l’Italia, perché non provare anche nelle Regioni ad aprire un processo per rinnovare e cambiare?”. L’interpretazione del governatore del Lazio è già più comprensibile anche se avrebbe convinto maggiormente qualora avesse “guardato” e allargato il confronto alla sinistra che sta fuori dal suo partito.Salvare situazioni divenute critiche, se non addirittura non più accettabili, è un conto, partire lancia in resta con l’obiettivo di governare le Regioni partendo da un “nemico comune”, è come consegnarsi al nemico stesso.Il M5S ha sicuramente qualcosa di importante da portare in dote, ma la fiducia ed il bisogno di risposte concrete nei confronti dei cittadini, può essere conquistata non solo da volontà politiche quanto da proposte credibili che passano attraverso l’applicazione di percorsi e programmi nuovi, sia nel contenuto che nella forma.Per il momento si parla di laboratori. Troppo poco per guadagnare la fiducia di chi vuole garanzie di durata, di chiarezza e coerenza. L’Italia merita di più. Salvini non starà a guardare, e se la proposta non viene fatta seguire da un confronto serio e aperto a tutte le forze progressiste e di sinistra, sarà difficile che possa portare al raggiungimento di risultati tangibili.