IL CUORE VERDE DEL MONDO NON PUÒ ESSERE ABBANDONATO ALLA MALVAGITÀ

Ieri, nel corso di un intervento ai margini della terza giornata del Sinodo, Papa Francesco non ha voluto far mancare la solidarietà e la vicinanza aalla comunità ebraica colpiti dalla malvagità di quanti operano ancora nel male ricordando nella preghiera anche le vittime dell’attentato alla sinagoga di Halle, pregando per i “fratelli ebrei” in un giorno, quello dello Yom Kippur, che avrebbe dovuto essere di festa.Il Sinodo dunque prosegue attento ( e non potrebbe essere altrimenti ) a quanto avviene nel mondo fuori e gli scenari di guerra che arrivano dal Medio Oriente sono oggetto di grande preoccupazione per il destino del popolo curdo. L’Amazzonia è il cuore verde del mondo ma al suo interno malgrado le malvagità umane, malgrado il malgoverno di Bolsonaro, vivono ancora milioni di persone, di indios che quotidianamente devono lottare per la loro sopravvivenza.E la loro sopravvivenza non può essere riconosciuta come una lotta di tutti noi alla sopravvivenza della Madre Terra. Qui vi si manifestano molte sfide globali del nostro tempo, sfide che riguardano tutti. Le sofferenze dei popoli amazzonici, infatti, derivano da uno stile di vita “imperiale”, in cui la vita è considerata semplice merce e le disuguaglianze finiscono diventare estreme. In questo i popoli indigeni possono aiutare a comprendere l’interconnessione delle cose, fra umano e natura, fra il concreto e l’ascetico.E la Chiesa non può assistere inerte anche se tanti dei suoi Pastori vivono, immersi nei territori, le contraddizioni in modo diretto, concreto.È così emerso la necessità di far diventare l’Amazzonia un laboratorio permanente di sinodalità missionaria sia per il bene dei popoli che vivono nella regione, sia per il bene della Chiesa, sottolineando anche l’importanza dell’interculturalità e della valorizzazione delle culture e delle popolazioni originarie, la cui “cosmovisione aiuta nella cura della casa comune”.Fra i grandi temi che ha affronta il Sinodo sull’Amazzonia ieri è emerso dramma del narcotraffico e delle sue conseguenze.Ed è stato proprio questo uno degli interventi che hanno più risuonato nell’Aula del Sinodo, nel corso della 6° Congregazione generale.Fatto concreto emerso è che in alcune zone che compongono la regione panamazzonica, la coltivazione di coca è passata da 12mila a 23mila ettari.Un dramma nel dramma con effetti devastanti dovuto all’aumento della criminalità e allo sconvolgimento dell’equilibrio naturale del territorio, sempre più desertificato.Deserti naturali che si sommano a deserti morali che rendono difficile, complesso reagire in particolare in un tempo in cui gli egoismi tendono a emarginare tutto quello viene rappresentato dalla cura dei beni comuni.Ci sono poi le forzature, le priorità che spacciate come necessità diventano necessità, almeno così lo raccontano i grandi poteri.Fra tutte la costruzione di centrali idroelettriche, che comportano la deforestazione di ampie riserve ambientali ricche di biodiversità, così come gli incendi autorizzati che distruggono milioni di ettari di terreno.Tutti ciò ha un impatto devastante sull’ambiente sul delicato sistema Amazzonia , alterandone l’ecosistema. Per questo, è necessario un cammino pur faticoso alla conversione ecologica: “la Chiesa – si “grida” in Aula – sia una voce profetica perché il tema dell’ecologia integrale entri nell’agenda degli organismi internazionali”.