PIANGE IL CIELO DI NAGASAKI, PER IL “DOLORE”, PER “L’ORRORE INDICIBILE”

Piange il cielo di Nagasaki, piove a dirotto su quel luogo di memoria del mondo. Ci sono dei fiori bianchi a rappresentare il “dolore” e un “orrore indicibile”. Usa queste parole Papa Francesco, mentre il cielo piange di fronte ai grandi olocausti della storia umani E non possono esserci altri sentimenti da rappresentare di fronte a decine e decine di migliaia di morti civili scelte per far comprendere al mondo quali sarebbero stati i nuovi equilibri del mondo.A sottolineare, a pronunciare queste semplici e tremende parole il massimo rappresentante di una Chiesa che su questa terra è minoranza assoluta.È il vertice di una Chiesa che nel passato, in altri luoghi, ha avuto pericolose vicinanze che in alcuni casi si sono fatte mezzo di complicità e consenso con quanti hanno portato alla distruzione di ogni sentimento di umanità.Papa Francesco, nella Terra del Sol Levante, depone una corona di fiori bianchi a ricordo di chi non c’è più, offre un minuto in silenzio e le preghiera affinché si possa fermare la corsa agli armamenti. Perché anche il solo “possesso delle armi nucleari e di altre armi di distruzione di massa non è la migliore risposta”, non è la risposta.Lancia un grido composto il Papa che arriva da altre periferie del mondo.Giunto in Giappone, dal Siam, il pontefice ricorda che “i soldi spesi e le fortune guadagnate per fabbricare, ammodernare, mantenere e vendere le armi, sempre più distruttive, sono un attentato continuo che grida al cielo”.Non possono esserci dubbi ed il Papa, per rappresenta il dolore infinito, aveva scelto una fotografia, quella di un fotografo statunitense, Joseph Roger O’Donnel, dove nel volto tirato del bambino solo che aspetta di cremare il corpo del fratellino, c’è tutta la disumanità della guerra Intanto il cielo di Nagasaki continua a piangere, è scuro. È questa la prima tappa del soggiorno in Giappone di papa Francesco. Nella città che il 9 agosto 1945, durante la seconda guerra mondiale, fu scelta come luogo dove far cadere una bomba che niente lascia in piedi. Che porta con se, nella sventura dei superstiti il marchio di un dolore che si ripete all’infinito quasi a far rimpiangere l’essere rimasti vivi.Fat Man, era il nome consolatorio di questa bomba al plutonio fatta cadere su questa città esattamente tre giorni prima, il 6 agosto, l’altra Little Boy era stata sganciata su Hiroshima.Dopo di loro nessuna bomba verrà più sganciata su dei luoghi abitati ma la loro minaccia , il loro possesso porterà ad un equilibrio del terrore che ancora oggi comanda i destini del mondo.L’appello del Papa in quel luogo simbolo che non si limita ad essere l’Atomic Bomb Hypocenter , ma che invita a guardarsi intorno, è deciso, fermo, occorre “lavorare e insistere senza indugi a sostegno dei principali strumenti giuridici internazionali di disarmo e non proliferazione nucleare, compreso il Trattato sul divieto delle armi nucleari”. Non ci sono incertezze:“Nel mondo di oggi, dove milioni di bambini e famiglie vivono in condizioni disumane, i soldi spesi e le fortune guadagnate per fabbricare, ammodernare, mantenere e vendere le armi, sempre più distruttive, sono un attentato continuo che grida al cielo”.Oggi più che mai, in questo mondo che vede prevalere i nazionalismi, i sovranismi, il pericolo sembra tornare a farsi imminente:“È necessario rompere la dinamica della diffidenza che attualmente prevale e che fa correre il rischio di arrivare allo smantellamento dell’architettura internazionale di controllo degli armamenti. Stiamo assistendo a un’erosione del multilateralismo, ancora più grave di fronte allo sviluppo delle nuove tecnologie delle armi”.In questo emerge la necessità di “rompere la dinamica della diffidenza che attualmente prevale e che fa correre il rischio di arrivare allo smantellamento dell’architettura internazionale di controllo degli armamenti. Stiamo assistendo a un’erosione del multilateralismo, ancora più grave di fronte allo sviluppo delle nuove tecnologie delle armi”.Siamo tutti chiamati ad esser coinvolti ed ancora di più servono nuovi leader che sappiano esserlo, occorre “contare su leader che siano all’altezza delle circostanze”.Nessuno può essere indifferente davanti al dolore di milioni di uomini e donne che ancor oggi continua a colpire le nostre coscienze; nessuno può essere sordo al grido del fratello che chiama dalla sua ferita; nessuno può essere cieco davanti alle rovine di una cultura incapace di dialogare.Il Papa conclude il suo messaggio chiedendo a tutti, anche a quanti non si professano cattolici, di unirsi ogni giorno nella preghiera “per il trionfo di una cultura della vita, della riconciliazione e della fraternità”.E lo fa lui stesso per primo, come esempio, recitando la preghiera per la pace ch’è stata attribuita a San Francesco d’Assisi simbolo di quel bene che non ha altra alternativa agli egoismi degli uomini:“Signore, fa’ di me uno strumento della tua pace: dov’è odio, ch’io porti l’amore; dov’è offesa, ch’io porti il perdono; dov’è dubbio, ch’io porti la fede; dov’è disperazione, ch’io porti la speranza; dove sono le tenebre, ch’io porti la luce; dov’è tristezza, ch’io porti la gioia”.