SALVINI LO SA: I SONDAGGI HANNO LA DATA DI SCADENZA PIÙ CORTA DI QUELLO DI UNO YOGURT

SALVINI LO SA: I SONDAGGI HANNO LA DATA DI SCADENZA PIÙ CORTA DI QUELLO DI UNO YOGURT

Salvini lo sa: non ha troppo tempo per mettere all’incasso la cambiale che i sondaggisti hanno emesso a suo vantaggio: i favori del pubblico non durano in eterno, anzi, negli ultimi tempi hanno una data di scadenza più corta di quella di uno yogurt. Nel 2011 il centro sinistra di Bersani sembrava avviato alla vittoria certa ma aspettò troppo ad arrivare alle elezioni e, superato il picco dei sondaggi nel 2012, arrivò spompato alle elezioni del febbraio successivo quando dovette accontentarsi del 25% più i 4 punti degli alleati e vincere di misura alla Camera, ma non al Senato, perché nel frattempo era nato il M5s. Nel 2014 Renzi era sulla cresta dell’onda con il 41% dei voti e sembrava invincibile, due anni dopo straperdeva il referendum sulla sua riforma costituzionale e nel 2018 il Pd crollava al 18%. Nello stesso 2018, il M5s trionfava nelle politiche con più del 32%, ma 14 mesi dopo crollava nelle europee al 17%. E non diciamo del capitombolo di Berlusconi fra il 2008 ed il 2011. Insomma, finchè c’è il vento in poppa, bisogna spicciarsi. La Lega è allo Zenith e probabilmente lo resterà sino alla prossima primavera; dopo, soprattutto se le elezioni regionali non dovessero andare bene, inizierebbe un declino più o meno rapido. Se poi si giungesse al giugno del 2021 senza elezioni, scatterebbe il semestre bianco e di votare si parlerebbe al più presto nella primavera del 2022, quando la vittoria alle europee sembrerà distante come le crociate. Iniziamo dalle regionali: i pronostici dicono che la sinistra ed i 5 stelle hanno discrete probabilità di vincere in Toscana, Campania (se dovesse esserci l’accordo con De Magistris) ed anche Emilia. Poi c’è la Puglia sul bilico ed invece in Calabria e Liguria la bilancia pende dalla parte della Lega.Per la maggioranza è determinante vincere in Emilia, già a gennaio, diversamente sarebbe la fine del governo ed una forte spinta alle elezioni. Per questo per la Lega sarebbe di grande importanza vincere in Emilia e, in caso contrario, vincere almeno in una delle due regioni maggiori (Toscana o Campania) e poi in Puglia e Liguria. Ma se la maggioranza attuale dovesse vincere in Emilia, Toscana e Campania magari con l’aggiunta della Puglia, per la Lega sarebbero dolori ed inizierebbe la parabola discendente e molti maggiorenti potrebbero essere tentati di presentare il conto al capo. Dunque, Salvini ha fretta e manovra per arrivare subito al voto, iniziando soprattutto a saggiare il terreno con Renzi che, per parte sua strizza l’occhio. In effetti, una parte dei poteri forti (si pensi all’uscita di Ruini, agli atteggiamenti di molti esponenti della Confindustria ecc.) puntano sull’ “asse dei due Mattei”, non che vagheggino un impossibile governo dei due, quanto piuttosto ad un nuovo bipolarismo con un Matteo a capo del centro destra e l’altro del centrosinistra. Infatti, anche negli organi di informazione si danno per spacciati i cinque stelle (e questo è nell’ordine naturale delle cose) e per una ledership a tempo Zingaretti che appare troppo vecchio, scialbo e superato. Ma… c’è un ma ed anzi piu di uno: in primo luogo, se Salivi ha fretta, Renzi ha bisogno di tempo perché il suo partito non è pronto a correre e ha bisogno di almeno due anni. Per cui i due possono avere molti punti in comune, ma non certo la data delle elezioni. In secondo luogo è nell’aria il gran rimescolone delle forze politiche: per ora la questione è a livello di palazzo (scissione di Renzi, probabile uscita della Carfagna da Fi, Berluscono che tenta di affiancare una nuova formazione alla sua morente Fi, congresso del Pd che sembra volersi spostare a sinistra) ma, a breve, il passo fra Palazzo e piazza potrebbe essere colmato. L’epicentro del terremoto potrebbe essere il M5s che, prima di dissolversi, potrebbe dar vita a diverse diaspore (un partito moderato guidato da Conte, uno di sinistra guidato da Fico e con possibili confluenze di Leu e Si che potrebbero in parte essere attratte da un Pd un po’ più radicale, poi altri potrebbero convolare con De Magistris e/o i verdi). E poi c’è anche la piazza: l’Ilva, l’Alitalia, le aziende minori (si pensi alla Pernigotti) potrebbero spingere i sindacati verso un nuovo autunno caldo in tono minore.Peraltro siamo in un periodo di rivolte di piazza diffuse. Dunque, l’attuale schema del sistema politico potrebbe disfarsi abbastanza presto. Nel frattempo iniziano le grandi manovre per il Quirinale: il centro destra ancora non ha scelto e c’è chi parla di Giorgetti che sembra un candidato con troppi pochi muscoli, poi Berlusconi ci pensa ma credo che nessuno sia disposto a votarlo. Stanti così le cose Draghi è ancora il più forte. Ma si affaccia la candidatura di Mara Cartabia, donna (e sarebbe la prima volta) gradita a Renzi ma anche ai vari cattolici e che sembra abbia alle spalle il “dottor sottile” Giuliano Amato che, peraltro, è spesso, indicato come una “riserva della Repubblica”. Ma con quale Parlamento si voterà? Staremo a vedere.