LA FIORENTINA VA A ROTOLI: ANCHE A VERONA UNA DURA SCONFITTA

Rocco Commisso qualche tempo fa aveva manifestato il timore di essere additato come quello che “porta sfortuna”, visto che non riusciva proprio a vedere la sua squadra vincere dal vivo. Beh, arrivati a questo punto il presidente viola può decisamente tranquillizzarsi da questo punto di vista: la Fiorentina e la vittoria (ma anche il pareggio) si stanno gradualmente allontanando, come due partner la cui relazione stia giungendo al termine, con o senza musica malinconica in sottofondo. Perde anche a Verona infatti la squadra viola: non con un punteggio roboante come prima della sosta a Cagliari, ma solo perché Dragowsky ci ha messo del suo salvando la baracca più e più volte. Ma non è più neanche una questione di numeri, è che la squadra sembra proprio priva di nerbo, e qui forse bisogna chiedersi se ci sia qualcosa che davvero non funziona più nel rapporto (e dai) tra l’allenatore ed i giocatori, perché non è possibile che in tutte le partite la Fiorentina parta aggressiva come un gattino e vogliosa come un bradipo sedato. “Formazione rimaneggiata” è una delle tipiche locuzioni del “calcese” per far capire velocemente che l’allenatore si è dovuto inventare qualcosa per far fronte a una situazione complicata da assenze ed infortuni. Ecco, in questo caso si può immaginare un Vincenzo Montella che guardando il cielo bigio di Verona di questa domenica mattina, sospirando con la testa tra le mani dopo aver saputo che sarebbe mancato anche Chiesa, buttasse giù mentalmente uno schema. Sospirando al pensiero di dover reinserire tra i titolari un simpatico dispensatore di pacche sulle spalle nel prepartita come Cristoforo, e portare in panchina persino Eysseric, uno degli “avanzi” delle gestione Corvino che fino ad ora la domenica portava a spasso il cane. Operazione che però c’è da dire il francese fa sempre con il sorriso sulle labbra, visti i 15.000 euro che settimanalmente gli entrano sul conto corrente. Come se non bastasse dopo appena due minuti del primo tempo l’allenatore viola doveva anche fare a meno di Pezzella, centrato al volto da una gomitata di Di Carmine, sulla quale l’arbitro Giua prendeva la classica decisione alla Fabio Massimo Quinto (il temporeggiatore): un’ammonizione. Come dire: “saresti da espulsione, però sono passati due minuti, io la responsabilità non me la prendo, attendiamo, attendiamo…”. E insomma le giustificazioni per un primo tempo complicato la Fiorentina oggi ce l’aveva, certo poi la squadra viola se ne è approfittata: una prima frazione di una povertà assoluta quella degli uomini di Montella. Zero tiri in porta e anche rarissime azioni corali degne di questo nome. Tutto quello di buono (poco!) che si è visto nei primi 45 minuti si lega ad un solo nome: Frank Ribery. Il francese, al rientro dopo le tre giornate di squalifica, da subito si metteva a girare per il campo proponendosi per il passaggio che i compagni, deferenti, ovviamente non gli negavano. Un “clinic” di classe e di visione di gioco quello del numero 7, però predicando nel deserto di una povertà tecnica desolante del resto della squadra. Mentre dall’altra parte il Verona metteva in mostra tutta la sua brillantezza atletica e i suoi numerosi gioielli: Amrabat, Lazovic, Verre (solo per citare i migliori, per i quali tra l’altro si vocifera un interessamento della Fiorentina per il mercato di gennaio. Commento: magari!) abusavano a più riprese di centrocampo e difesa viola e, come si diceva all’inizio, se la partita non precipitava già nel primo tempo si doveva solo al portiere Dragowsky. Addirittura prodigioso in un’uscita a valanga su Faraoni con un intervento tipo portiere da pallamano, specialità di Boruc, ex portiere viola e antico idolo dell’attuale guardiano dei pali della Fiorentina. Però era evidentemente solo questione di tempo e infatti a metà ripresa puntuale arrivava il facile gol di Di Carmine, liberato al tiro da una splendida finta di Verre ma anche dall’insipienza di Milenkovic che se lo perdeva in maniera imbarazzante sulla trequarti guardando la palla e non l’uomo. Gol dell’ex, tanto per cambiare. In questo la Fiorentina è cronometrica: anche se hai giocato in prima squadra solo due minuti in un’amichevole del giovedì, sai che a distanza di anni, o addirittura di lustri, sarai premiato e ti troverai a festeggiare un gol alla tua antica fiamma (terzo riferimento alla questioni sentimentali, sarà il languido autunno a condizionarci). Apprezzabile che il buon Samuel, che è pure fiorentino, abbia evitato la solita scena patetica dei giocatori che evitano di esultare portandosi la mano sul cuore come se avessero commesso peccato mortale, ma al contrario sia corso sotto la sua curva a celebrare. Di lì in poi, con il graduale spegnersi di Ribery, la partita della Fiorentina assumeva i contorni della tragedia greca: inutili gli inserimenti di Lirola e Ghezzal e solo una serie di palloni buttati a casaccio nell’area avversaria, nella quale il povero Vlahovic si batteva senza speranze. Alla fine non male però la prova del giovane serbo, che ora forse verrà massacrato da critica e tifoseria, ma che è stato l’unico a far vedere qualche spunto da giocatore di calcio di serie A, così come a Cagliari. E se in due partite devastanti per qualità di gioco complessivo riesci a fare comunque qualcosa di decente probabilmente vuol dire che la stoffa c’è. Uno a zero e tutti a casa dunque: il Verona giustamente felice per una classifica decisamente al di là di ogni più rosea previsione, la Fiorentina con le ossa rotte e con la necessità assoluta a questo punto di un confronto diretto tra presidenza e guida tecnica. Perché le difficoltà erano assolutamente previste e prevedibili, però adesso sembra che tutto precipiti. E se è vero che paure di retrocessione non ce ne sono e non ce ne saranno è altrettanto certo che continuando così si butterà a mare tutto il patrimonio di entusiasmo creato dal cambio di proprietà questa estate. Un cambio di guida tecnica sembra tuttora improbabile, però è possibile che nella testa di Rocco l’idea cominci a germogliare. E si sa come quella sia una coltivazione che fa presto a mettere solide radici e portare a decisioni sorprendenti. In settimana il patron viola torna in città: basterà guardarlo in faccia per capire…