GENESI DELLE SARDINE DI BOLOGNA. LA POTENZA DEI SOCIAL NETWORK E DELLE MENTI BRILLANTI
Immagina di essere un ragazzo sulla trentina nell’Italia del 2019. Di fine 2019. Immagina di vivere a Bologna, e che in quella stessa città, un leader nero come la pece proclami insieme al suo partito il dominio ormai prossimo dell’intera regione. E che voglia organizzare, di lì a pochi giorni, un comizio al Palazzetto dello Sport della tua città. Aggiungi a questa condizione una mente brillante, uno spirito attivista – pur non essendosi mai legato ad alcun partito – tre amici stravaganti e qualche forma di tecnologia piuttosto avanzata a supportarti. Se sei riuscito a ricreare nella tua mente questo scenario, hai appena costruito il contesto in cui è iniziata la storia di Mattia Santori. A dirla meglio, la storia di Mattia Santori è iniziata trentadue anni fa in quel di Bologna, ma la storia del personaggio pubblico ha preso vita pochi giorni fa, quando in una umida nottata di novembre si aggirava in motorino per i colli bolognesi rimuginando sul pensiero che il leader leghista di lì a poco sarebbe arrivato per un comizio al PalaDozza, e che il vento leghista rischiava arrivare a soffiare perfino nella resistente Bologna. Come rimanere passivi di fronte a un simile rischio? Bisogna fare qualcosa. Bisogna organizzare un flashmob. I cellulari di Roberto Morotti, Giulia Trappoloni e Andrea Gareffa, suoi coetanei nonché ex coinquilini iniziano a squillare, e in piena notte vengono resi partecipi dell’illuminazione sulla via di Damasco di Mattia. Si ritrovano proprio lì, in quell’appartamento condiviso per più di tre anni e organizzano il piano. Quattro ragazzi senza tessera né partito sono lì, per organizzare la rivoluzione. Il movimento si chiamerà “le sardine di Bologna”, nome che già da solo porta con sé molteplici interpretazioni: sardine perché stipate in quella piazza atta a contenere 6.000 persone, che poi si sono ritrovate in 15mila; sardine perché piccole e indifese, ma caratterizzate dal loro muoversi sempre in gruppo e quindi in grado di fare massa. Lanciato su Facebook, il primo Flashmob ittico della storia è stato poi rilanciato attraverso gruppi whatsapp, volantini e campagne social. Il successo lo abbiamo visto, quello che vien a chiedersi a questo punto è che fine abbiano fatto questi sconosciuti, i partiti di sinistra per intenderci, visto che le piazze ormai si autodeterminano, si organizzano in modo spontaneo con i movimenti, quelli belli, quelli della gente comune, che lasciano a questo paese molta più speranza di quanta non ce ne lascino i partiti. E per quanti hanno temuto la sparizione delle piazze vere per l’avvento di quelle virtuali, data la piega che stanno prendendo queste ultime dimostrazioni, si può cominciare a ipotizzare un futuro in cui social network e vita vera non si escludano a vicenda, ma si supportino, facendo della rete un potentissimo passaparola in grado di moltiplicare esponenzialmente gli effetti che avrebbe avuto qualsiasi forma di comunicazione di altro tipo. E non è un caso che dopo Bologna, ora anche Modena si stia muovendo…
