GIUSTIZIA: MAGGIORANZA GIALLOROSSA PER SALVI NUOVO PG DI CASSAZIONE, MA IL GOVERNO LITIGA SULLA PRESCRIZIONE

GIUSTIZIA: MAGGIORANZA GIALLOROSSA PER SALVI NUOVO PG DI CASSAZIONE, MA IL GOVERNO LITIGA SULLA PRESCRIZIONE

E’ Giovanni Salvi il nuovo procuratore generale della Corte di Cassazione, nominato dal Consiglio superiore della magistratura in un plenum straordinario presieduto dal Capo dello Stato Sergio Mattarella. La nomina del successore di Riccardo Fuzio a una carica strategica per l’amministrazione della giustizia non è stata unanime all’interno dell’organo di autogoverno della magistratura. Su Salvi, esponente di Magistratura Democratica, c’è stata la convergenza dei 12 voti espressi dai consiglieri che fanno riferimento all’attuale asse di governo tra Partito Democratico e 5 stelle. I tre voti dei consiglieri pentastellati si sono uniti agli otto espressi tra la corrente di sinistra di Area e la pattuglia davighiana di Autonomia e Indipendenza. Sconfitto quindi con quattro voti il candidato di Unicost, ritenuta centrista, Marcello Matera, che ha pagato le vicende controverse del suo esponente Luca Palamara, al centro dello scandalo delle toghe che ha scosso i vertici del Csm. Perde con tre voti anche il candidato della destra di Magistratura Indipendente, il pg di Napoli Luigi Riello. Gli astenuti sono stati cinque e tra loro il vice presidente David Ermini, i due esponenti laici della Lega e quello di Forza Italia, oltre al primo presidente della Cassazione Giovanni Mammone. Lo scandalo in cui è rimasto coinvolto Palomara aveva portato alle dimissioni di cinque consiglieri e alla fuoriuscita nel luglio scorso, in anticipo sulla scadenza naturale, del precedente procuratore generale Riccardo Fuzio. Non è facile la situazione che si troverà a gestire Giovanni Salvi, originario di Lecce, 67 anni, fino a ieri procuratore generale di Roma, anche se è da ormai 40 anni in magistratura. E’ stato ribattezzato subito “il papa straniero, perchè non ha svolto per intero la sua carriera all’interno della Cassazione, rompendo la consuetudine di ricorrere a una soluzione interna. Ed era stato proprio il capo dello Stato Sergio Mattarella, che durante lo scandalo scaturito dall’inchiesta di Perugia aveva invocato una riforma interna, a rivolgersi ieri ai consiglieri prima del voto chiedendo che per le scelte delle persone il Csm si attenesse esclusivamente a “indiscutibili criteri attinenti alle capacità professionali dei candidati”. Salvi è indubbiamente un magistrato competente, che si è occupato di indagini scottanti, dalla strage di Ustica all’omicidio Pecorelli, del “suicidio” di Roberto Calvi e ha indagato sia sull’eversione nera dei Nar che su quella rossa delle Br. Nel 2002 venne eletto come componente togato al Consiglio superiore della magistratura, per tornare poi da procuratore generale a Roma nel 2015. Poco prima, nel 2011 era stato procuratore di Catania occupandosi di traffico di migranti e mafia. Un curriculum che sembra rispondere alla richiesta di competenza fatta del Presidente della Repubblica. Ma Salvi è legato indissolubilmente a Roma, dove lo attende da subito insieme al rinnovato Csm il banco di prova della nomina del successore di Giuseppe Pignatone, al vertice della procura di Roma, un tema molto delicato, di cui si parlava molto nelle intercettazioni dell’inchiesta di Perugia che ha portato alle dimissioni del consigliere Palomara. Pochi giorni fa Salvi, che non è certo un esternatore compulsivo, si era espresso sulla decisione della Cassazione che ha fatto cadere l’accusa di associazione mafiosa per i condannati dell’inchiesta sul Mondo di mezzo, invocando rispetto per il lavoro della procura di Roma. La successione di Pignatone arriverà quindi dopo lo scandalo del tentativo di pilotare le nomine su cui indaga Perugia. Nelle intercettazioni emerse un quadro di assoluta incompatibilità sulla corretta gestione degli avvicendamenti nelle procure, con trattative notturne tra Palamara e altri consiglieri del Csm e la politica, rappresentata dai deputati del Partito Democratico Cosimo Ferri, oggi confluito in Italia Viva di Renzi, e Luca Lotti, autosospesosi per questo motivo dal Pd, attivi nel cercare di guidare una cordata che esprimesse discontinuità con l’era Pignatone. In materia di Giustizia però non ci sono soltanto le nuove nomine ad agitare questa prima fase dell’era Salvi, perché il mondo della politica è già in fermento sulla questione della prescrizione. La nuova maggioranza che ha portato Salvi alla nomina rischia di dividersi subito, anzi è già divisa. E’ infatti riesploso lo scontro tra il ministro della giustizia Alfonso Bonafede e il fronte rappresentato da Pd, renziani e Leu. Il guardasigilli caldeggia la misura che porrebbe fine alla norma della prescrizione fin dal primo grado del processo, un approccio che viene giudicato da alcuno giuristi anticostituzionale. Il Pd però non ci sta, nonostante le aperture iniziali, e chiede il congelamento della proposta minacciando in caso contrario di votare, per bloccarla, una proposta contraria presentata dal deputato di Forza Italia Enrico Costa. Prova a mediare, come sempre, il premier Conte per assicurare comunque una durata ragionevole ai processi, come chiede il Pd, fissando un tempo limite alle indagini preliminari e prevedendo uno sconto di pena in caso di condanna se il processo fosse andato troppo per le lunghe. Il ministro Bonafede sembra completamente isolato all’interno del governo, ma lo scontro è soltanto iniziato.