L’AMBASCIATA USA A BAGDAD ASSALITA DAI FILO-IRANIANI
L’ambasciata Usa a Bagdad assalita dai filo-iraniani. La risposta di Washington: invio di rinforzi e moniti di Trump. Poi l’apparente ripiegamento degli estremisti e, nella notte, un intenso traffico di voli militari americani verso il Medio Oriente “captato” dagli esperti che tengono d’occhio il cielo via social. La nuova fiammata è stata innescata dal lancio di razzi delle milizie sciite contro una base americana e la rappresaglia degli Stati Uniti. Conclusione: la Casa Bianca è nel mezzo del guado ma neppure l’Iran sta bene. Questo “mal comune” – azzardano taluni osservatori – potrebbe indurre i contendenti a linee più caute, ma siamo in Medio Oriente e l’errore di valutazione è norma. Primo. The Donald, non solo vuole ridurre gli impegni militari all’estero, ma cerca di evitare altre avventure. Obiettivo che in questo contesto si scontra con il desiderio di esercitare la pressione continua sui mullah. Secondo. Teheran non vive una fase facile. Contestazioni sociali ampie nel paese, dimostranti con forte connotazione anti-iraniana in Iraq e Libano, due aree dove gli ayatollah hanno ruolo profondo.Terzo. La sequenza ha avuto l’effetto di spostare il focus. L’Iran era nell’angolo, tuttavia, con la provocazione evidente dei suoi alleati, è riuscito a dirottare le proteste contro l’America. E’ sempre agevole cavalcare la sfida al Grande Satana. Quarto. Gli Stati Uniti, temendo di patire un’umiliazione, hanno alzato il tono. Tuttavia hanno la necessità di non compromettere il rapporto con il governo iracheno e, al tempo stesso, astenersi da passi che li trascinino ancora più “dentro”. Quinto. L’Iraq ha le sue responsabilità. Permette l’esistenza di milizie che rispondono ad un esecutivo straniero, ovvero l’Iran.Ps: Lo Stato Islamico continua a riorganizzare i propri ranghi e sorride nel vedere i suoi avversari litigare. Da La prima ora del Corriere digital
